Multiversity annotato: di supereroi, alchimia e diversità

Multiversity annotato: di supereroi, alchimia e diversità

Multiversity, intricata saga sul multiverso DC Comics, rappresenta per Grant Morrison il coronamento di un'intera carriera fumettistica. Ricca di spunti, è un viaggio, tra alchimia e supereroi, nella storia dell'editore e nella carriera dello sceneggiatore scozzese.

multiversity01_coverGrant Morrison riparte da dove aveva concluso con Crisi Finale: Nix Uotan, l’ultimo Monitor dell’universo, legge fumetti DC Comics nella sua stanza ascoltando musica. A un certo punto percepisce la presenza di un immane pericolo che attraversa le 52 terre del multiverso, e così veste i panni del Supergiudice e, insieme con Mr. Stubbs, una scimmia pirata, si lancia in una nuova avventura.
Il soggetto non è, di fatto, originale: stiamo, infatti, parlando di una vera e propria nuova variazione sul tema di Crisi sulle Terre Infinite. In questo caso, però, l’idea è mostrare le potenzialità delle 52 Terre di cui si compone il multiverso e, soprattutto, proporre un restyling dell’idea che circa 15 anni fa passava sotto il nome di ipertempo.

Ipertempo come metaletteratura

Multiversity, infatti, è figlia di quella stagione meravigliosa di fine XX secolo che era iniziata sulle pagine della JLA di Morrison, e che si era conclusa per una serie di concause: da una parte la bocciatura del progetto su Superman presentato dallo sceneggiatore scozzese insieme con Waid, Millar e Peyer, dall’altra le resistenze alla reintroduzione ufficiale del multiverso, che venne ripresentato sempre da Waid e Morrison sotto forma di ipertempo.
C’è da dire che i due autori, in maniera più o meno evidente, utilizzarono il concetto, sia sulle pagine di JLA, sia su quelle di JLA: Year One, per poi renderlo palese sulle pagine di The Kingdom. In effetti dei due autori, era soprattutto Morrison ad avere in testa un’idea di ipertempo meno classica rispetto all’interpretazione del multiverso data da Waid.

L'ipertempo in The Kingdom
L’ipertempo in The Kingdom

Potremmo riassumere dicendo che lo sceneggiatore scozzese pensasse che qualunque continuity coerente costruita dal lettore con le storie pubblicate, avesse la stessa dignità di essere reale rispetto a quella ufficiale dell’editore. E così dicasi anche per quelle costruite dagli sceneggiatori, anche (o soprattutto) se leggermente differenti una dall’altra. E, andando ancora oltre, che le continuity potessero inoltre influenzarsi una con l’altra, in una sorta di multiverso dinamico.
Raccontato così, l’ipertempo1 diventa un concetto estremamente metanarrativo, dove il lettore ha (o sembra avere) una qual certa importanza. E Multiversity, innanzitutto, recupera proprio questa idea: non solo grazie all’inserimento, nella trama, dei fumetti DC Comics, come veicolo di un qualche messaggio multiversale, ma anche con messaggi contenuti in didascalie e copertine dei fumetti2, rivolti direttamente al lettore, che viene in un certo senso reso responsabile dell’inizio della nuova crisi, semplicemente leggendo il fumetto con protagonista il Supergiudice.

Viaggio nelle 52 Terre

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Così Nix Uotan, insieme con il suo scimmiesco assistente, sale sulla navicella multiversale, sostanzialmente invariata rispetto a quella disegnata da Doug Manhke su Crisi Finale, per approdare su Terra 7, il mondo di Thunderer3, eroe aborigeno australiano che sembrerebbe una variazione del classico Wandjina the Thunderer, la versione DC Comics di Thor introdotto da Mike Friedrich e Dick Dillin sulle pagine di Justice League #87 del 1971, insieme con il gruppo dei Campioni di Angor. Quest’ultimo gruppo venne creato per essere la versione DC Comics dei Vendicatori, così come lo Squadrone Supremo, che avrebbe esordito il mese successivo, voleva essere una versione Marvel della JLA.

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Troviamo quindi Thunderer, stanco e circondato da fulmini, in piedi in mezzo ai suoi compagni caduti con, in primo piano, la versione di Terra 7 di Capitan America4. Gentry5, il pericolo che lo minaccia, è un immenso uovo nero dotato di ali di pipistrello, immagine che, leggermente variata nelle dimensioni e nella forma non perfettamente ovoidale, ricorre in alcuni anime (come per esempio Chobin). Secondo l’appassionato Ben Hansom, però, il riferimento va a una lettera di Alesteir Crowley dove l’esoterista fa un esplicito riferimento all'”uovo nero del basilisco“. È interessante osservare come in The Vision and the Voice, opera citata da Crowley nella stessa, ci sia un riferimento a un “maestro del Pentagramma” e che, similmente, il multiverso venga letteralmente suonato all’interno della nave di Nix.
Due pagine più tardi Gentry esplicita il suo movente:

Vogliamo te. Vogliamo che tu ci dia i tuoi sogni. Vogliamo che tu abbandoni tutta la speranza. Vogliamo renderti come noi.

Nix è quindi messo di fronte al dilemma classico dell’eroe: sacrificare se stesso per salvare Thunderer e il multiverso. Il supergiudice, quasi intuendo il terribile destino che lo attende (certamente lo conosce Morrison), invita Thunderer a lanciarsi nel multiverso, ad avvisare gli eroi dalle altre Terre che “ci sono cose oltre gli dei“. Il riferimento potrebbe essere sia agli stessi Monitor, come rilevano il giornalista David Uzumeri e il già citato Ben Hansom, ma anche allo stesso Gentry o a Mondomeraviglia, il mondo esterno che avviluppa tutto il multiverso, come mostra la mappa stampata nel retro della copertina dell’albo.
A ogni buon conto, nelle due pagine successive all’invocazione, lo spaziotempo inizia a sfaldarsi: Uotan, dimostrandosi un’entità in grado di sperimentare dimensioni superiori oltre alle usuali quattro, è in grado di toccarne i bordi mentre si sfilacciano attraversati da mostri lovecraftiani, ed è contemporaneamente, nell’ultima vignetta, nella sua stanza sulla Terra dove è confinato, che cerca di afferrare quelle che, probabilmente, sono le armi scelte per la sfida: un fumetto, un barattolo di medicine e un cubo di Rubik, quest’ultimo un elemento già utilizzato da Morrison in Crisi Finale, rappresentazione delle molteplici combinazioni che un numero relativamente piccolo di oggetti è in grado di generare.

La casa degli eroi

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Ora è il lettore a viaggiare nel multiverso: prima tappa Terra 23, dove Superman è il presidente degli Stati Uniti d’America, ovvero Calvin Ellis, già visto su Action Comics #9. Sarà proprio Ellis, che si riunisce con il resto della Justice League nel classico satellite geostazionario, a venire catapultato nel multiverso grazie a una sorta di ipercubo cosmico, comparso anch’esso su AC #9 ed evidentemente una variazione sul cubo di Metatron, un oggetto geometrico costruito dalla combinazione dei solidi platonici e che ha assunto un valore mistico/religioso. La scena è, in un certo senso, una riproposizione di quanto fatto dal Superman del futuro in One Million, ma, mentre in quest’ultimo caso l’erede di Kal-El ha cercato di abbattere le barriere del tempo, Ellis ne viene invece catturato, fino a ritrovarsi nella Casa degli eroi, una sorta di satellite multiversale che raccoglie gli eroi provenienti dalle Terre parallele, dove è accolto da Captain Carrot.
Quest’ultimo personaggio6, in parte recuperato da Alan Moore sulle pagine di Tom Strong #10, fece la sua prima apparizione su un inserto speciale allegato a New Teen Titans #16 (1982) di Roy Thomas e Scott Show, per poi comparire sulle pagine della serie Captain Carrot and His Amazing Zoo Crew!, durata 20 numeri fino alla fine del 1983.

Il gruppo di Captain Carrot in una immagine degli anni '80
Il gruppo di Captain Carrot in una immagine degli anni ’80

La riunione cui il Capitano introduce Ellis è il riferimento più esplicito a Crisi sulle Terre Infinite: nella sala del satellite7 sono presenti eroi provenienti da tutte le Terre: si riconosce in alto una Lanterna Verde e un Flash (in effetti Flashlight e Red Racer da Terra 36), mentre un po’ defilato sulla sinistra ecco Swamp Thing8. Al centro invece ecco Gypsy, leaguer ideata da Gerry Conway e Chuck Patton, e Bloodwynd, personaggio ideato da Dan Jurgens. A completamento della scena notevoli sono l’Hawkman robotico e la Aquawoman, mentre è interessante notare come Dino-cop sia, a tutti gli effetti, il Savage Dragon di Erik Larsen.
Nella sala ritroviamo anche Thunderer, mentre Harbinger, qui un’intelligenza artificiale, fa le veci del Monitor per riunire una sorta di Justice League of Multiverse cui affidare la missione della salvezza del multiverso stesso.
Piccola chicca riguardo il momento del riavvio di Harbinger: Superman esclama

Grande Vathlo!

vathlo_islandÈ il nome di un’isola di Krypton, dove abitano tutti i “neri” del pianeta, oltre che luogo di nascita di Kalel/Ellis. Vathlo fu probabilmente creata da Sal Amendola e Nelson Bridwell sulle pagine di Superman #239 del 1971.
Altra chicca interessante è l’inserimento della copertina di AC #9, che in un certo senso può così essere considerato come il prologo di Multiversity: a porgere l’albo a Superman è Red Racer, il Flash di Terra 36, riferendosi così a Flash #123 del 1961, albo su cui il multiverso DC Comics iniziò ufficialmente.
Altrettanto interessante è il commento di Superman di fronte a Ultima Thule, la nave di Nix Uotan:

Strano. Assomiglia a qualcosa che ho visto in un sogno.

In effetti il Calvin Ellis pre-Flashpoint è salito sulla nave in Final Crisis #7 e, a quanto pare, quegli eventi sono diventati un sogno, una sorta di memoria sfocata del multiverso, più o meno come sarebbe dovuto accadere con Crisi sulle Terre Infinite.
D’altra parte la nave del Supergiudice deve il suo nome alla mitica isola di Thule, mito originato dai diari di viaggio del greco Pitea, salpato da Marsiglia per i mari del Nord intorno al 330 a.C. L’isola, descritta come un luogo di ghiaccio e di fuoco a circa sei giorni di viaggio dalla Gran Bretagna, nel medioevo ha generato il mito dell’Ultima Thule: se per Virgilio questa era l’ultima terra conosciuta, per i letterati medioevali divenne la terra al di là delle terre conosciute, luoghi per lo più irraggiungibili, dove è possibile trovare società utopiche e perfette, come il popolo degli Iperborei.

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Allo stesso modo l’Ultima Thule di Morrison è una nave in grado di raggiungere non solo ciascuno dei 52 universi, ma anche lo spazio vibrazionale che li separa e li racchiude. Quando questa si getta all’interno del multiverso, ciascuna Terra appare come uno schermo piatto, un modo facile per rappresentare l’interazione tra uno spazio in cinque dimensioni con uno di quattro utilizzando immagini che risiedono in uno spazio a due dimensioni. Di tutte queste Terre, vorrei far notare quella dove compare l’orologio, forse un riferimento esplicito al Watchmen di Moore e Gibson: che ci sia anche una Terra per loro è innegabile, visto il progetto Before Watchmen, cui Morrison non ha però collaborato. Verrebbe naturale chiedersi se non esista anche una sua variazione, come suggerirebbero le immagini di anteprima rilasciate dalla DC Comics diversi mesi prima della pubblicazione di questa miniserie e riferite al lavoro di Frank Quitely per Pax Americana.

La diversità contro l’omologazione

Grant Morrison, dall'intervista a Scott Hill
Grant Morrison, dall’intervista a Scott Hill

Il drammatico confronto tra Nix Uotan e Gentry, rappresentato con l’apparizione di orrori indicibili di stampo lovecraftiano, rende ancora più inquietante il plurale maiestatis utilizzato dall’oscura entità ultramondana. In particolare suggerirebbe una chiave di lettura non banale dell’intero progetto Multiversity, che potrebbe essere visto come un confronto tra la ricchezza della diversità, fisica e mentale, e l’omologazione cui le classi superiori vorrebbero condurre le masse poste al di sotto del loro livello. Questa chiave di lettura, che in effetti riprende temi trattati da Morrison in The Invisibles, è confermata non solo dal significato della parola gentry (come mostrato nelle note a piè pagina), o dal variegato gruppo di supereroi assemblato da Harbinger, ma parzialmente anche dall’intervista dello sceneggiatore rilasciata al giornalista Scott Hill. Quest’ultimo, infatti, dopo aver apprezzato la varietà di supereroi di colore, aborigeni e gay all’interno dell’albo, chiede a Morrison i motivi della scelta:

A essere onesto è accaduto abbastanza naturalmente e non è qualcosa che ho fatto coscientemente. Avevo creato un paio di personaggi per “Final Crisis” e alcuni erano nuovi, ma tutti sono stati introdotti per giocare un ruolo specifico nella storia e solo quando ho finito di scrivere il primo numero ho realizzato che il mio gruppo di superpotenti campioni multiversali della giustizia non includeva un singolo uomo bianco eterosessuale.
Vivo in un mondo definito dalla diversità del colore della pelle, di orientamento sessuale e di opinione. Penso che sia importante riflettere l’influenza di quel mondo nella mia “arte”. Un incidente alla nascita mi ha reso ciò che sono, un ragazzo bianco di mezza età e ovviamente decadente, proveniente dalla Scozia occidentale, così non ho la presunzione di eleggere me stesso come portavoce per ogni minoranza o gruppo. Non sto cercando di proporre un punto di vista politico, ma sento che è importante riflettere un mondo nei fumetti che si approssimi più da vicino possibile al mondo in cui mi trovo a vivere. E fondamentalmente, mi identifico con chiunque si senta un outsider.

Certo in questa intervista Morrison non conferma la lettura politica del suo ultimo lavoro o, quanto meno, ne alleggerisce il peso (diventa un atto inconsapevole), ma fondamentalmente afferma l’importanza del modello multiculturale anglosassone (in particolare britannico) e, soprattutto, la sua normalità: ciascuno degli eroi, infatti, viene introdotto in una maniera più che naturale, mai forzata o pretestuosa, di fatto proponendo al lettore una visione politica e sociale diventata per lo scrittore stesso la norma del suo vivere quotidiano.

La fine dell’Universo Marvel

Il finale dell’albo è ambientato su Terra 8, su cui sbarca il variegato gruppo proveniente dalla Casa degli eroi: è evidentemente una versione della Terra Marvel: immaginare che stiamo assistendo all’atto iniziale della fine di questo universo narrativo su un albo DC Comics ha un che di eccitante, soprattutto se confrontato con gli annunci della Marvel stessa riguardo a Secret Wars, l’apocalittico lavoro di Hickman, una nuova variazione sul tema di Crisi sulle Terre Infinite.

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Ad ogni modo in questa scena finale compaiono, in ordine sparso, Lord Havok, alias il Dottor Destino, quindi i Retaliators, protettori di Terra 8 e, in effetti, una nuova versione morrisoniana dei Vendicatori (con una spruzzata di X-Men), quindi ecco il gruppo guidato da Frank Future, alias Mister Fantastic. C’è comunque da notare che Lord Havok non è un’invenzione di Morrison, ma fu creato sulle pagine di Justice League Europe #15 da Keith Giffen, Gerard Jones e Bart Sears.
Questa versione del Dottor Destino vuole impadronirsi dell’Uovo della Genesi, Egg Genesis, che Ben Hansom associa o con l’uovo di Krona nel crossover di Kurt Busiek e George Perez (ricomparso anche nella breve gestione di Busiek della JLA) o con il bozzolo di Warlock, sposando soprattutto quest’ultima interpretazione a causa della natura marvelliana della Terra 8. Esiste, però, anche una possibile chiave di lettura alchemica, che riprenderebbe l’analoga interpretazione di Gentry e, in un certo senso, la completerebbe.
L’Uovo Cosmico tipico della tradizione orfica greca è un uovo dal cui interno è emersa la divinità ermafrodita di Phanes, creatrice del mondo e degli altri dei e personificazione della luce. L’Uovo della Genesi è esso stesso fonte di luce, così l’ultimo avversario di Havok contro l’apertura del suo guscio è il plastico Frank Future, che potrebbe richiamare il serpente che tradizionalmente si avvolge intorno all’Uovo Cosmico. La chiave di lettura orfica e alchemica permette poi di associare Gentry con il caos, poiché il primo passaggio nella creazione del Lapis Philosophorum (la pietra filosofale, che per Morrison è una mappa dell’universo) è la nigredo anche chiamata “opera al nero“, un’operazione associata al caos, rappresentata da Lorenzo Lotto, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, come un sole con un solo occhio dotato di braccia e gambe. Gentry (e prima di lui Solaris in One Million) è, semplicemente, una reinterpretazione moderna ma altrettanto inquietante di tale Magnum Chaos (1534).
A questo punto Havok prova a prendere possesso del potere dell’Uovo della Genesi, ma nel momento in cui rompe il suo guscio, l’inchiostro esplode verso l’esterno, il cattivo vede “le loro facce” (i Monitor? i nemici multiversali? i lettori?) mentre la struttura stessa della pagina viene infettata dal contenuto virale, quasi a voler afferrare il lettore stesso per togliergli ogni speranza, a meno di un’unica azione possibile:

Lasciate questo fumetto ora!

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Nota: Tutte le citazioni, incluse quelle estratte dal fumetto, sono traduzioni dell’autore dell’articolo dall’originale.

Abbiamo parlato di:
Multiversity #1
Grant Morrison, Ivan Reis, Joe Prado
DC Comics, ottobre 2014
48 pagine, spillato, colore, $ 4.99


  1. Dal punto di vista scientifico è, semplificando, l’asse del tempo su una ipersuperficie in uno spazio a più di tre dimensioni 

  2. Idea ripresa evidentemente dalla copertina di Flash vol.2 #163 

  3. Il nome Thunderer è anchel’identificativo della casta di militari di Qward, l’universo di anti-materia nel DC Universe classico 

  4. Sarebbe interessante capire se Morrison e Hickman si sono scambiati le cortesie come fecero Friedrich e Thomas nel 1971, considerando che Hickman a maggio ha reso omaggio alla JLA con una nuova versione Marvel del supergruppo DC Comics, su storie al momento in pubblicazione in Italia su Iron Man 

  5. Indica una classe sociale di persone che stanno appena al di sotto della nobiltà ereditaria; può essere reso come “piccola nobiltà”. Nell’edizione italiana diventa “la Cerchia“ 

  6. Evidentemente ispirato a Hoppy the Marvel Bunny, un coniglio facente parte della Marvel family originale, quella edita dalla Fawcett 

  7. Evidentemente è quello del Monitor visto nella saga di Wolfman e Perez 

  8. In effetti è Spore: il suo design rimanda evidentemente a Swamp Thing, ma potrebbe esserci un riferimento al personaggio di Spawn, che più volte è stato accostato sia alla cosa paludosa sia al nome di Grant Morrison come possibile suo sceneggiatore 

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