Nel mosaico dell’underground: Gianluca Costantini

Nel mosaico dell’underground: Gianluca Costantini

Costantini e' un artista iperattivo. Costantini ama l'arte underground. Costantini con il suo segno o ricchissimo di simboli e merletti, o linearissimo e leggero. Costantini e Inguine, gruppo e rivista che spaziano un po' per tutte le possibili espressioni artistiche con lo stesso impeto. In questo incontro virtuale con l'autore...

Costantini tra le iconeNella romanzata biografia presente nella precedente versione del tuo sito, usavi una parola per molti versi indicativa del tuo percorso artistico: visioni. Mi sembra molto adatto per inquadrare la tua opera.
Sì, è molto adatta al mio lavoro. Per un bel po’ di anni ho basato la mia ricerca artistica proprio sulla visione, ispirandomi anche agli artisti che hanno vissuto di visione. Si può dire che questa ricerca è durata circa dieci anni. Da qui sono nati i miei primi albi a fumetto quali Aninalingua (Centro Andrea Pazienza) e Freethinker (Altervox Edizioni). Anche la scrittura era basata sulla visione.

Potresti specificare meglio gli artisti di cui parli per le visioni?
L’artista che adoro è William Blake, per l’unione che faceva della parola (poesia) con le immagini, poi William Burroughs per le sue parole e per la sua presenza in tutti i media. Altri per lo più pittori: Sophie Anderson, Edwar Burne-Jones, Philip Hermogenes Calderon, William Dyce, Kate Hayllar, William Morris, John Everett Millais, Walter Pater, Dante Gabriel Rossetti, e tanti altri…

Tra gli artisti cui sei debitore, quali sono i punti di riferimento per il tuo modo di raccontare storie, e per il tuo segno?
Sono debitore, in assoluto, di Bill Sienkiewicz: il suo Stray Toster mi cambio’ le idee in testa. Il mio modo di raccontare viene dai romanzi, August Strindberg e James Joyce sono le mie muse. Ultimamente mi piace moltisso Dave Eggers, ha curato anche uno speciale sul fumetto insieme a Chris Ware! [Si tratta di McSweeney’s #13: An assorted sampler of North American comic drawings, strips, and illustrated stories, & c., uscito a primavera 2004 – ndr]

In che senso la scrittura era incentrata sulle visioni, e quanto lo è tutt’ora?
Nel senso che era più una ricerca dentro alla mia testa, a quello che le poteva creare e inventare, una fuga dalla realtà, quasi una concentrazione estatica. Ora è molto diverso, il mondo non ti permette questo, c’é troppa violenza e tensione, bisogna raccontare quello che succede per non finire ad essere degli egocentrici decentrati. Ora succhio la realtà.

Spesso nelle tue tavole/vignette si affacciano il quotidiano, sotto forma di denuncia sociale manifestata o con sottile e amara ironia, o con un goccio di straniamento, o semplicemente con la descrizione nuda, cruda e senza commento di un fatto, una persona.
Si queste sono le cose che faccio ultimamente, ritraggo la realtà, distaccandomi dalla visione la realtà mi si è buttata in faccia e non ho potuto fare a meno che raccontarla. Mi sono buttato dentro, e devo dirvelo, la realtà è terribile e agghiacciante.

Le tue storie più recenti sembrano sfuggire un poco dal concetto di vignetta, spesso è l’intera tavola ad essere occupata dal disegno e dalle parole, come quadri accostati l’uno all’altro dal tema affine. Anche la consequenzialità appare spesso sottile, sfuggente. C’é una precisa scelta, o una personale necessità, in questo modo di scrivere?
Si, è una scelta di libertà, il fumetto non riesce a liberarsi dalla gabbia di costruzione e di narrazione. Questo lo limita molto. Come se in Arte si dovessero fare solo quadri figurativi. La parola e l’immagine diventano una sola cosa distruggendo, spesso, la costruzione della vignetta. Rimanendo pero’ sempre una storia alle spalle, qualcosa che si racconta.

Perché questa tua fuga dalla gabbia del fumetto, non solo classico o popolare? Credi che sia una strada più limitante per un autore, o lo è per te?
Credo che il fumetto sia un mezzo inesplorato, quindi bisogna osare, uscire dalle regole, perché non fare fumetti su vetro? Perché non fare parlare le parole con le immagini, perché non disegnare con le ascelle? Cercare di raccontare quello che la scrittura da sola non può fare. Esagerare direi…

Trovo che nelle tue tavole ci sia una sorta di battaglia tra il segno, la cui linea fluida e veloce lo rende simile alla scrittura, quasi un corsivo senza limiti di forma, e il testo, che si insinua tra le linee, attorno e dentro le figure e gli spazi. Più che una unione di tratto e parole, sembra il raggiungimento di una tregua tra i due.
È una guerra. La parola invade il mio immaginario e cerca di stritolarlo. Comunque continua ugualmente la mia ricerca che era partita dalla decorazione, la scrittura quasi una calligrafia diventa decorazione. Il disegno e la parola sono tutt’uno. Tutto questo è nato dal rigetto ai font del computer. Brutti e perfetti.

Sembri sempre più portato verso la ricerca di un tratto che più che visualizzare cerca di iconizzare la realtà, cercando una sintesi estrema ma non astratta. È una percorso naturale per i tuoi bisogni comunicativi?
Si è così. Non posso fuggire a tutto quello fatto in questi anni, la ricerca sull’icona, sulla staticità, si riflettono anche in questa mia realtà.

Ci vuoi parlare di queste ricerche, da dove sei partito e dove sei arrivato?
Sono partito casualmente, da alcuni disegni che facevo per me, continuamente. Poi alcune persone le hanno viste nel mio studio, tra cui Aleksandar Zograf, e mi hanno spinto a pubblicarle. Sono anche molto aiutato dalla conoscenza di alcune persone che lavorano su queste cose, grazie alle mostre organizzate insieme all’Associazione Mirada ho avuto la fortuna di conoscere Joe Sacco e Marjane Satrapi e questo mi ha dato coraggio di farlo.

Molte altre tue storie di qualche tempo fa, basti pensare anche alla Macchina Suprema pubblicata su Inguine, presentavano un grande affollamento di ricami, decorazioni. Un riempire la tavola oltre il disegno. Ora invece la pagina per lo più bianca raccoglie i tuoi pochi e lineari segni e le tue parole. Dal pieno al vuoto. I perché delle due scelte, i perché del cambiamento?
Le mie scelte sono dovute a vari fattori, il tempo, non potevo più permettermi di stare settimane su una tavola, quindi parlando di realtà non potevo permettermi di far aspettare quello che volevo dire, anche solo un giorno, e l’immagine, quello che voleva comunicare, sarebbe stata vecchia. Comunque prima o poi “Macchina Suprema” la portero’ a compimento.

Ci vuoi parlare della genesi di questo particolare progetto?
Macchina Suprema è un progetto fatto in collaborazione con lo sceneggiatore Giovanni Barbieri, le prime venti pagine sono state da me disegnate senza nessuna storia sotto, poi Giovanni ha messo insieme il puzzle, scritto i dialoghi e scritto il resto della storia mancante, quindi un modo di lavorare abbastanza insolito e anche molto difficile. Finora sono state fatte una trentina di tavole, in tutto dovrebbero essere sessantaquattro, un bel libro. Spero di riuscire a metterci le mani prima possibile.

So che quello del simbolismo è un tema che ti interessa e che hai studiato a fondo.
Preciso, non il simbolismo come corrente artistica, ma il simbolo come oggetto grafico, i suoi significati. E anche la decorazione come insieme di simboli.

Il valore dei simboli ha un indubbio fascino, sebbene oggi giorno sono diventati strumenti non solo dell’immaginario o della tradizione, ma della pubblicità, della politica.
I simboli sono ovunque e sono sempre esistiti, un buon esempio che cerca di spiegarne il potere è dato da Alan Moore nel primo libro di From Hell, quando viene fatta una visita guidata al cocchiere per le strade di Londra.

O il numero 5 di Inguine, “dedicato” alla figura di Benito Mussolini…
Si il signor Benito è ancora molto presente dell’immaginario degli italiani, non per niente il calendario più venduto non è quello delle veline ma di Mussolini. Abbiamo voluto dare una nostra visione sull’argomento, con l’aiuto di Joe Sacco che ci ha dato una bellissima storia.

In una tua intervista (di Claudio Parentela – su www.komix.it) definivi il mondo del fumetto come un universo in gran parte autoreferenziale, chiuso. Credi che ci sia tanta differenza tra la situazione dell'”arte fumetto” e quella della pittura, o della letteratura, ecc…?
Si c’é molta differenza. Il mondo del fumetto vive in un’altra dimensione, fuori dalla realtà. Soprattutto i disegnatori italiani, continuano a raccontare cose stupide, banali e cadono in una poetica vecchia e antiquata. Sono veramente pochi quelli che si distinguono per una ricerca sia sul linguaggio che sulla grafica. Basta guardare quello che fanno gli autori nelle altre parti del mondo per capirlo: Chris Ware, Joe Sacco, Dame Darcy, Ben Katchor, Phoebe Gloeckner, Felipe H. Cava & Raul, James Kochalka…

Negli ultimi anni pero’, oltre alla nascita di gruppi di autori radunati da un progetto o da una rivista (come recentemente Canicola, Self Comics, i Cani, Orme, Black, Mondo Naif), si è pure assistito tutto sommato ad un impegno da parte di alcuni editori nel dare spazio ad una narrativa a fumetti ricca e personale, a modi di narrare non banali.
Io direi, così tanto per farsi dei nemici, che sono molto banali. Non tutti naturalmente, ma la maggior parte. Per le prime tre che citi è presto per parlarne, su Orme non trovo nulla di veramente innovativo, Black non mi piace. Mondo Naif è interessante. Ma nessuna di queste cose rimane nella mia testa e soprattutto sono veramente troppo legate al mondo del fumetto solito. Niente di dirompente…

Ma il fumetto ha bisogno anche del fumetto “solito”, non trovi? Intendo dire che in un ambiente artistico/comunicativo “sano” coesistono tutte le possibili espressioni di un mezzo, dal commerciale più basso allo sperimentale più spinto, non trovi sia così?
Non mi sembra che il fumetto abbia bisogno del “solito” ce né anche troppo. Ne è pieno il mondo. Io non dico che non ci debba essere anzi, ma visto che parliamo di cose nuove e visto che non citi “L’intrepido”, credo che bisogna proprio porla così. Queste sono pubblicazioni a parte, Mondo Naif e Black sono fuori da un grande editore, hanno uno spirito da auto-produzioni, partecipano a Festival sul fumetto Underground, propongono disegnatori diversi da quelli Bonelli, non è cosi? Allora non bisogna credere che sia più facile essere così perché ci si autopubblica e non ci sono filtri di editore oppure di art director. Se delle cose fanno schifo, fanno schifo. Una cosa per essere underground o sperimentale non deve essere brutta e in capibile, anzi, il suo obiettivo è quello di raggiungere il massimo della chiarezza nel lettore, non si può essere diversi solo perché non si è capiti oppure perché nessun editore ti pubblica. Il problema, credo, è che non ci sono molti lettori interessati a questo tipo di pubblicazioni, non vendono molto solo perché sono destinati ad un pubblico inesistente… non è colpa degli editori né dei distributori.

Ritratto di Costantini a opera di ZografNell’intervista citata più sopra, parli dell’utilizzo del PC nel tuo lavoro, definendo ciò che realizzi con il computer come “perfetto, inviolabile”. Non è quasi un controsenso, parlando di immagini digitali continuamente ritoccabili, all’infinito, modificabili e, labilmente, cancellabili con un click?
Anche i disegni sono continuamente modificabili, ma hanno un cuore. Le stampe digitali sono perfette, anche l’inchiostro è perfetto. Questo distrugge la sensibilità artigiana del fare le cose. Questo non vuol dire che sono senza valore, anzi, devono essere apprezzate proprio per questo. L’arte digitale è arte a tutti gli effetti.

Un’arte matura, o ancora in fase di scoperta di se stessa?
È appena nata ma veramente interessante, nel mondo del fumetto basta guardare quello che è stato fatto da Dave Mckean, è stupefacente. Un nuovo modo di fare le cose, un nuovo montaggio dell’immagine. È diventato quasi una scuola.

Operi molto sul web e per il web. Personalmente credo che in Italia il suo sviluppo sia ancora agli inizi, sia per molti versi un mondo inesplorato nelle sue potenzialità. Come vedi il presente e il futuro della rete, in particolare per gli sviluppi e le opportunità che offre all’arte?

Fino a qualche tempo fa avevo molte visioni e speranze per quanto riguarda il fumetto nel web, non per niente inguine.net era basato su questa frontiera. Comunque vedo che non prende più di tanto, non piace come la carta, sembra che prenderà sempre più piede come strumento di comunicazione e di pubblicità… Non credo che tra due o tre anni Internet sarà molto diversa dalla televisione. Sono un po’ negativo su questo argomento ultimamente…

Un punto fermo del tuo lavoro mi sembra essere lo scambio di idee, l’associazione, il confronto, la mostra, il contatto tra gli artisti. Che significato hanno momenti del genere per un ambito come quello artistico del disegno e della scrittura, in cui la creazione è solitamente un atto solitario?
Non credo più nell’artista solitario, sono cose vecchie e forse mai esistite. L’arte nasce proprio dallo scambio tra gli artisti. Artisti di tutti i tipi, scrittori, pittori, webdesigner ecc… Senza questo tipo di scambio ci si può sparare un colpo un testa, oppure cambiare mestiere.

Parlavamo di unione tra gli artisti, e abbiamo accennato a Inguine. Vuoi parlarci di questo progetto, di cosa si propone, come è nato, chi è?
Inguine.net è un’idea nata alla fine del 2000, un’idea confusa e composita, nata dall’amore per il fumetto. Tutti buoni motivi per trasformarla in una mistura di concreto e immateriale come un pugno di kilobytes in Rete, qualche migliaio di migliaia di zeri+uni che ricomposti sullo schermo del vostro computer hanno di nuovo l’aspetto di un’immagine, di un testo, di un messaggio lasciato poi chissà da chi. Inguine voleva andare al di là della fanzine, ma con l’obiettivo di tradurre l’odore (e il costo) della carta fotocopiata in un progetto Internet aperto e in continuo cambiamento. Dell’idea originale abbiamo cambiato molte cose, abbiamo fatto qualche esperimento e a volte ci siamo trovati con l’acqua alle ginocchia, in mezzo a un guado che non sapevamo dove portasse. Ma non ci siamo preoccupati più di tanto, uno dei primi slogan di Inguine.net era “_Enjoy contradictions_“.

Come si uniscono le realtà web, quella cartacea, e quella “fisica”, operativa del gruppo Inguine?
Gli ideatori e beati costruttori di inguine.net sono Gianluca Costantini, Marco Lobietti, Sandro Micheli, Vanni Brusadin. L’ultimo è stato fagocitato dalla sagrada familia di Barcellona. Gli altri resistono. Le loro biografie, malgrado la tenera età, sono troppo lunghe e dettagliate per essere riportate. Vedetevi il sito, attaccate qualche adesivo sul vostro computer, ricordando sempre il motto del padre putativo Orazio:”Finché sei giovane affidati ai migliori. Un vaso conserva a lungo l’odore di ciò che vi si versa.” Poi inguine è andato su carta grazie a Francesco Coniglio, e con l’aggiunta in redazione di Elettra Stamboulis, ora i due mezzi vivono in sintonia operativa.

La riuscita in fumetteria di una simile rivista non era così scontata, eppure Inguine Mah!Gazine ha chiuso il suo secondo anno editoriale di vita. Avevi fiducia nel progetto cartaceo?
Certo che avevo fiducia, ormai siamo al sesto numero e stiamo preparando il settimo. Credo che a differenza delle altre riviste che ultimamente stanno nascendo, noi abbiamo dalla nostra parte una maggiore progettualità e soprattutto i migliori disegnatori del momento, sia per quanto riguarda gli stranieri che gli italiani. Siamo anche molto conosciuti fuori dall’Italia.

Si tratta di una rivista che va un po’ fuori dai canoni tipici di una rivista a fumetti. Un sfida che il mercato sta accettando, quindi?
Non credo vada fuori dai canoni, anzi è una rivista a tutti gli effetti, articoli, interviste, presentazioni ecc, ecc… Il mercato non accetta mai queste cose, ma la costanza può servire a rompere il muro.

Chi sceglie le storie da pubblicarvi? Come scegliete la linea conduttrice dei singoli albi?
Le storie da pubblicare le scegliamo insieme, quello che ci piace di più, guardiamo soprattutto i disegni sui muri delle città per trovare i nuovi autori, le linee conduttrici dei numeri vengono fuori casualmente, il numero sette sarà sul tema del “carcere”.

Altri progetti futuri?
Oltre al nuovo Inguine tutto italiano sul tema del carcere, il primo speciale di Inguine che conterrà la ristampa completa di “Snake Agent” di Stefano Tamburini, e la pubblicazione di Cannibal Kitsch n. 1 con Nicola Pesce Editore, un albo di 32 pagine con fumetti inediti e non con testi di Carlo Branzaglia, Massimo Galletti e Giovanni Barbieri con alcune illustrazioni fatte a 4 mani con Roberto Baldazzini e Claudio Parentela. Poi come mostra sto organizzando il festival “Komikazen” a Ravenna che avrà dei super ospiti quali: Phoebe Gloeckner, Felipe Cava, Nicole Schulman, Marjane Satrapi, Tomaz Lavric, Kamel Khelif ecc…

Soffermiamoci un attimo sul tuo ultimo romanzo, Vorrei incontrarti. Quando nasce questo volume?
Il testo di questo volume nasce all’inizio del 2000, poi è rimasto in un cassetto per tre anni, non sapevo come disegnarlo. Poi un po’ alla volta il disegno è venuto fuori da solo. In un anno è stato pronto.

Perché la scelta dell’autobiografia, per comunicare, per sfogare un bisogno, o cosa?
La scelta autobiografica è stata casuale, avevo bisogno di raccontare queste cose, per non perderle nel mio cervello, ora sono lì belle fissate. Sono anche un po’ dure a volte sulle persone di cui parlo. Ma questa è la mia realtà ed è così.

Autobiografia, ma anche flusso di coscienza, altro possibile tassello per definire il tuo lavoro. Conta più l’atmosfera generale che la singola scena?
Assolutamente, questo testo è un vero flusso di coscienza, in questo libro è molto più importante l’atmosfera, nei miei precedenti lavori era più importante il particolare. Questo mi ha dato la possibilità di raccontare più cose.

L’adolescenza, ancora una volta protagonista di un romanzo di formazione. Cosa ha rappresentato per te questo periodo?
Un romanzo di formazione deve essere per forza sull’adolescenza, nessuno si forma a cinquant’anni, per quanto mi riguarda è un periodo molto importante ma difficile da capire e analizzare, forse per questo in tanti ci provano, è un po’ il medioevo della nostra vita.

Ringraziamo Gianluca Costantini per la pazienza e la disponibilità.

Riferimenti:
Gianluca Costantini – www.gianlucacostantini.com
Political Comics – www.politicalcomics.org
Inguine.net – www.inguine.net
Vorrei Incontrarti, il blog – vorreincontrarti.splinder.com
Fernandel Editore – www.fernandel.it
Recensione Inguine Mah!Gazine #6
Recensione Inguine Mah!Gazine #5
Recensione Inguine Mah!Gazine #4
Recensione Inguine Mah!Gazine #1

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