Giulio Macaione (nato a Catania nel 1983) è cresciuto a Palermo ma vive a Bologna, dove si è diplomato all’Accademia di Belle Arti. Debutta nel 2005 con il corto Mortén, vincitore del concorso “Otto tavole per Mondo Naif” indetto da Kappa Edizioni. Sempre con Kappa, pubblica i romanzi grafici The Fag Hag e Innamorarsi a Milano, entrambi su testi di Massimiliano De Giovanni. Con Comma 22 pubblica Ofelia, tradotto anche in Francia da Edition Physalis. Con Renbooks pubblica I colori del vicino. Nel 2016 pubblica il suo primo graphic novel per la casa editrice BAO Publishing, Basilicò. Nel 2018 realizza per la casa editrice americana BOOM! Studios il graphic novel Alice from dream to dream. Nello stesso anno pubblica il suo nuovo graphic novel per BAO Publishing, Stella di mare. Il suo blog è giuliomacaione.blogspot.it.
Abbiamo incontrato l’autore allo stand BAO Publishing di Lucca Comics & Games 2018, dove presentava Stella di mare (di cui abbiamo parlato qui), e proprio su questa sua ultima fatica lo abbiamo intervistato.
Nel tuo ultimo lavoro, Stella di mare, c’è una forte dose di ispirazioni musicali, a partire dallo stesso titolo che riprende la celebre canzone di Lucia Dalla fino a riferimenti del sottobosco cantautorale più recente, che poi caratterizza anche il protagonista. Come mai questa commistione così forte tra fumetto e musica?
La musica è fondamentale in quest’opera.
Innanzitutto, lavorando da solo in casa, ne ascolto moltissima e negli anni è quindi diventata la mia principale fonte di ispirazione.
Nello specifico, per Stella di mare avevo in mente già da anni di raccontare una storia di sirene e pescatori, ma non riuscivo a trovare la chiave per realizzarla. Alla fine la molla è scattata durante un viaggio in macchina di 11 ore da Cincinnati a New York durante il quale ho ascoltato un disco di Dimartino, un cantautore palermitano che non a caso cito nel libro con una delle canzoni contenute in quell’album (Una storia del mare). Il brano parla di un ragazzo di Favignana che aspetta una ragazza di Roma che torna da lui solo una volta all’anno durante le vacanze: da quest’idea ho costruito la trama del fumetto.
Perché hai scelto di ambientare la storia a Cefalù? La Sicilia è stata scenario anche di Basilicò e di La fine dell’estate, c’è qualche sorta di collegamento tra le due opere?
Anche se vivo a Bologna da tanti anni sono siciliano, sono cresciuto a Palermo e i miei genitori vivono ancora lì. La Sicilia per me rappresenta la casa e la famiglia, e negli anni ho accumulato tante idee da sviluppare in quei luoghi.
In particolare Cefalù è il posto dove ho trascorso moltissime estati della mia vita, per cui ho sempre pensato che se avessi scritto una storia di mare l’avrei ambientata lì.
È stato lo scenario più naturale, per me.
Perché hai scelto di usare solo il giallo e il blu per la colorazione delle tavole? Quali sensazioni volevi che trasmettesse questa specifica bicromia?
La scelta cromatica è nata perché volevo trasmettere l’idea della malinconia e della sospensione del tramonto al mare.
Guardando la sabbia della spiaggia ho notato che nei minuti del tramonto le ombre assumono un colore molto freddo, tendente al blu, mentre le zone in luce hanno ancora tonalità piuttosto calde.
Volevo quindi ricreare quel tipo di contrasto, quello scorcio di spiaggia e mare vagamente malinconico.
Qual è il legame tra la parte di trama più concreta, con le difficoltà quotidiane del protagonista, e la parte più “mitologica” che si incarna in particolare nella presenza delle sirene?
Le sirene sono sicuramente figure mitologiche, ma io le ho usate in un contesto onirico e metaforico. Infatti non ho voluto spiegare se le sirene che vediamo nel libro siano reali o siano proiezioni mentali dei personaggi.
Direi che le sirene rappresentato nel mio racconto qualcosa che serve ai personaggi, il loro pretesto per rimanere fermi nella situazione in cui si trovano. In fondo anche nel mito le sirene sono le figure che tengono l’uomo bloccato negli abissi, che bloccano e soffocano gli incauti marinai.
Opere di narrativa che parlano di giovani senza prospettive, divisi tra un mercato del lavoro complicato e le proprie aspirazioni, sono ormai all’ordine del giorno: ti sei posto il problema del “tema abusato” in fase di realizzazione o hai semplicemente portato avanti il tuo progetto?
Francamente quando scrivo non mi pongo mai scopi commerciali, non penso mai al contenuto di una storia come qualcosa di vendibile o meno, ma racconto qualcosa che sento.
Nello specifico, io non sono uno che aspetta e sta fermo, anzi: fin da bambino ho sempre avuto le idee molto chiare su quello che volevo dalla vita e mi sono sempre rimboccato le maniche per rincorrere le mie aspirazioni, però mi è capitato tante volte di avere accanto persone che vivevano in una sorta di limbo.
Penso che la mia generazione sia un po’ vittima delle aspettative dei nostri genitori: siamo cresciuti con l’idea di dover fare qualcosa di straordinario. Proprio perché siamo nati nella bambagia e abbiamo avuto l’infanzia facile, ci si aspetta che dobbiamo riuscire in qualcosa di fantastico, e così tutti noi aspiriamo al non ordinario, per esempio a lavori estrosi.
Stefano, il protagonista di Stella di mare, si trova nel punto in cui o deve accettare di affrontare una vita ordinaria o deve decidere di seguire il proprio sogno, investendo fatica. Nel libro è ancora in un momento di raccoglimento delle energie che gli servono per capire in che direzione muoversi.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente ci saranno altre cose per BAO e intanto è appena uscito il mio primo libro per gli Stati Uniti, che si intitola Alice from dream to dream, edito da BOOM! Studios.
Ci sono già anche altri progetti, nulla di concreto e nulla che possa già dire, ma ci saranno presto cose nuove.
Intervista rilasciata dal vivo a Lucca Comics & Games 2018