Miller e Manara: racconto di un incontro e di un accordo tra gentiluomini

Miller e Manara: racconto di un incontro e di un accordo tra gentiluomini

Al Napoli Comicon si è tenuto un incontro con Frank Miller e Milo Manara. Gli autori hanno parlato dei loro percorsi e delle loro idee, stringendo nel finale un patto tra gentiluomini: Manara userà lo scenario di Sin City per una sua storia e in cambio disegnerà una storia di...

Nella cornice del Teatro Mediterraneo, in occasione del Napoli Comicon, si è tenuto l’incontro con Milo Manara e Frank Miller, moderato da Claudio Curcio, di fronte a una sala gremita.

I due autori, accolti da un caloroso applauso, si sono accomodati lasciando che l’incontro entrasse subito nel vivo. Manara, carico di aneddoti e storie da raccontare, di fianco al moderatore; Miller sorridente, vitale, sotto il suo classico cappello, col suo sorriso da adorabile canaglia fordiana e uno sguardo perennemente divertito.

L’incontro ha avuto inizio con il racconto da parte di Manara del primo incontro tra gli autori di diversi anni fa a San Diego. L’incontro avveniva dopo una serie di contatti indiretti, in particolare una prefazione scritta da Miller a un volume di Manara. Dopo il primo incontro, Manara ha raccontato di altri incontri di persona fino a quello di oggi. A questo punto, Manara ha anticipato che aveva una richiesta per Frank Miller, creando un piccolo alone di mistero intorno alla questione.

Dopodiché è stata la volta di Miller, che ha parlato con profonda ammirazione del lavoro del collega, dichiarando di apprezzare in particolare la sua capacità di inserire humor nelle sue storie, di saper sempre divertire il proprio pubblico.

Manara ha lungamente scherzato su questo aspetto, definendosi come un “condannato alla leggerezza” che tenta ogni volta di scrivere una storia tragica e finisce per scrivere una commedia. Ha poi citato Fellini, che invece si lamentava dell’esatto contrario, di non riuscire mai a scrivere una commedia senza che questa sfociasse nella tragedia.

I due hanno poi proseguito parlando di come hanno iniziato a fare fumetti e di quando hanno capito di voler trasformare quel desiderio in una professione.

A tal proposito, Manara ha raccontato di come la sua scelta sia maturata nel clima del ’68, durante le contestazioni alla Biennale di Venezia, considerata il simbolo dell’arte dei “padroni”, dell’arte borghese. In quel periodo, Manara, studente dell’Accademia di Belle Arti avvertiva che si era realizzato uno scollamento tra l’arte figurativa e la società; sentiva che l’arte figurativa aveva perso la sua capacità millenaria di raccontare la società, di narrare e intrattenere. Nuove forme artistiche avevano ereditato il suo ruolo, come ad esempio il cinema, ma anche il fumetto. In quel periodo conobbe fumetti come Barbarella di Forest o le opere di Guido Crepax.

Miller ha invece raccontato un percorso molto diverso, iniziato in tenera età, a cinque anni quando ha realizzato il suo primo fumetto. Da allora ha detto di aver sempre voluto fare lo sceneggiatore. Ha quindi parlato del suo ingresso in Marvel e di quello che ritiene il suo incontro importante: quello con Will Eisner. Di Eisner, ha ricordato la più preziosa delle lezioni ricevute: “Viaggia per il mondo e lascia che il tuo cuore si spezzi, per avere qualcosa da raccontare.” Dopodiché ha ricordato anche l’impatto che Kirby ha avuto sulla formazione da bambino.

Manara invece ha raccontato di aver cominciato ad apprezzare i fumetti americani supereroistici diversi anni dopo i suoi esordi, proprio quando Frank Miller ha cominciato a rivoluzionarli. Dei personaggi di Miller, ha detto di apprezzare il loro essere un incontro perfetto tra la grande tradizione letteraria noir americana e l’Omero dell’Iliade. Secondo Manara, i personaggi di Miller, specie quelli di Sin City come Marv sono diretti eredi dell’Achille di Omero: giganti invincibili e distruttori ma in grado di piangere. Non supereroi, ma eroi omerici. Una ispirazione mediterranea che secondo Manara ha trovato la sua incarnazione più palese in 300.
Come altri autori statunitensi che hanno avuto un’influenza sulla sua formazione, Manara ha ricordato Alex Raymond, Winsor McCay e successivamente e indirettamente Robert Crumb attraverso l’influenza che questo ha avuto su Moebius.

A questo punto, anche Miller ha parlato del suo incontro con Moebius, ricordandolo come un autore che parlava poco e osservava molto.

La conversazione si è poi spostata con toni molto ironici su Geof Darrow, grazie al quale Miller ha conosciuto Moebius. Manara ha ricordato il suo incontro con Darrow parlando di “disagio enorme” e raccontando di come anni fa era ospite a una fiera e gli si avvicinò un ragazzone americano che non conosceva, che gli chiese un disegno. Manara ha raccontato che in quel momento, essendo molto stanco, tirò via un disegno che lui stesso ha definito “una schifezza” e glielo ha regalato. Il ragazzone, che era per l’appunto Darrow, tirò fuori in cambio un disegno di grandi dimensioni e ultra dettagliato (come è solito realizzarne Darrow) e di averlo completamente spiazzato.

Anche Miller si è divertito a parlare del disagio che gli crea Darrow con le sue tavole strabilianti. Conosciuto durante un party a Los Angeles, Darrow gli chiese di scrivere una sceneggiatura per lui e Miller dopo poco gli spedì poche pagine, con dialoghi molto brevi, che sarebbero diventate Hard Boiled, in cui Darrow realizzò un lavoro che Miller stesso ritiene ben più grande di quanto la sceneggiatura stessa proponeva.

I due hanno parlato poi di Hugo Pratt. Manara ha ricordato con profondo orgoglio e grande commozione le sue due collaborazioni con Pratt, dichiarando che solo dopo quei lavori ha capito “cosa volesse dire scrivere una storia come Dio comanda, capace di toccare tante corde dell’animo umano.” Ha inoltre ricordato la persona che si celava dietro l’artista, parlandone con grande ammirazione e dandone un caloroso ritratto. Tra i molti aneddoti, ha ricordato i viaggi che i due facevano nel camper di Manara, quando questo aiutava Pratt a traslocare centinaia di libri da una casa all’altra, e di come molte tavole di Pratt siano nate proprio in quel camper.

Anche Miller ha raccontato del suo periodo trascorso insieme a Pratt, dopo il loro primo incontro a Lucca nei primi anni ’80. Lo ha descritto come un periodo molto intenso e istruttivo, dove ha appreso molte delle tecniche poi utilizzare in Sin City.

Prima delle domande del pubblico, c’è stato il momento più eclatante dell’incontro. Manara ha finalmente svelato la sua richiesta per Miller. L’autore italiano ha detto di volere da anni raccontare lo smarrimento del mondo odierno e di avere come punto di riferimento il romanzo di Kafka America. Consapevole però che l’America immaginata da Kafka non sia più adatta a raccontare il mondo attuale ha detto di essere alla ricerca dello scenario ideale e di averlo individuato nella Sin City di Frank Miller. La richiesta è stata esplicita: “Frank, posso usare lo scenario di Sin City per raccontare la storia di un essere smarrito e indifeso?

Miller ha guardato Manara. Gli ha sorriso. E infine si è sporto per stringerli la mano.

Ha poi detto, dopo il lungo applauso, “Sono onorato” e infine divertito ha posto una condizione: “devi provare a rendere le donne di questo fumetto molto attraenti”.

Infine, è stata la sua volta di chiedere qualcosa a Manara: “Quando potrò scrivere una storia per te? Il tempo ce l’ho!

L’incontro è poi proseguito con le domande del pubblico.

Miller ha parlato delle difficoltà insite nel mestiere dello sceneggiatore quando si deve confrontare con l’industria del fumetto, con il mondo dei diritti e del business, e di come il potere decisionale lo si acquisisca solo scalando i gradini, operazione che richiede tempo.

Manara ha invece dichiarato di considerare il fumetto come un’arte immortale, destinata all’eternità, per le sue infinite possibilità e per il facile approccio in termini di costi che richiede.

Dopodiché i due hanno risposto a una domanda sul loro metodo di lavoro.
Miller ha spiegato come ogni suo fumetto parte dalla storia, da un mistero, un omicidio o un crimine e come un po’ alla volta la storia cresce e si arricchisce, soprattutto dopo aver sistemato gli appunti in maniera consequenziale su dei post it che attacca a una lavagna. Solo dopo averla visualizzata in quel modo riesce a curare i personaggi e gli intrecci.

Manara ha invece spiegato che il suo metodo di lavoro cambia anche in base allo sceneggiatore con cui collabora. Ha descritto le sceneggiature di Castelli come molto metodiche e precise, nelle quali ogni vignetta è descritta nel particolare. Diversamente, quelle di Pratt gli lasciavano grande libertà, tutta la cura della regia e come qualche volta erano accompagnate da disegni per chiarire i dettagli. Fellini al contrario di Pratt curava invece molto la regia, inviando veri e propri storyboard. Jodorowsky invece è solito lanciare vere e proprie sfide, con inquadrature improbabili e difficili da realizzare.

L’incontro si è concluso con una standing ovation per i due autori, da parte di un pubblico decisamente eccitato e soddisfatto.

2 Commenti

2 Comments

  1. riccardo

    1 Maggio 2018 a 16:25

    winsor mccAy

    • la redazione

      1 Maggio 2018 a 22:27

      Ah, che orrore! Grazie della segnalazione, abbiamo corretto.

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