Per il numero di novembre, il protagonista in copertina è la strega che ammalia, la mitica Amelia, napoletana DOC creata dall’altrettanto mitico Carl Barks. Tra gli autori, invece, protagonisti sono i Van Horn, William ed il figlio Noel, per un totale di tre storie. Andiamo, però, con ordine ed addentriamoci nel sommario del numero iniziando dalle storie di Van Horn padre.
La famiglia Van Horn
William Van Horn, uno dei migliori autori stranieri in circolazione, è presente su questo numero con ben due storie, il cui protagonista è Anatrone de Paperoni (Rumpus McFowl), fratellastro di Paperone e creato proprio da Van Horn padre. Nella prima avventura, Zio Paperone – Un decino per i tuoi pensieri, co-protagonista è la strega Amelia, che scoperto in Anatrone il temporaneo custode della Numero Uno, cerca di sedurlo per arrivare al primo decino dell’eterno rivale. In Paperino – Tanto di cappello! Van Horn, invece, punta l’attenzione sulla bombetta di Anatrone, realizzando una divertente avventura basata sugli equivoci in cui, l’ennesima festa paperopolese, questa volta dedicata proprio alle bombette, procurerà a causa del vento non pochi problemi a due malcapitati topi d’appartamento.
In entrambe le avventure Van Horn dimostra ancora una volta di essere degno erede di Barks per le storie cittadine: puntando la sua attenzione sui difetti e sulle manie dei paperi, in pratica racconta i nostri stessi difetti e manie, aumentando, però, il rimpianto per la recente scelta editoriale della Disney Italia, che in pratica esclude la pubblicazione dell’abile cartoonist statunitense sulle pagine di Zio Paperone, rivista che, mensile o bimestrale che sia, se ne gioverebbe molto più del Mega stesso.
Noel Van Horn, il figlio, è presente sul numero 599 con una storia topolinese, Topolino in Scacco matto, in cui mette a confronto l’eroe dalle orecchie tonde con l’acerrimo nemico Macchia Nera. L’avventura risulta abbastanza semplice e lineare, senza essere di pari livello né a quelle del padre né tanto meno a quelle del suo artista di riferimento, Floyd Gottfredson: in effetti è proprio la parte grafica a saltare agli occhi, piuttosto che la storia o la trama in sé.
Tornando di corsa ad Amelia, l’amato personaggio napoletano è presente con altre due storie, Amelia e il fuoco alquanto fatuo di Frank Jonker disegnata da José Ramón Bernado, e Zio Paperone in… Profumo di strega, scritta dall’abile Geoffrey Blum per i disegni di Carlos Mota. Se graficamente le due avventure sono state affidate a due allievi di Daniel Branca, sicuramente, tra le due, Profumo di strega, anche grazie alla maggior foliazione, è la più articolata ed interessante, oltre che meno banale.
Pippoparodie: Frankenstein
Col numero 72 de Le Grandi Parodie Disney del febbraio 2000 inizia la serie delle Pippoparodie, che si conclude con la chiusura della testata, avvenuta con il numero 78. Il denominatore comune di questi sette numeri è soprattutto Pippo, protagonista di una serie di adattamenti di grandi romanzi realizzati per il mercato estero. Autori dei disegni di questa serie (ai cui testi si alternarono vari sceneggiatori, tra cui Carl Fallberg), sono Hector Adolfo de Urtiaga con l’assistenza di Ruben Nestor Torreiro alle chine. Proprio da questa serie è tratta Pippo Frankenstein, scritta da Greg Crosby, Storia in primo piano di novembre. La parodia, sulla falsa riga dei film sul mostro di Frankenstein1 è una divertente riproposizione del tema dello scienziato, in questo caso più che folle un po’ svampito e distratto, che sfida la morte per creare una nuova vita. L’avventura inizia, però, come il Dracula di Bram Stoker, con un carro che si avvicina ad un vecchio castello circondato dai fulmini in cima ad una montagna. Dal carro scende Topolino e subito il conducente cerca di dissuaderlo dall’entrare nella misteriosa dimora: malgrado ciò Topolino non cambia idea e si appresta a suonare il campanello in un’atmosfera decisamente inquietante. Il mistero ed il terrore, però, finiscono qui e vengono lasciati fuori dal portone del castello e subito Topolino viene introdotto in un ambiente assurdo ed al tempo stesso folle grazie all’assistente di Pippo, un genio ora impazzito.
Interessante, comunque, come gli autori effettivamente decidano di ambientare all’esterno le scene di terrore e di violenza, tanto che gli stessi cittadini, una volta entrati in una locanda per decidere l’assalto al castello di Pippo, si tirano subito indietro, generando l’immancabile sorriso nel lettore.
In conclusione una storia divertente e ben scritta, ma soprattutto ben disegnata da Urtiaga che, come in tutte le avventure di Pippo da questi disegnate, si sbizzarrisce realizzando tavole con vignette scontornate, che rendono al meglio l’idea del movimento dei personaggi, o con griglie in cui i personaggi sono circondati da cornici mai banali e sempre adattate all’ambiente della scena visualizzata. Il tutto in un’atmosfera che ricorda, non poco, il nostro Jacovitti.
Primo fra tutti il Frankenstein junior di Mel Brooks, datato 1974, ovvero 5 anni prima dell’uscita originale della storia – prima pubblicazione italiana su Pippo il Grande del 1983 ↩