“La questione da porsi, invece, è se davvero abbiamo la possibilità di conoscere a fondo, se quel coordinato rimpallo di domanda e risposta non sia solo un gesto insensato che si ripete in modo meccanico e ciò che raccogliamo a seguito dei nostri interrogativi non siano elementi insufficienti che ci facciamo bastare e chiamiamo conoscenza”. (Alessandro Bilotta)
Mettendo su carta una serie anomala e intelligente come Mercurio Loi, Alessandro Bilotta ha stretto un patto implicito con il lettore, che consiste nel fargli accettare che alcuni quesiti siano destinati a rimanere insoluti anche dopo aver letto la parola “Fine”.
L’indole del professor Loi lo conduce ad arrovellarsi per risolvere casi ben più complessi di un omicidio, che non necessariamente trovano una spiegazione nell’arco delle 94 pagine dell’episodio: né la sceneggiatura né tantomeno il protagonista assolvono infatti al compito di concludere le indagini, spesso di natura esistenziale e persino metafisica.
Se questo discorso è valido in linea generale, a maggior ragione calza a pennello considerando il tema attorno al quale si sviluppa l’ottavo numero della serie, ovvero il mistero della fede.
Il colore giallo parla infatti di una giovane contadina che afferma di aver visto la Madonna: la storia si sviluppa attorno alle reazioni di coloro che cercano, per un motivo o per un altro, la conferma o la smentita dell’esistenza di Dio.
Il giallo
L’abbandono della componente puramente investigativa dell’intreccio in questo episodio è palese non solo nello svolgimento della trama ma anche simbolicamente. Il “giallo”, svestiti i panni del genere letterario, assume i connotati di uno, cento, mille oggetti: nella splendida sequenza che apre l’albo, le sue parole sembrano ubiquitarie e onniscienti, al punto che la voce fuori campo del colore giallo impersonificato fa cenno a eventi cronologicamente successivi rispetto all’anno in cui è ambientata la serie, come il Tour de France (che ha esordito nel 1903), o Il Giallo Mondadori, la nota collana dedicata al genere poliziesco (pubblicata a partire dal 1929 e alla quale si deve il nome che il genere ha assunto in Italia1.
Tale onniscienza è interpretabile, oltre che come diretta emanazione della voce dell’autore (poiché in un’opera così tanto “autoriale” è pressochè inevitabile che essa emerga indistintamente), anche come espressione dell’onniscienza di Dio. Senza entrare in intricate discettazioni teologiche, Bilotta non si pone però come portatore di risposte, preferendo suggerire piuttosto che affermare, riflettendo senza sosta su alcuni dei quesiti che da sempre hanno affascinato non solo i teologi, i filosofi e gli uomini di fede, ma anche scrittori, scienziati e chiunque avesse interesse a comprendere i misteri dell’esistenza.
“A certe domande non scappa nessuno”, afferma Mercurio Loi, personaggio emblema della razionalità, parlando con il vescovo Longhi, rappresentante di rilievo della comunità dei credenti: nei dialoghi tra i due, Bilotta infonde una rara profondità mista a una grande umanità, riuscendo nel compito davvero difficoltoso di evitare di scadere nelle banalità.
Il mistero
Contestualmente vengono sviluppati i rapporti tra i personaggi, mai come in questo caso legati al tema di fondo dell’albo. La continua ricerca delle risposte, piuttosto che rendere l’uomo felice, lo rende più cupo, perennemente insoddisfatto. È per questo motivo che Mercurio Loi è affascinato dalla figura della giovane donna che ha avuto la visione mariana: in lei vede il simbolo di una vita rurale, semplice, priva di tutte quelle sovrastrutture che impediscono all’uomo di trovare una piena realizzazione e che lo portano a girovagare senza meta.
Un altro mistero, legato alla possibilità di amare nonostante l’assenza dell’amato (in poche parole, al concetto di fede), è quello che coinvolge Ottone, lo sparring partner di Mercurio, e la sua giovane amante. “L’amore è assenza”, stabilisce Ottone per giustificare il proprio comportamento ma parallelamente portare avanti le istanze di coloro che credono in un concetto non tangibile. Anche qui le assonanze tra la tematica religiosa e quella esistenziale permettono allo sceneggiatore di affrontare argomenti complessi rimanendo comunque concreto e diretto.
L’approccio visivo
Con quest’albo si rinnova il sodalizio artistico che ha dato origine sia al personaggio (nell’albo introduttivo pubblicato all’interno della collana Le Storie) sia alla serie (con Roma dei pazzi, del maggio scorso), ovvero quello tra Alessandro Bilotta e Matteo Mosca, con l’apporto di Francesca Piscitelli ai colori.
Rispetto ad altri artisti visti all’opera nei mesi precedenti (si pensi a Onofrio Catacchio, Sergio Gerasi e Sergio Ponchione), Mosca presenta uno stile più classico e in qualche modo meno “di rottura”, quanto meno teoricamente. All’atto pratico, il disegnatore dimostra non tanto una sperimentalità del tratto quanto un’estrema sintonia con Bilotta, maturata dopo le collaborazioni precedenti (pensiamo a Valter Buio, ma anche agli episodi de Le Storie intitolati Il lato oscuro della luna e Friedrichstrasse), evidente in alcune scelte di regia particolarmente azzeccate.
La riuscita del già citato monologo iniziale in cui gli oggetti sembrano avere una voce (pp. 5-9), l’eloquenza degli sguardi di Mercurio e della contadina nella sequenza muta in cui si conoscono (pp. 27-28) e in generale la gestione non convenzionale delle inquadrature costituiscono esempi di una suggestiva e matura consapevolezza del mezzo narrativo, opportunamente coadiuvata da una colorazione mai come in questo caso ricca di significati e al servizio del racconto. Dal canto suo, la copertina di Manuele Fior immerge il lettore in un clima fiabesco e fuori dal tempo, nell’atmosfera quasi irreale della ricerca dell’impalpabile senso dell’esistenza.
Impossibile non concludere con l’osservazione che nel 2017 il fumetto seriale ha trovato un nuovo metro di paragone nel Mercurio Loi di Bilotta, con la speranza che l’annunciato passaggio alla bimestralità sia legato all’effettiva espressione della volontà di continuare a curare il prodotto al meglio e non indicativo di funesti presagi. Difficile saperlo, d’altra parte questa serie ci ha ormai abituato ai misteri irrisolti.
Abbiamo parlato di:
Mercurio Loi #8 – Il colore giallo
Alessandro Bilotta, Matteo Mosca, Francesca Piscitelli
Sergio Bonelli Editore, dicembre 2017
96 pagine, brossurato, colori – 4,90 €
Dall’enciclopedia Treccani: Locuzioni fig.: Libro o romanzo giallo, tipo di romanzo poliziesco assai diffuso (così chiamato in Italia a partire dagli anni ’30 perché di solito pubblicato con copertina gialla), che tiene desto l’interesse del lettore con la narrazione di misteriosi delitti e di vicende impreviste, sensazionali; analogam., racconto g., dramma g., film giallo. Nell’uno e nell’altro sign., è molto frequente anche come s. m.: sto leggendo un g.; è un divoratore di gialli; è in proiezione un g., ecc.; talora con riferimento al «genere»: un racconto avventuroso, con un pizzico di g., e sim.) ↩