Miracleman #3 di Gaiman e Buckingham: dove sono finiti i supereroi?

Miracleman #3 di Gaiman e Buckingham: dove sono finiti i supereroi?

Molti Warhol e un Gargunza si muovono in un ambiente sospeso fra vita, morte e piani misteriosi nel terzo capitolo del Miracleman di Gaiman e Buckingham.

My old life disappearing, disappearing from view

gaiman_miracleman_3_coverIl terzo capitolo della run di Neil Gaiman e Mark Buckingham su Miracleman muove dall’idea che la tecnologia degli alieni Qys, presenti sulla Terra dall’avvento dell’Età dell’Oro, consenta di recuperare le personalità (lo spirito?) di individui morti e con esse vivificare un corpo artificiale.

L’intreccio si svolge interamente in un ambiente sotterraneo, una sorta di mondo sospeso fra vita reale e vita ritrovata, popolato dai resuscitati, molto spesso figure pubbliche e in alcuni casi presenti in più di una “copia”.

L’uscita da questo ambiente è regolata da Mors, il Qys che presiede a questa sorta di recupero di anime. A fare da personaggio guida attraverso il racconto, Andek, un androide che contiene la personalità di Andy Warhol. Uno dei tanti.

Faces and names, I wish they were the same

La visione delle pagine di questo albo, alle quali il colorista d’Israeli fornisce un contributo più che importante, colpisce sicuramente per lo stile grafico: i colori cupi, la struttura delle tavole, la staticità costante, l’uso di tecniche miste con largo impiego di foto collage, le citazioni warholiane sulla replicabilità illimitata: per la loro stessa distanza dalle soluzioni tipiche del genere supereroico trasmettono innanzitutto un’idea di non banalità, che è al tempo stesso e avvertimento ma anche una richiesta di attenzione.

Se, in fondo, lavori come Watchmen e anche il Miracleman di Alan Moore giocavano sul mimetismo rispetto all’approccio classico, introducendo sgrammaticature su cui far leva per far emergere contraddizioni e problemi delle convenzioni narrative tradizionali, Gaiman e Buckingam denunciano immediatamente la distanza della loro opera da quelle convenzioni.

Il titolo stesso dell’albo, in originale Memories from underground, è un referente complesso diretto al di fuori del mondo del fumetto, poiché cita contemporaneamente l’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij e il nome del gruppo dei Velvet Underground, cresciuto e affermatosi all’interno della Factory di Warhol.
Proprio questa platealità spinge, se non addirittura forza, il lettore a considerare il valore autonomo di ciascuno di quegli elementi e quello delle loro reciproche relazioni. Seppure sia vero che, come argomenta David Padovani1:

anche il Miracleman di Moore pesca fuori dal mondo del fumetto: vedi il titolo dell’atto secondo della sua run, La Sindrome del Re Rosso – da Lewis Carroll -, o la partizione in tre atti che rimanda alla tradizione teatrale della tragedia“,

il punto che intendo sottolineare è che Moore inserisce questi riferimenti intertestuali in un contesto le cui forme generali sono pienamente assimilabili a quelle supereroiche. Peraltro, con tutta probabilità la tripartizione passa inosservata e deve essere esplicitamente segnalata al lettore medio. In questo albo, invece Gaiman e Buckingham attirano l’attenzione del lettore su quei riferimenti e lo costringono a prendere atto della loro natura extrafumettistica in maniera provocatoria.

L’approccio di Moore utilizza una costruzione classica, ma non ne fa partecipe il lettore: questo significa che la tripartizione è uno strumento; nel caso di Gaiman, invece, quei riferimenti sono elementi del racconto: questo significa che un obiettivo del racconto è precisamente spingere il lettore del fumetto a confrontarsi con essi, ovvero a uscire dal ristretto mondo del fumetto.

gaiman_miracleman_3_5In questo senso, Warhol è non tanto un personaggio quanto un riferimento, che innesca una serie di collegamenti a tutte quelle nozioni/immagini note (nel senso che ci si può aspettare lo siano per il lettore di riferimento) che finiscono per costituire una vera e propria struttura portante per l’albo.

Il racconto pubblico vuole Warhol muoversi in maniera spregiudicata fra ricerca sulle tecniche espressive, valorizzazione dei prodotti sul mercato, creazione di un atelier come diretta emanazione del proprio ego, promozione e stimolo di talenti, sfruttamento di personalità estreme e della provocazione, in un’attività vorticosa che ha giocato e messo in evidenza le molte tensioni legate all’idea “produzione artistica”.

L’effetto risultante è che l’albo stesso diventa oggetto di analisi, o se vogliamo, della percezione: non più mero contenitore di una storia, ma esso stesso costruzione, dal momento che possiamo osservarlo senza curarci del fatto che gli elementi che lo compongono siano veicolo o no di qualcosa.

A questo livello quindi, l’albo non pone un problema di significato, bensì porta l’attenzione del lettore sulle modalità espressive, sulla loro problematicità e sulla loro relazione con le convenzioni.

Prima di tutto, sicuramente, la sottolineatura della replicabilità è allusione grossolana al fatto che le convenzioni sono di per sé indicazioni per realizzare in maniera ripetibile artefatti che rispettino, per così dire, le specifiche di prodotto; in questo senso, la costruzione evidenzia l’approccio “industriale” della produzione supereroica. D’altra parte, non solo il racconto piega quelle convenzioni, ma, a dirla tutta, questo Miracleman #3 – Memorie dal sottosuolo non è nemmeno un racconto supereroico.

Give people little presents, so they’ll remember me

Le convenzioni costituiscono una guida non solo alla scrittura, ma anche alla lettura: propongono lo sfruttamento di schemi ed elementi narrativi conosciuti, rendendo le due fasi assimilabili rispettivamente a un’operazione di assemblaggio e disassemblaggio, al punto che, riconosciuto un componente usato dall’autore, il lettore inizia a fare ipotesi sulle conseguenze della sua comparsa.

In Memorie dal sottosuolo, la consapevolezza di questo meccanismo di individuazione e proiezione è utilizzata per suscitare aspettative e poi frustrarle: se al primo livello di lettura questo risulta in un effetto sorpresa, non necessariamente gradito al lettore, al secondo livello consente la messa in evidenza dell’importanza delle convenzioni nel caso ordinario di scrittura/lettura.

Questa operazione muove dalla prima vignetta della terza tavola dell’albo con la comparsa del villain “storico” della testata: Emil Gargunza, responsabile della creazione di Miracleman, da questi ucciso anni prima e ora riportato in vita nell’ambito di un processo dalle finalità non chiare gestito dall’alieno Mors. Il protagonista Andek viene subito presentato come il sesto esemplare della serie di androidi che contengono la personalità di Andy Warhol: un’informazione che, mancando di riferimenti per essere interpretata genera di per sé disorientamento e aspettativa: il lettore è indotto a chiedersi perché siano stati realizzati questi androidi; che cosa facciano gli altri, se siano identici e così via.

La proiezione tipica del lettore tipico, in accordo agli schemi tipici del genere, è che, nonostante l’apparente disparità di forze fra l’umano Gargunza e il sistema che lo ha riportato in vita e intende tenerlo prigioniero, il villain riuscirà a trovare il modo di turbare o distruggere la stasi che domina lo scenario.

Da questa proiezione nasce l’attesa di una prima discontinuità, attesa che viene solleticata e amplificata tramite la lentezza con cui viene condotto il racconto, realizzata con la complessità referenziale delle tavole, che abbiamo sopra descritto (esemplari in questo senso le pagine 14-15), l’uso di molti dialoghi e della voce narrante del Warhol protagonista. Dialoghi e voce narrante, infatti sono in rapporto dialettico con le immagini, nel senso che non sono semplicemente fra loro complementari, ma che spingono il lettore a una vera e propria sintesi, che richiede tempo, rallentando così la lettura.

gaiman_miracleman_3_14Questo processo vale sia per tavole a più vignette, ad esempio quelle del blocco costituito dalle pagg. 14-17, sia per quelle (caso più frequente) a pagina intera, quali pagina 1, 5, 9, 13, 17, eccetera, nelle quali l’attenzione è indirizzata su specifici dettagli della tavola. Da questo punto di vista, l’intreccio segue un climax che culmina a pag. 19, quando scopriamo che Gargunza è riuscito a ottenere da Andek alcuni oggetti.

A questo punto, tuttavia, contrariamente alle aspettative, il ritmo del racconto non aumenta, e potremmo tranquillamente parlare di un anticlimax: abbiamo una tavola di monologo di Andek con una griglia 3×3, una splash page che mostra l’incontro fra Andek e Mors, che guida una piccola barca (ulteriore allusione a miti del mondo di passaggio fra vita e morte) e una tavola con griglia 3×2, nella quale Mors racconta ad Andek alcuni retroscena della resurrezione di Gargunza, che compare finalmente nell’ultima vignetta, con un piccolo dispositivo che dovrebbe consentirgli di evadere da quella prigione ctonia.

Qui la definitiva frustrazione delle aspettative: non ci sono combattimenti e Mors elimina Gargunza senza difficoltà alcuna, in una transizione fra due vignette mute, le ultime due della prima riga, una posizione comunque di passaggio nel flusso di lettura, a sottolineare la marginalità di quell’atto, destinato a non lasciare conseguenze. Il compito di chiudere l’albo è assegnato al monologo interiore di Andek, che, quasi cancellando il significato profondo di quanto appena accaduto, ripropone la stessa domanda che aveva posto nella prima tavola: “E allora?“.

Lungo tutto il racconto, il titolare della testata compare solo in due occasioni: rappresentato in una vetrata e nel ricordo di Gargunza. Come già largamente sperimentato nel coevo Sandman (contemporaneamente a Miracleman, lo scrittore inglese ha sugli scaffali l’arco di Brevi Vite, con Jill Thompson), Gaiman ha impostato l’inizio della sua run sfruttando lo scenario come ambientazione per dei racconti che non intendono sviluppare la vicenda dell’eroe eponimo, ma, per così dire, espongono un caso di vita.

In Memorie del sottosuolo, addirittura, il supereroe è solo una figura lontana, che è sì l’elemento strutturale determinante del contesto (in questo senso costituisce “il sistema” che determina le regole del mondo), ma non partecipa alla vicenda né la vicenda ne esplora o amplia alcun aspetto.

Memorie del sottosuolo semplicemente non si occupa di lui, e il suo ruolo potrebbe essere svolto anche da un elemento del tutto spersonalizzato, quale un generico sistema di potere, pervasivo e onnipotente, quasi a conferma del non sequitur a cui Moore aveva condotto l’esperimento Miracleman.

Abbiamo parlato di:
Miracleman #3 – Memorie dal sottosuolo
Neil Gaiman, Mark Buckingham
Traduzione di Pier Paolo Ronchetti
Panini Comics, febbraio 2016
48 pagine, spillato, colore – 2,90 €
ISBN: 977203756300160047


  1. David Padovani: Alan Moore: Miracleman Vol. 2 – La Sindrome del Re Rosso, in corso di pubblicazione. 

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