Nathan Never 25°, Le copertine: intervista a Roberto De Angelis

Nathan Never 25°, Le copertine: intervista a Roberto De Angelis

Il disegnatore napoletano, recentemente visto sul numero 300 e sulla miniserie Annozero, ci parla del suo lavoro come copertinista di Nathan Never.

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De AngelisRoberto De Angelis è nato il 16 dicembre 1959. Molto giovane entra in contatto con il gruppo di autori salernitani che gravita attorno alla rivista Trumoon. Agli inizi degli anni Ottanta, collabora a Tilt, Boy Comics e altre testate delle Edizioni Cioè, per poi disegnare storie ospitate su Splatter e Mostri della Acme. Pubblica su “Intrepido” Kor One, una storia scritta da Ade Capone. Nel 1989, invia alcune prove alla Sergio Bonelli Editore, grazie alle quali viene inserito nello staff di Nathan Never, testata di cui è diventato copertinista in sostituzione di Claudio Castellini, e in quello di Legs Weaver. De Angelis è anche autore delle copertine di Agenzia Alfa, Maxi Nathan Never, Asteroide Argo, Almanacco della Fantascienza. Nel 2004 realizza il n.18 di Tex Speciale, nel 2008 una storia a colori per il n.2 del Dylan Dog Color Fest e, nel 2009, il n.1 di Caravan, mini-serie creata da Michele Medda. Tra i suoi ultimi contributi per Nathan Never, il numero 300 di della serie regolare e la miniserie Annozero, entrambi su testi di Bepi Vigna.

rdeangelis-nathan-never cover croataEsiste una grande tradizione di illustrazioni di fantascienza, da quelle che accompagnavano le riviste pulp americane o le famose copertine di Urania disegnate da Karel Thole. C’è stato qualche autore che ti ha fatto da “musa ispiratrice” nella composizione delle copertine?
Io non mi considero un illustratore puro. Casomai un fumettaro prestato all’illustrazione. Può sembrare una differenza da poco, ma in questa differenza si nasconde il profondo abisso che separa due attività solo apparentemente confinanti. Nel fumetto conta molto la capacità di interpretare con coerenza la sceneggiatura e l’abilità nel creare un mondo credibile e omogeneo. Nelle copertine, il cui compito è quello di distillare in un’unica immagine gli umori e le suggestioni di un’intera storia, la cosa veramente fondamentale è l’idea di base, la composizione dell’immagine e le emozioni che riesce a trasmettere.
Basta analizzare il lavoro di un illustratore puro (Pinter, Thole, Toppi ecc.) e confrontarlo con quello di un disegnatore di fumetti per scoprire tutta una serie di differenze: i primi producono il massimo sforzo nella fase di ideazione e tendono a semplificare, fino ai limiti dell’ essenziale, la realizzazione tecnica per generare un’immagine dal grande impatto emotivo. I secondi, che tendono a fermarsi molto prima nella fase di concepimento, mirano più direttamente ad un risultato dall’estetica seducente il cui scopo è quello di generare un esperienza di tipo visivo. Per farla breve, un illustratore mira al cuore, un disegnatore di fumetti agli occhi. Lungo preambolo per dire che i miei modelli sono gli stessi che hanno ispirato il mio lavoro di disegnatore, una scelta, in parte giustificata da precise esigenze editoriali, alla quale si può attribuire il vago senso di inadeguatezza che provo nelle vesti di copertinista.

La realizzazione della copertina è per te maggiormente un complemento della storia o un’immagine indipendente (per quanto legata ovviamente al tema)?
La mia idea di copertina è un’immagine anche completamente slegata dalla storia. Trovo che il tentativo di illustrare in copertina un momento contenuto nell’albo in questione riduca la copertina ad una sorta di grossa vignetta e disperda le caratteristiche essenziali dell’illustrazione: sobrietà e rigore.

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Copertina di Nathan Never Gigante #1.

C’è una cover a cui sei particolarmente legato?
La mia prima vera copertina è stata quella del primo gigante ed è anche quella a cui sono maggiormente legato. Non è perfetta, questo è certo, ma funzionava bene a livello di composizione ed era un valido biglietto da visita per l’epica storia scritta da Antonio [Serra, n.d.r.]. Altro discorso per la prima copertina della serie regolare, la numero 60, bruttina ai limiti dell’imbarazzante.

Come descriveresti il “tuo” Nathan Never?
Tormentato, stanco, disilluso. Un Marlowe in salsa cyberpunk.

Nel corso degli anni hai sperimentato varie tecniche nel realizzare le cover. Cosa ha guidato la tua ricerca artistica?
Una certa irrequietezza e la voglia di sperimentare cose nuove. Non la cosa migliore da fare se il tuo scopo è accontentare i lettori più “conservatori”. Con questo, però, non voglio difendere a testa bassa i miei lavori più recenti nei quali si notano frequenti alti e bassi, ma sai com’è, il cambiamento, visto sul breve periodo, sembra solo uno scarto di traiettoria capriccioso e negativo, sul lungo periodo l’unico antidoto alla stasi e all’involuzione che ne segue.

Hai realizzato spesso copertine più “descrittive” e meno d’azione rispetto ad esempio a quelle di Castellini, in cui in genere Nathan era posto in una situazione di pericolo. A cosa era dovuta questa scelta?
Credo  dipenda dalla mia formazione a basso tasso di adrenalina, più francese che americana, più argentina che francese. Ma anche dal fatto che non riesco a considerare Nathan Never un semplice action hero; troppo complesso e addolorato per costringerlo al ruolo di giustiziere che sparacchia a casaccio su tutto ciò che gli si para davanti.

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Copertina di Nathan Never Annozero #1.

Hai mai contattato il copertinista che cui hai ceduto il testimone, per consigli o scambio di opinioni?
Non ho ancora avuto il piacere di conoscere Giardo di persona e, in ogni caso, non credo abbia bisogno dei miei consigli. Il disegno è la più privata, la più intima attività sperimentabile, e come tale può essere discussa ma non messa in discussione. Io non dò consigli né li cerco… Non per spocchia ma per rispetto.

Con Bepi Vigna hai realizzato Annozero, miniserie che narra in maniera inedita le origini di Nathan Never. Come saranno le copertine che realizzerai per questa miniserie parallela?
Spero diverse da quelle che ho realizzato in qui. Direi che, per coerenza, dovrò privilegiare l’impianto a china e relegare il colore al ruolo di elemento decorativo ma si vedrà… Con le copertine non si può mai dire.

 Intervista condotta via mail ad aprile 2016.

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