Mercurio Loi: un’opera d’intelletto al servizio di un’anima

Mercurio Loi: un’opera d’intelletto al servizio di un’anima

Il settimo appuntamento con Mercurio Loi di Alessandro Bilotta è un esempio di grande fumetto popolare, raffinato e ricercato senza essere snob o asettico.

Dopo aver passato un intero albo a seguire (e a condizionare) il cammino di Mercurio e Ottone per le strade di Roma, Alessandro Bilotta cambia le carte in tavola con una storia nella quale il protagonista e il suo assistente quasi non compaiono, o per lo meno non come ci aspetteremmo. A prendere il loro posto sono il professore Camillo Scaccia, mentore di Mercurio, conosciuto proprio in A passeggio per Roma, e il misterioso Pasquino,  sorta di poeta rivoluzionario e acrobata che si muove sui tetti di Roma distribuendo le sue “pasquinate”, brevi composizioni in rima che mettono alla berlina la dittatura pontificia.

La presenza di personaggi conosciuti nei mesi precedenti rende questo albo il meno indipendente tra quelli usciti finora: pur essendo pienamente comprensibile negli eventi, la costruzione compiuta finora del mondo di Mercurio, il lavoro fatto sulla sua caratterizzazione e su quella dei comprimari arricchiscono la storia di significati sottintesi e aumentano la forza di alcuni passaggi.

Dopo un inizio lineare nel quale si delineano il contesto e le premesse, il racconto si dirama in due storie che procedono distinte, ma che riconducono entrambe alle tematiche del passare del tempo e del rapporto con la propria eredità. Da una parte seguiamo Scaccia che messo di fronte alla sua età, agli acciacchi fisici e soprattutto alla perdita di lucidità mentale, si trova costretto a rinunciare alla sua vita e a darsi alla fuga. Dall’altra seguiamo le inquietudini del Capitano Mazzocchi alle prese con il caso di Pasquino ma soprattutto con il suo ruolo di genitore.

Se quella del professor Scaccia è sicuramente la trama principale, che offre riflessioni sull’invecchiare, sul dover rinunciare a ciò che ci fa sentire vivi e sulla necessità di lasciare dietro di sé qualcosa, la sottotrama del capitano dei carabinieri rappresenta probabilmente una delle vette di drammaticità della serie. Sensazione sottolineata dall’acuta sceneggiatura che rende partecipi fin da subito i lettori di una verità ignota al capitano, caricando così di tensione l’attesa per il suo disvelamento.

Quello che colpisce della narrazione di Mercurio Loi è la capacità di coniugare un’attenzione formale quasi maniacale a un’altrettanta evidente cura per la caratterizzazione umana dei personaggi, cercando di stabilire un rapporto di empatia con il lettore attraverso argomenti forti affrontati in maniera contemporaneamente enfatica e non banale.

«La poesia è un potere», esclama Scaccia all’inizio di questa storia. L’impressione è proprio quella di assistere alla rappresentazione (teatrale, l’abbiamo già sottolineato più volte) di un componimento poetico. Rappresentazione che però non ha a disposizione un palco e una scenografia, ma la struttura delle vignette del racconto che scandiscono tempi, cadenze, assonanze e rime attraverso una gabbia gestita in maniera libera ma mai gratuita.


La simmetria e la disposizione ben precisa di certe tavole appaiono sapientemente studiate, curate per raggiungere il risultato nel modo più poetico possibile, senza per questo incidere minimamente sulla lettura. Al contempo, la ricercata verticalità di molte vignette focalizza sui personaggi il massimo dell’attenzione e della presenza scenica per sottolinearne gesti e atteggiamenti avvicinandoli al lettore.

La testa di Pasquino è un racconto che scorre in maniera esemplare e che quasi costringe a darsi un freno per non procedere filati alla fine senza soffermarsi sugli elementi costruttivi. Elementi che non risultano preponderanti rispetto al racconto, che non sono esercizi di stile gratuiti o dissonanti, ma che piuttosto in maniera sommersa contribuiscono a renderlo più ricco, più curato.

I disegni di Massimiliano Bergamo sono realistici e rendono bene ambientazione, vestiti e pose dei personaggi, ma si caratterizzano soprattutto nei volti che nei primi piani sono dettagliati con rughe, pieghe della pelle, ombre, mentre nelle figure intere assumono un aspetto volutamente abbozzato, con linee che diventano meno marcate che restituiscono figure meno definite pur senza mai perdere di riconoscibilità. Laddove la linea risulta meno presente è il colore a definire forme e ombreggiature, a volte con l’impressione di “impastare” eccessivamente le vignette.

Colore che per il resto fa efficacemente il suo lavoro, a partire dall’elegante intro in cui il professor Scaccia descrive un suo disegno muovendovisi al suo interno, come in un fermo immagine tridimensionale; in questa scena l’ocra del disegno sul foglio e la definizione del bianco della veste di Scaccia creano infatti due piani distinti, quello reale e quello immaginario.

A proposito del colore, il lavoro di Nicola Righi evidenzia anche come sia centrale nella serie il rapporto tra il tipo di colorazione e lo stile del disegnatore di turno: se lo stesso Righi nel precedente albo utilizzava una colorazione densa che donava volume alle figure di Sergio Ponchione attraverso colori caldi e accesi, in questo troviamo una colorazione più soffusa e fredda, meno marcata e più adatta ai toni messi in scena. Fanno eccezione alcune vignette in cui il colore sottolinea il registro drammatico o violento e lo sfondo da sfumato diventa acceso da colori brillanti e decisi.

La testa di Pasquino segna un altro tassello al rialzo in senso qualitativo nella vita editoriale di Mercurio Loi, una serie che ogni mese riesce a stupire con storie universali raccontate in maniera mai banale e mai superficiale e sorrette da una impostazione tecnica di eccellenza.

Abbiamo parlato di:
Mercurio Loi #7 – La testa di Pasquino
Alessandro Bilotta, Massimiliano Bergamo, Nicola Righi
Sergio Bonelli Editore, novembre 2017
98 pagine, brossurato, colori – 4,90€

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *