Ciao Diego, vediamo se dopo tanto giocare siamo in grado di rimanere per qualche minuto seri. Sarà dura, ma lotteremo! Inizio evitandoti l’ennesima domanda “chi è Diego Cajelli”, e riassumo brevissimamente io. Diego Cajelli, nato a Milano nel 1971, inizia a scrivere fumetti con i quasi dimenticati Virtual Heroes e Demon Hunter. Passa poi attraverso varie autoproduzioni, Pulp Stories, Randall Mc Fly, Video Inferno, la Factory. Poi arrivano le ottime prove su Napoleone, forse il più difficile dei fumetti di casa Bonelli, ed il passaggio su Dampyr e Legs. Sempre senza rinunciare alle proprie produzioni personali. Che dici, c’é un poco tutto?
Sì, più o meno c’é tutto!
Ho cominciato a pubblicare quando ero, onestamente, troppo giovane, avevo22 anni all’epoca di Virtual Heroes, ho lavorato molto, ma ho pubblicatoanche molti lavori che, rivisti oggi, mi fanno molto sorridere (per non dire dipeggio!)
Per cui, non rendiamo note tutte le magagne!
Rileggendo l’elenco delle tue opere mi rendo conto di quanto abbia letto di te quando ancora a malapena facevo caso a chi scriveva ed a chi disegnava i fumetti. Demon Hunter! Ho la collezione completa o quasi… Che esperienza è stata?
Demon Hunter è stata, sorvolando su come ero io in quel periodo, una bella esperienza, ne ho scritti tre, e il terzo era disegnato da Luca Rossi, eda quel lavoro assieme e venuto fuori il progetto Pulp Stories.
Video Inferno lo ricordo come un fumetto disturbante, quasi malsano come atmosfera… Sembra diverso rispetto al resto delle tue storie! Era forse legato ad un periodo particolare, o è piuttosto una parte di te che mostri di meno?
Video Inferno nasce da una mia “paranoia” di quel periodo, senza scendere troppo nei particolari, posso dirti che come tutto quello che scrivo, anche quello, era basato su una solida documentazione reale. No, non ho mai visto uno snuff movie, ma ci sono andato parecchio vicino. Meno male che mi è passata, per un periodo avevo la casa piena di videocassette didattiche sugli interventi chirurgici, il mio “fornitore” me le regalava, lui ci faceva i soldi vendendole ad un ristretto gruppo di feticisti. Ho perso tutti i contatti, grazie al santo che mi protegge da lassù! Quel tipo di attrazione mi è passata, e ora mi terrorizzo di fronte a Le Verità Nascoste!
Comunque, quando anni dopo, ho visto 8 Millimetri, con Nicholas Cage, mi sono fischiate un po’ le orecchie.
Ma passiamo a Milano Criminale. L’uscita prossima per Alta Fedeltà è il primo numero, disegnato da Marco Guerrieri, di quella che hai definito la “tua serie” (e per cui era uscito già un numero 0, per la Factory, con i disegni di Maurizio Rosenzweig). Trovo molto interessante questo tuo recupero delle atmosfere dei poliziesco all’italiana, un netto contrasto con la forse eccessiva esterofilia italiana, che ci porta a imitare stili e ambientazioni non nostre. Magari bistrattando pure opere che, invece, all’estero ammirano! Sei d’accordo anche tu su questo?
Il cinema italiano, quando non era prodotto dai canali televisivi, quando veniva fatto *prima* pensando al cinema, e poi *forse* alla televisione, ci ha dato opere grandiose, registi immensi, attori che non avevano nulla da invidiare a quelli di Scorsese. Tomas Milian in “Milano Odia, la polizia non può Sparare” da dei punti a Pacino, Barbara Buchet in “Non Si Sevizia un Paperino” è una spanna sopra Sharon Stone…
Poi che cosa è successo?
Non lo so, bastardamente posso dirti:
Poi sono arrivati i figli d’arte e le agenzie di pubblicità.
Pensi che ci siano altri generi un po’ sottovalutati, e che ti piacerebbe trattare?
Sicuro!
Ma ad essere “sottovalutato” non è il genere, è il *modo* con cui il genere è trattato, mi piacerebbe scrivere una commedia all’italiana a fumetti, ma non quella accomodante, piaciona, rassicurante e da “tarallucci e vino”, adatta alla prima serata di Rai Uno. La commedia italiana quella amara, quella de ” Lo Scopone Scientifico”, quella di “C’eravamo Tanto Amati”, de “Il Sorpasso” o de “I Mostri”, quelle con i finali che ti inchiodano.
Altro che gli schiaffi di Muccino.
La storia di Milano Criminale: innanzitutto, sarà un handicap leggere questo numero 1 senza aver letto il numero 0? E come saranno collegati gli eventuali futuri numeri (hai annunciato l’intenzione di un volume l’anno) con questi?
Milano Criminale: La Banda Del Muto (quello di cui stiamo parlando) è ordinata su una linea narrativa autosufficiente rispetto a Milano Criminale: Il Gioco Del Falco.(Quello uscito con la Factory nel 1999) Per quanto riguarda la questione de “un numero all’anno”, probabilmente l’ho detto in un momento di euforia!
Prima di rimettermi in pista, vorrei vedere un po’ come vanno le cose, e tirare il fiato!
L’approccio alla serie è cambiato con il cambio di disegnatore?
Il mio approccio con le tematiche narrative direi di no, ma senza dubbio, l’approccio grafico è piuttosto cambiato. Il fumetto è composto da due fattori che si portano dietro un notevole carico personale, cambiando uno dei fattori, il risultato cambia per forza, non è come la matematica.
Quanto è importante per te il rapporto con chi disegna, ed in particolare con Marco Guerrieri?
Io tendo molto a scrivere in funzione del disegnatore, arrivo a cambiare delle sequenze e delle inquadrature in corso d’opera per venire in contro alle esigenze di chi sta disegnando una mia sceneggiatura. Considero la sceneggiatura un sistema narrativo aperto, non un qualcosa scritto nel marmo immutabile. Per cui, il mio rapporto con i disegnatori è estremamente dialettico, e con Marco lo è stato molto, specialmente nella fase di documentazione. Era inutile fornirgli dettagli precisi sulle macchine, lui è un patito, ne sa molto più di me, per cui quel tipo di lavoro se lo è sobbarcato interamente lui.
Di cosa narra (senza svelare troppo al lettore) Milano Criminale? Quali ispirazioni hanno pesato maggiormente sulla trama e sui personaggi?
A farla da padrone, sono state le atmosfere dei film polizieschi di quel periodo, ma non un film particolare, è l’intero filone ad occupare un posto di rilievo nel mio immaginario. Nello specifico de La Banda del Muto, l’intreccio è basato su una rapina e sulle sue conseguenze, sul prima, sul dopo, sul durante…
Il punto di vista che hai cercato di mantenere è distaccato, o hai cercato di rendere più centrale nella narrazione quello della Banda o della polizia?
Se fosse un romanzo, sarebbe sicuramente in terza persona, ho mantenutouna visione piuttosto bilanciata, un po’ di qui e un po’ di la, per poter sbrogliare il plot raccontandolo attraverso diversi punti di vista.
L’idea che mi sono fatto è di un poliziesco “cattivo”, con personaggi non del tutto bianchi e non del tutto neri, senza eroi. Ma c’é un personaggio con cui più degli altri il lettore sarà portato ad immedesimarsi?
Non ci sono eroi, anche i due protagonisti, distaccandosi con la sintassi dell’ epopea filmica del genere, non riescono a “mettere ordine nel disordine” nel senso più classico del termine.
L’immedesimazione è secondo me forte con il personaggio del Nonno!
Ci puoi parlare più approfonditamente del Nonno? Chi è questo personaggio?
Il Nonno è un criminale diventato vecchio.
Non capita spesso, in più circolano strane voci sul suo conto, insommagode di molto rispetto nella mala, anche perché è il classico uomo della Ligera milanese, un criminale d’altri tempi… Ora mi viene voglia di fare un Spin Off (si dice così no?) solo su di lui!
Il lavoro di ricerca fatto per Milano Criminale è impressionante, come sfogliando questo Speciale ci si può rendere conto. Tutto questo colora la fase, già di per sé creativa e stimolante, della scrittura con una componente quasi giocosa: cercare documentazione dell’epoca, foto ingiallite, vecchie locandine, canzoni di anni ed anni fa… Una specie di caccia al tesoro! È sempre così quando scrivi un fumetto? Quanto tempo dedichi alla ricerca delle fonti?
La ricerca, la documentazione, è il mio pallino. Ci perdo intere giornate, e spesso, è maggiore il tempo che dedico alla ricerca che alla scrittura vera e propria di una storia. Ho i “miei giri”, persone che mi mandando notizie e fatti molto interessanti, che poi magari vado ad approfondire, ho i miei informatori, per dirla in modo evocativo! :-)
Io li chiamo i “miei amici cospirazionisti”, e non hai idea delle centinaia di discorsi tra amici che inizio dicendo: “i miei amici cospirazionisti dicono che”…. Una volta, ad esempio, mi servivano informazioni su un tizio in Alabama, che aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti perché secondo lui Bush è un alieno. Il tipo lo hanno ammazzato ad un posto di blocco. Mi sembrava una storia eccezionale da raccontare a fumetti, per esempio su Dampyr, mettendo i Vampiri al posto degli Alieni.
Mi servivano informazioni, maggiori informazioni.
Mi sono iscritto alla Milizia Indipendentista dell’Alabama,e le ho avute.
Bene… direi che è tutto, più o meno! L’ultima, lecita, curiosità: al di là dei Bonelli, cosa ci dobbiamo aspettare prossimamente dalla penna di Diego Cajelli?
Non ti dico niente, per ora.
Scaramanzia…. ;-)