Maurane Mazars: ricerca, introspezione, desiderio di libertà

Maurane Mazars: ricerca, introspezione, desiderio di libertà

Maurane Mazars è approdata in Italia con Dance!, pubblicato da Tunué e vincitore del Prix Révélation ad Angoulême. L’abbiamo incontrata e intervistata a Più Libri Più Liberi.

Maurane Mazars è l’autrice di Tanz!, pubblicato in Francia da Le Lombard, e vincitrice nel 2021 del Prix Révélation al Festival international de la bande dessinée d’Angoulême. La storia di Uli, giovane ballerino tedesco che, alla fine degli anni Cinquanta, si trasferisce a New York con il sogno di diventare una star di Broadway, è stata portata in Italia da Tunué per la collana Prospero’s Books.
Abbiamo avuto modo di incontrare Maurane Mazars a Roma nel corso dell’ultima edizione di Più Libri Più Liberi e farle alcune domande sul suo lavoro, su Dance! –  questo il titolo dell’edizione italiana del libro – e sui suoi prossimi progetti.
Ringraziamo Stefano Andrea Cresti per la preziosa mediazione linguistica nel corso dell’intervista.

maurane_mazars_dance_coverBenvenuta su Lo Spazio Bianco, Maurane!
Ho letto una tua intervista, rilasciata a France Info subito dopo aver ricevuto il Prix Révélation ad Angoulême. Dici che fare fumetti, oggi, fa un po’ paura e che chi fa questo mestiere soffre in un certo senso di “sindrome dell’impostore”. Cosa intendevi con queste parole?
Un po’ tutti gli artisti ne soffrono, immagino. Il punto è che ci hanno inculcato l’idea che l’arte non sia un vero mestiere, che essere un artista, un fumettista, non sia un vero mestiere. La immaginiamo quindi come una passione, in cui si accettano condizioni lavorative di fatto inaccettabili. E invece, in questo periodo storico, soprattutto in Francia, il fumetto conosce un momento di grandissimo successo. Eppure, paradossalmente,gli autori sono sempre più poveri. Per cui ci si interroga sulla questione ed è chiaro ci sono delle cose che devono cambiare.

E tra le cose che cambieresti, cosa c’è?
Ci sono dettagli e sottigliezze che non penso di essere in grado di cambiare, nella mia posizione. Ma penso che uno dei problemi, al momento, sia che ci sono troppi libri sul mercato; e, per quanto il fumetto abbia successo, l’offerta è tale che noi autori non possiamo per forza di cose vendere tutto quello che pubblichiamo. Per come la vedo io, bisognerebbe tendere a un’offerta più qualitativa che quantitativa. Forse ci sono libri che non meriterebbero di essere pubblicati, ma magari la mia è una riflessione che scade un po’ nell’elitismo. Non saprei proprio che soluzione proporre perché tutti gli autori di fumetto possano vivere del loro lavoro: ci sono tante piccole cose pratiche che potrebbero essere migliorate, come imporre una tariffa fissa sulle tavole e i diritti d’autore, magari.

Ma, quindi, nonostante tutte queste difficoltà, tu incoraggeresti una ragazza o un ragazzo che vogliano iniziare a fare fumetto? E cosa consiglieresti loro?
Penso che finché si è giovani bisogna sicuramente continuare a provarci. Tutte le professioni che siano così difficili, selettive e competitive andrebbero approcciate quando si è giovani, quando non si hanno ancora troppe difficoltà, troppe responsabilità e troppe spese a proprio carico. Quando ero alla Scuola d’Arte mi hanno sconsigliato di fare illustrazione e suggerito di intraprendere una carriera nella grafica, che sicuramente offre una professionalità più netta, più solida; ma l’ho trovato un suggerimento stupido, perché proprio quando si è giovani è il momento giusto per accettare le sfide e, se ci si rende conto di non riuscire a farcela, si è sempre in tempo e si hanno ancora le energie per rimettersi in gioco. Certo, non può funzionare per tutti, ma è il caso di provarci lo stesso!

maurane_mazars_dance_uliAllora, pensi che ci sia un limite d’età per cominciare con il fumetto o una qualunque altra professione artistica?
No no, non c’è un limite d’età. Certo, quando si è giovani è più facile perché si hanno meno spese a proprio carico, si vive con poco, non si hanno figli… È un po’ più facile essere povero! [ride]. Da giovani è più facile essere poveri, ma penso che si possa iniziare in qualsiasi momento della propria vita. L’importante, credo, sia essere sicuri di poter correre un rischio

A proposito di giovani, veniamo a Dance! Il tuo Uli è un ragazzo molto giovane, ha appena 19 anni, e va incontro alla vita entrando nel mondo della danza con passione, ma anche con un po’ di ingenuità e incoscienza che sono tipiche di quell’età…
Non direi che nel suo caso si tratti di incoscienza, piuttosto di una sorta di candore, credo. Non voglio pensare sia ingenuo: Uli è un ragazzo intelligente, che vive una realtà dura e ne è pienamente consapevole, ma decide di infilarsi un paio di paraocchi e andare al galoppo nella direzione che ha scelto per lui. Quello che Uli fa è dirigersi, in corsa, verso la gioia e la leggerezza.

Uli ti somiglia in qualche modo? Lo potresti considerare una specie di tuo alter ego?
Sì, in effetti mi somiglia molto e abbiamo tantissimi punti in comune a livello intimo. Se ci mettessimo l’uno di fianco all’altra non sarebbe evidente, ma chi mi conosce veramente si accorgerebbe subito di quanto Uli mi somigli.

Possiamo quindi dire che attraverso di lui hai voluto raccontare un po’ di te stessa e della tua storia personale?
Sì, ho voluto parlare di me e raccontare di cose che in quel momento mi toccavano. Credo che quando si è artisti si finisca inevitabilmente per parlare di sé stessi. Forse, la cosa davvero interessante di questo libro è che ho voluto usarlo per parlare di cose che mi commuovevano e mi toccavano. Come parlare di arte – non saprei trovare la parola giusta – diciamo “alta” e arte popolare. Questa dicotomia tocca molto la BD, per via dell’annoso contrasto fra letteratura e fumetto. Dance! era un’occasione per trasporre questo contrasto sul piano di un’altra forma d’arte che è la danza. Ciò mi consente di mettere le cose in un’altra prospettiva e trattare l’argomento in modo meno viscerale. E questo vale, naturalmente, anche per questioni più intime come le mie somiglianze con Uli.

maurane_mazars_dance_dancing_uliQuindi hai scelto di scrivere una storia sul mondo della danza perché è considerata un’Arte “alta”, come l’hai definita, non per tutti, o ci sono altri motivi?
È appunto questo a essere interessante: abbiamo da una parte il mondo dell’Opera e del balletto che sono considerati “cultura alta”, ma di converso ci sono il musical, la commedia musicale, il modern jazz… Io ho sempre guardato musical e mi sono sempre piaciuti moltissimo, ma a volte mi viene il dubbio che non fosse “serio” come tipo di musica o di danza e coreografia, forse perché considerati puro intrattenimento, per lo più leggero e divertente. In realtà non è così: tutte le forme d’arte sono legittime, anche se “popolari”, purché facciano piacere a chi ne gode. Io ho imparato tantissime cose sui musical a livello teorico, sulla loro storia e le loro origini. A volte non ci rendiamo conto di quanto sia un’arte complessa e profonda e con una forza espressiva e una legittimità che non possono essere messe in discussione.

Toglimi una curiosità… Leggendo Dance!, non ho potuto fare a meno di pensare a un film che è considerato un cult: Billy Elliot. Se lo hai visto, ti ha in qualche modo ispirato per la costruzione del personaggio di Uli?
Sì, l’ho visto molti anni fa! Non che, quando ho iniziato a scrivere il libro, avessi in mente Billy Elliot, anche perché non lo ricordavo molto bene. Poi, mano mano che andavo avanti, me ne sono ricordata e ho deciso di rivederlo. E allora mi sono resa conto di quanto la prima ora di quel film sia straordinaria e di quanto sia incredibile il contrasto fra il mondo degli scioperi dei minatori nel Regno Unito del 1984 e questi momenti di danza super naïf. Devo ammettere che, la prima volta che l’ho visto, il finale del film non mi era sembrato così forte, ma credo che la mia fosse una reazione dovuta a una certa forma di snobismo, forse perché la parte iniziale è molto tesa e dura e poi quella tensione si stempera. Ma magari è un bene, è positivo che non sia sempre tutto terribilmente drammatico. E in Dance! si trova un po’ questo: il mondo della critica è attratto da tutto ciò che è drammatico e giudica con più superficialità tutto ciò che non lo è, considerandolo “meno serio”.

Veniamo all’ambientazione storica del tuo libro: gli Stati Uniti alla fine degli anni Cinquanta. A un pubblico più sensibile alle tematiche che affronti in Dance! come in altri tuoi lavori non saranno sfuggite le motivazioni della tua scelta, ma vorrei le spiegassi ai nostri lettori.
In un primo momento confesso che la motivazione era sostanzialmente estetica: era un periodo che mi piaceva. Ma la verità è che è stata quella l’epoca d’oro delle commedie musicali e del musical. La stessa Pina Bausch, che è stata per me di grande ispirazione, si era trasferita in quel periodo a New York, e in quegli anni i miei coreografi preferiti – Jerome Robbins, Jack Cole e Bob Fosse su tutti – erano attivi sulla scena americana. Sono arrivata a questa pagina di Storia partendo dalle mie ricerche in campo artistico ed è così che ho scoperto che negli anni Cinquanta, negli USA, c’erano già movimenti per i diritti civili degli afroamericani, che iniziavano a farsi strada le prime organizzazioni per i diritti degli omosessuali, come la Mattachine Society (cosa che non sapevo), e ho scoperto bellissime storie femminili e di rivendicazioni femministe che mi hanno ispirata per costruire il personaggio di Patty.

mauran_mazars_dance_danceParliamo un po’ della tua tecnica di disegno, che personalmente ho molto apprezzato e che mi piacerebbe definire pittorica. Partiamo da Uli: sicuramente gli hai regalato dei tratti inconfondibili, con la sua pelle chiarissima, i capelli rossi, le lentiggini…
Sì, è una particolarità del libro che per me è molto importante: la prima cosa che sapevo di Uli è che sarebbe stato rosso di capelli e avrebbe avuto le lentiggini. Un po’ perché lo trovo bellissimo, e poi perché credo sia un modo per rappresentare a pieno la sua effervescenza e la sua gioia di vivere. Tra l’altro, l’arancione è un colore che crea contrasto con moltissime sfumature cromatiche e crea energia sulla tavola.

Ecco, le tue tavole sono realizzate con una tecnica ad acquerello che a mio avviso ha un sapore quasi impressionista…
Caspita, grazie!

Ma è stata una tua scelta precisa, quindi la tecnica era indirizzata al risultato finale, oppure lo hai ottenuto spontaneamente nel corso del lavoro?
È il risultato di una ricerca che è ancora in corso, nel tentativo di ottenere un tratto sensibile ma allo stesso tempo dinamico. Insomma, sto ancora lavorando sul mio modo di disegnare, ma è come un imparare disimparando. Sto cercando di svincolarmi da riflessi accademici che inducono a disegnare i corpi in modo anatomicamente corretto, con le giuste proporzioni, mentre io sto cercando di liberarmi da certe indicazioni e regole, ed è difficile, perché ovviamente si incorre in un sacco di errori. È normale: quando molli il controllo ti ritrovi un po’ smarrito, no? Per cui questa tecnica mi consentiva sì di liberarmi, ma anche di ritornare sui disegni, di creare sovrapposizioni, correggere. Insomma, ho lasciato andare il controllo, ma non del tutto.

Un altro dei temi fondamentali in Dance! è quello dell’amicizia e dei legami affettivi, oltre che professionali. Tu vieni da un’esperienza di collettivo molto importante, il Casual Friday: quel momento della tua vita ti ha in qualche modo ispirato o ti è estato d’aiuto per raccontare una storia come quella di Uli e dei suoi amici e compagni di studi?
A dire la verità, non lavoro tanto bene in gruppo, preferisco farlo da sola! [ride] Ma è anche vero che essere circondata da altre persone durante i miei studi, così come nell’esperienza del collettivo, è stato per me molto formativo e utile. Do all’amicizia un significato molto importante e ho degli amici a cui tengo profondamente. Quindi sì, l’esperienza di una vita condivisa con amici e colleghi per me significa molto, ma quando lavoro lo faccio meglio se sono sola.

maurane_mazars_dance_friendsAvrei voluto infatti chiederti come riesci a conciliare il lavoro nel collettivo con la tua attività autoriale, ma mi sembra di capire che non ci sono molto punti di contatto, o sbaglio?
Diciamo che sto imparando a conciliare tutto. Da qualche mese ho cominciato a lavorare in atelier, perché prima non avevo i mezzi per potermi permettere uno studio e lavoravo da casa, e devo dire che mi fa un sacco di bene. Però con la pandemia ci siamo davvero isolati da tutto e ora è bello anche solo incontrare le persone. Tornando alla tua domanda, su come faccio a conciliare tutto, l’unica risposta che mi viene in mente è che sono semplicemente sfinita! [ride] Però è vero che lavorare nel mondo del fumetto è un contesto nel quale ci si isola tanto e ci si può ritrovare davvero soli per lunghi periodi e bisogna sempre trovare dei modi per convivere con questa condizione. Non tutti la vivono bene, questa è la verità, e infatti vedo che molte persone che escono dalle scuole d’arte si trovano un po’ a disagio con la vita solitaria del fumettista.

Ti confesso che conosco non pochi fumettisti che come te amano la solitudine e forse, con il tempo, sono diventati un po’ misantropi!
Infatti, credo che nel mondo del fumetto ci sia un sacco di gente che ha problemi a livello sociale, che soffre di ansia sociale in modo più o meno acuto! [ride]

Ma allora come vivi lo stare in fiera, a contatto con il pubblico per tante ore?
È un po’ come se avessi due facce: indosso questa maschera sociale e me la godo, ma poi ho bisogno di due giorni in cui stacco e non vedo nessuno! [ride]

Allora direi che possiamo concludere questa intervista, ma non posso lasciarti andare prima di chiederti – se puoi dircelo – a cosa stai lavorando in questo periodo…
Sto lavorando a due progetti: un libro per Steinkis, che sarà una biografia, insieme a una sceneggiatrice, e un altro che mi vedrà di nuovo come autrice completa per Le Lombard, ma che sarà un po’ più difficile da realizzare rispetto a Dance!, perché in questo lavoro l’aspetto autobiografico è ancora più marcato e toccherà temi ancora più personali. La storia si ambienterà in un universo fantastico, non proprio fantasy, ma con una grossa dose di realismo magico e mi è davvero difficile scrivere di qualcosa che non sia fermamente ancorato nella realtà. Vedremo: l’editore mi dà molta fiducia, anche se io ho un po’ paura, ma mi farò coraggio!

Intervista realizzata a Più Libri Più Liberi, il 5 dicembre 2021.

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Maurane Mazars

Maurane Mazars è nata nel 1991 a Tolone, in Francia. Dopo aver conseguito il diploma in comunicazione visiva presso la Scuola d’arte e desgin di Ginevra, nel 2015 ha ricevuto le Prix de la jeune bande dessinée de la République et canton de Genève per Acouphènes, BD in bianco e nero pubblicata nel 2017 da Editions AGPI. Nel 2018 vince le Prix Raymond Leblanc de la jeune création (BE). Nel 2021 le Fauve d’Angoulême – Prix Révélation per Tanz!, pubblicato nel 2020 da Éditions du Lombard. L’autrice affronta temi come il razzismo, l’omosessualità e la “commercializzazione” della creazione in una serie di acquerelli molto pittorici, con un tratto libero e leggero per esprimere movimento e danza, gioia e libertà.

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