Monolinguisti e altri esercizi di stile

Monolinguisti e altri esercizi di stile

Lewis Trondheim e' non solo un genio, come lo definisce il traduttore del suo Monolinguisti e altri esercizi di stile (Rasputin!libri 1998), ma anche un prolifico autore che non smette mai di coniugare ironia e arte in un sano e articolato mix di ingredienti al servizio del lettore di fumetti.

Monolinguisti e altri esercizi di stileQuesto volume, come viene precisato nella nota introduttiva a cura di Alessandro Panzeri, raccoglie in 64 pagine e nella collana “I falo'” i primi due albi dell’autore d’oltralpe, Monolinguistes e Psychanalyse (Le Lizard, 1992 e 1990) e 44 delle 56 strisce de Le dormeur (Cornélius, 1993). Rimangono escluse dal volumetto 12 strisce praticamente intraducibili che i curatori hanno deciso di accantonare e di maledire con la consueta crux desperationis dei filologi e che era possibile reperire sul sito ufficiale della casa editrice, fino alla sua sparizione dal mercato editoriale.
Si tratta di una perla rara, di un sofisticato gioco linguistico che pretende di dettare regole nuove al panorama fumettistico e di sfidare continuamente le restrizioni di un albo da 46 pagine.

PRIMA DI TRONDEHEIM

L’esperimento non è nuovo. Nel 1947 un matematico geniale, Raymond Queneau, crea il caso letterario e pubblica presso Gallimard i suoi “Exercices de style“: 99 variazioni di un unico tema che sono, forse, il più bello e spassoso manuale di retorica che sia mai stato scritto. In Italia l’immane fatica viene tradotta e introdotta nel 1983 da Umberto Eco per i tipi dell’Einaudi. L’episodio raccontato e variato da Queneau (novantanove o centomila miliardi di volte, come recita il titolo di un altro suo testo fondamentale, “Cent Mille Milliards de Poémes“) è tra i più logorati e tra i più visti da chi ha la ventura di viaggiare in autobus o in treno: un omino dal collo lungo e dal cappello floscio viene spintonato sulla parigina linea S nell’ora di punta. Nasce un battibecco. Due ore più tardi l’omino è con un amico che gli fa notare la necessità di aggiungere un bottone al soprabito.
Utilizzando o, sarebbe più esatto dire, giocando con le figure retoriche e i generi letterari, e sfruttando tutte le potenzialità che un idioma può offrire al parlante, lo scrittore francese si ferma simbolicamente a quota novantanove, lasciando intendere che si potrebbe continuare ad libitum. Umberto Eco va oltre: se Queneau propone un solo lipogramma (un testo scritto senza l’utilizzo di una lettera dell’alfabeto, preferibilmente una vocale), l’autore de Il nome della rosa si sente in dovere di completare la lista e di realizzare tanti lipogrammi quante sono le vocali. Che, insomma, il traduttore si sia divertito è evidente.

TRADURRE E TRADIRE

La difficoltà quindi dei tre traduttori di Trondheim, Alessandro Panzeri, Silvia Alzavola, Emanuela Ghinaglia, non è affatto rivelatrice della loro imperizia: lo stesso Eco, traduttore d’eccezione, così come ancor prima Italo Calvino nella prova romanzesca queneauiana de “I fiori blu” (Einaudi, 1967), rivelava nella già citata introduzione la non semplice e indolore traducibilità di giochi linguistici che devono risolvere un comico di linguaggio e un comico di situazione da una lingua di partenza ad una di arrivo. Problemi di traduzione certo non sconosciuti a chi deve continuamente salvare capra e cavoli di una lingua e di uno stile non propri. I dubbi dei traduttori di ogni tempo sono quindi eternamente quelli di censurare (come nel caso dei giochi linguistici di Trondheim) le parole intraducibili o le strisce (é ovvio che eliminare frasi, ritenute intraducibili, in un fumetto equivale quasi sempre a sacrificare alcune vignette o alcune strisce) o di creare ex novo, dando vita ad una traduzione reinventiva che chiede al traduttore la stessa sicurezza e la stessa genialità possedute dall’autore originario. Il comico di linguaggio “resiste“, scrive Eco nella introduzione al volume degli Exercices, “alla traduzione da lingua a lingua” e la traduzione letterale, in questo caso, non serve a nulla: creerebbe mostruosità linguistiche che non sfuggono al lettore attento. Il comico di situazione può essere invece raccontato in lingue diverse, a patto pero’ che le due lingue siano vicine dal punto di vista culturale. Per nostra grande fortuna, l’italiano e il francese godono della fama di lingue sorelle, ma si sa che, non di rado, anche tra parenti non ci si intende bene e non ci si raccapezza più. E allora, altrettanto frequentemente, la vicinanza linguistica diventa difficoltà di comunicazione, e l’illusione di vivere in un mondo globalizzato diventa difficoltà di capire una società e un tempo storico precisi. Eco e Calvino, traduttori appassionati e geniali, hanno avuto il merito di superare la fatale impasse del vertere; i nostri tre traduttori pare invece si siano arresi di fronte alla difficoltà (e, si badi, non impossibilità) dell’impresa.

DALLA FRANCIA ALLA FRANCIA

Dalla Francia alla Francia, dunque. Dall'”OuLiPo” (Ouvroir del Littérature Potentielle), fondato nel 1960 da François Le Lionnais e dallo stesso Queneau, all’OuBaPo (Ouvroir de Bande dessinée Potentielle), fondato nel 1992 da una costola de L’Association, di cui è membro fondatore lo stesso Trondheim. Monolinguisti e altri esercizi di stile ha dunque una solida base teorica, una volontà di decostruzione del fumetto unita alla sicurezza nella ricostruzione delle fondamenta sulla creatività e sull’intelligenza, sullo sperimentalismo e sull’avanguardia. L’eredità oulipienne non è quindi ancora logorata al punto da scoraggiare gli artisti che si vogliono misurare con nuove restrizioni e limitazioni. La formula ha avuto insomma grande seguito in Francia e all’estero (basti pensare al lavoro dell’americano Matt Madden sui suoi “Exercices in Style” non ancora editi).

Le dormeurIl disegno di Trondheim è minimale: una faccia cartoonesca, uno sfondo puntinato, il segno quasi svogliato del pennarello nero. Queneau avrebbe di certo approvato e l’artista sarebbe probabilmente finito tra i brigadiers, questo il nome che si davano i membri dell’OuLiPo. D’altra parte e parallelamente, la vicenda narrata da Queneau è a dir poco esile: non ha trama, non c’é intreccio, solo una flebile fabula e nemmeno poi tanto coerente. I disegni di Trondheim, invece, non possono essere definiti facili e banali. L’impressione di trascuratezza e di non ricerca del segno preciso e nitido sono funzionali all’aspetto linguistico a cui, in un certo senso, si sottomettono.
L’attenzione, pare suggerire Trondheim, deve essere focalizzata sulla mancanza di espressività del personaggio. Ma striscia dopo striscia ecco accadere il prodigio: l’ipocrisia, la falsità, l’ingenuità, il cinismo prendono sempre più spazio e finiscono per dare colore ad una espressione monocroma. Battuta dopo battuta, frase dopo frase veniamo totalmente assorbiti dal personaggio e prestiamo solo attenzione alle perle di saggezza che pronuncia con autenticità disarmante. Un segno eccessivamente vistoso avrebbe distratto, e fin’anche disturbato, la lettura di un’opera simile. Così come la trama/non trama di Queneau finisce per affascinare il lettore fino a farlo ridere e sorprendere della sua stessa risata.

Variazioni su un unico tema, metafumetto, autoreferenzialità, contraintes: evidentemente Trondheim maneggia in maniera così sicura il fumetto da poter permettersi di creare una faccina ripetitiva che dà vita, striscia dopo striscia e vignetta dopo vignetta, a ragionamenti e dialoghi pseudo-filosofici e surreali. Ma non così tanto surreali, poi. Trondheim ammicca al lettore, gioca con le sue fobie, i suoi pregiudizi, il senso comune; il lettore ride, si stupisce, diventa addirittura, direbbe Montaigne, presuntuoso e poi è costretto a riflettere e a capire che la mosca cocchiera-Trondheim non ha fatto altro che provocare reazioni e dar vita ad un teatrino di strada dove il lettore è anche attore. Le fobie (v. “La zona maledetta”; “L’aereo”), la piccineria (v. “Il suicida”; “Storia vera”), i pregiudizi sulla validità del metodo psicanalitico (v. la gustosa serie di “Psicanalisi”), sono in fin dei conti le nostre fobie, la nostra piccineria, il nostro pre-giudizio che ostacola la comprensione di noi stessi e ci spinge ad accettare supinamente i luoghi comuni più triti. Più che un semplice fumetto, Monolinguisti e altri esercizi di stile è una scuola di (auto)ironia e un bell’esempio di alta letteratura, che solo chi padroneggia a tal livello i mezzi tecnici e retorici della BD può vantarsi di rappresentare con così elevata maestria.

Monolinguisti e altri esercizi di stile
Lewis Trondheim
Rasputin!libri, 1998 – 64 pagg. b/n bros. – 6,20 euro

Riferimenti:
Sito ufficiale di Lewis Trondheim – www.lewistrondheim.com
Sito uffciale di Matt Madden – www.mattmadden.com
Sito ufficiale dell’oulipo – www.oulipo.net
Sito dell’oubapo in America – www.newnetstories.com/oubapo/index.html
Sito non ufficiale oubapo (Francia) – www.membres-lycos.fr./atebedepow/oubapo.htm
Sito non ufficiale oubapo (Francia) – www.loiseau.sylvain.free.fr./oubapo/liens.html

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