Milanese, classe 1942, Marco Rota può essere considerato uno dei pilastri del fumetto Disney, nonostante il suo nome non venga immediatamente ricondotto all'Olimpo dei maestri come accade invece per artisti quali Giovan Battista Carpi, Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano e Massimo De Vita.
Un primo motivo potrebbe essere una produzione quantitativamente non molto prolifica nei primi anni di attività, dovuta alla promozione nel 1974 a art director della redazione di Topolino, ruolo che lo occupava più nella realizzazione di copertine e nella supervisione grafica dei disegni altrui che nella produzione propria. Potrebbe aver influito anche il fatto di essersi allontanato dal giornale quando nel 1988 passò da Mondadori a Disney Italia, restando in seno alla prima.
Anche il fatto che una sua decisa maturità artistica del tratto si sia sviluppata con la realizzazione di storie per il mercato danese, dopo aver iniziato nel 1992 una lunga e proficua collaborazione con il gruppo editoriale nordeuropeo Egmont, detentore dei diritti per i fumetti Disney nei paesi scandinavi, potrebbe essere una spiegazione per la fama ristretta ai soli appassionati “duri e puri”.
Eppure Rota, grazie ad una carriera particolare e alla moltitudine di esperienze attraverso cui è passato, è un autore disneyano interessante da analizzare.
Gli anni italiani
Marco Rota approda in Mondadori nel 1962 e inizia a collaborare come illustratore sulla rivista Automobili ieri, oggi, domani.
In breve passa al fumetto, disegnando tra il 1963 e il 1966 alcune storie di Superman (all'epoca noto in Italia come Nembo Kid, del quale in quegli anni la casa editrice milanese possedeva i diritti per il nostro Paese, così come delle altre proprietà DC Comics) per arrivare infine ai personaggi Disney: nel 1970 esordisce con Eta Beta e la montagna Pippo, storiella educativa realizzata per un opuscoletto speciale; nel 1973 arriva a Topolino, sul n. 900 del settimanale, con Paperino e l'arma a ripetizione su sceneggiatura di Gian Giacomo Dalmasso.
Se nella breve avventura con Eta Beta il tratto appare fortemente influenzato da quello di Giovan Battista Carpi – che non a caso aveva illustrato il primo episodio del ciclo educativo di cui faceva parte quella storia – senza riuscire però ad eguagliarne i risultati, nel tratteggiare Paperino e i nipotini si nota già una certa propensione personale: i personaggi sono contraddistinti da linee guizzanti e morbide, specialmente Donald Duck, e il tratto appare già fresco e vivace, per quanto non ancora completamente formato. Ad un approccio convenzionale per quanto riguarda sfondi e costruzione della tavola risponde con un'attenzione notevole per i comprimari d'occasione, in particolare per la figura di un paperopolese arrogante con cui Paperino si scontra nel corso della vicenda.
Negli anni successivi Rota prosegue su questa strada, arricchendo il suo stile e avvicinandolo, nel contempo, a quello dei due autori cardine del fumetto Disney, suoi ispiratori dichiarati: Carl Barks e Floyd Gottfredson, che tra gli anni Trenta e Sessanta avevano fondato le basi – estetiche e contenutistiche – rispettivamente dell'universo dei Paperi e di quello di Topolino & company.
In generale, però, l'artista ottiene i suoi migliori risultati con la metà “beccuta” del cielo disneyano: il suo modo di disegnare Topolino, specialmente nei primi anni di attività, non raggiunge mai risultati di particolare rilievo, apparendo gommoso e poco naturale. Fanno eccezione le illustrazioni di copertina, forse perché il contesto giustifica maggiormente una certa fissità del soggetto. Bisogna aspettare i tardi anni Ottanta per avere un buon Mickey Mouse rotariano, nella saga Mundial Story sceneggiata da Massimo Marconi in occasione dei Mondiali di calcio del 1986.
È con i Paperi che il disegnatore eccelle fin da subito, migliorando ulteriormente di storia in storia. Il tratto si fa ricercato ma non manierista, elegante e sottile, con un approccio classico allo stile disneyano senza rinunciare a un tocco personale evidente.
Con Zio Paperone e il deposito oceanico del 1974 inizia il suo percorso da autore completo, dimostrando di essere anche un valido sceneggiatore: la storia mostra gli interni del deposito di Paperon de' Paperoni divenuti smisurati a seguito di una nuova impostazione della dimora monetaria ed è caratterizzata da vignette incantevoli e visionarie, specie quando illustrano la tempesta di monete che affrontano i Paperi quando qualcosa va – ovviamente – storto. Già da questo si intuisce la sua capacità di creare una trama avvincente, non originale a tutti i costi ma decisamente suggestiva.
Occupandosi sia dei testi che dei disegni, Marco Rota realizza storie di forte impatto, unendo il fascino dell'avventura a una profonda conoscenza dei personaggi e a un disegno raffinato, che riprende con convinzione gli echi barksiani ma che li sa rielaborare in una visione personale e convincente.
Nascono così, tra il 1977 e il 1984, ottime prove come Paperino pendolare, Paperino e la palla misteriosa, Paperino e la notte del saraceno e Buon compleanno, Paperino!
Nel primo caso Rota utilizza efficacemente i meccanismi dei cortometraggi animati che vedevano al centro il papero vestito alla marinara, adattandoli al formato fumettistico solitamente più strutturato. Il protagonista, trasferitosi in campagna per la quiete della periferia, deve affrontare tutti i giorni il viaggio verso Paperopoli, ove lavora. In una metropoli che ricorda da vicino la produttiva Milano, Paperino affronta tutti i problemi tipici della vita da pendolare, dai ritardi dei treni alle carrozze stipate, dalle coincidenze da azzeccare agli imprevisti dovuti a maltempo o altro che colpiscono l'efficienza dei mezzi di trasporto pubblici. L'ironia è brillante e funziona proprio perché vicina alla realtà di molti lettori, che possono immedesimarsi nelle disavventure del personaggio.
Mentre La palla misteriosa si configura come una simpatica gag-story tutta corse ed equivoci, dove la fantasia dell'autore può sbizzarrirsi in trovate comiche e grafiche decisamente riuscite, in La notte del saraceno abbiamo atmosfere decisamente avventurose: un'incursione dei Paperi in Liguria, sulle tracce di un tesoro che i pirati saraceni avrebbero nascosto secoli prima nella località di Varigotti offre richiami alla miglior letteratura per ragazzi, che si fondono con una classica caccia al tesoro guidata da Paperone. Le vedute liguri che fanno da sfondo attivo alla vicenda appaiono fedeli a quelle originali, a dimostrazione della cura profusa verso l'ambientazione.
Significativa è infine Buon compleanno, Paperino!, nella quale si celebra Donald Duck in occasione dei 50 anni dalla sua creazione: un giornalista che parrebbe provenire dalla nostra realtà incontra e intervista il papero facendogli rievocare parte della sua biografia, in una divertente cavalcata sui generis della sua vita, anche se “unofficial” come spesso capita al mondo disneyano, in cui pochi sono i punti fermi considerabili canonici. In particolare qui viene detto che Paperone e Nonna Papera sarebbero fratelli, considerazione ancora diffusa negli anni Ottanta (e suggerita già da qualche decennio, per le storie italiane, dallo sceneggiatore Guido Martina), elemento storiografico da anni accantonato in favore del legame di “parentela acquisita” già stabilito da Carl Barks e fissato dal cartoonist statunitense Don Rosa.
Molto buoni i disegni, soprattutto per quanto attiene le inquadrature usate, immedesimando l'occhio del lettore con quello della telecamera che riprende Paperino, Paperone e Qui Quo Qua mentre si raccontano al reporter.
Mac Paperin: l'Asterix disneyano
Un discorso a parte merita, nel gruppo di storie da autore completo degli anni Settanta-Ottanta, Paperino e il Piccolo Crack.
In questa avventura del 1975 viene infatti creato Mac Paperin, comandante del castello di Malcot nell'ottavo secolo d.C. a difesa dei confini dell'antica Caledonia dalle incursioni vichinghe.
La storia, graziata da un tratteggio che restituisce ottimamente l'atmosfera brumosa delle terre scozzesi, è molto divertente: la verve comica di Rota si esemplifica nel classico espediente della truppa impreparata e inadatta allo scopo, ma si arricchisce con l'ideazione del Piccolo Crack del titolo – un energumeno che di piccolo ha ben poco, e che in realtà è un bonaccione sensibile – e nella caratterizzazione del protagonista, ironicamente rassegnato al proprio compito ingrato ma pur sempre devoto alla causa, e vagamente sbruffone negli atteggiamenti.
La storia ottiene un seguito, cinque anni dopo, dal titolo L'arrosto della salvezza, nel quale le fondamenta della saga si solidificano e dove viene introdotta Lady Paperina, fidanzata di Mac Paperin.
Dopodiché passano diversi anni prima che venga riproposto questo setting: l'autore approfitta infatti della sua collaborazione con la casa editrice nordeuropea Egmont per proporre nuovi soggetti a partire dal 1994, impostando un mini-ciclo dalla continuity blanda ma comunque sempre presente sullo sfondo.
I singoli episodi si accorciano rispetto ai primi due, nati per il mercato italiano, ma la lunghezza media si presta bene al tenore della narrazione scelta, che da un certo punto in poi guarda in parte alle avventure di Asterix e Obelix, anche per via delle strutture fisiche di Mac Paperin e Piccolo Crack del tutto simili a quelle dei due galli creati da René Goscinny e Albert Uderzo. Non solo: i combattimenti tra caledoni e vichinghi ricordano evidentemente le zuffe tra galli e romani del bédé francese, specialmente quando Piccolo Crack mostra di divertirsi un mondo a pestare i propri avversari, in maniera non dissimile da quanto prova Obelix in situazioni analoghe.
Le similitudini dirette si fermano qui, e la forza della saga di Rota sta proprio nell'aver ottenuto una sua identità precisa e indipendente, smarcandosi dal rischio di essere definita una semplice parodia di Asterix, dal quale attinge appunto solo per sommi capi e per l'atmosfera generale.
Gli anni danesi
Come accennato poco sopra, ad un certo punto della carriera di Marco Rota si affacciano la Danimarca e i Paesi scandinavi: non avendo seguito Topolino nel passaggio da Mondadori a Disney Italia, l'autore milanese trova la possibilità di continuare a scrivere e disegnare storie di Paperino e Topolino presso il gruppo editoriale Egmont.
Questa casa editrice costituisce, allora come oggi, il secondo polo di produzione disneyana inedita in Europa dopo l'Italia e si caratterizza per un approccio narrativo e grafico fortemente fedele ai modelli classici, guardando in particolare a Carl Barks: il ritmo delle storie, la loro “filosofia” e lo stile di disegno aderiscono a quei canoni discostandosene il minimo necessario, ottenendo risultati interessanti e degni di nota più sul fronte estetico che su quello delle sceneggiature, che spesso non brillano per inventiva o peccano di ripetitività.
Artisti come Daniel Branca, Vicar e Daan Jippes mostrano come, partendo da una fedeltà appassionata a quello stile, si possano ottenere risultati eleganti e in grado di distinguersi dal modello originario con esiti più che felici.
È l'ambiente perfetto per un disegnatore come Rota, che ha sempre guardato a quel tipo di segno e che in questo contesto, nel pieno degli anni Novanta e Duemila, ha modo di lavorare ulteriormente sul proprio tratto arrivando al suo stile attuale, che richiama molto Barks per quanto riguarda i visi dei personaggi (in particolare Paperone, Paperino e i nipotini) e l'uso delle silhouette in nero con cui visualizza i Paperi in alcuni frangenti, ma offrendo un approccio diverso per i corpi: rispetto al sottile segno barksiano Rota introduce maggiore sostanza nei busti e negli arti, portando a forme leggermente più tozze e compatte, con un'altezza percepita inferiore rispetto a quanto intuibile da altri disegnatori.
In questo modo l'aspetto complessivo dei Paperi è piuttosto tenero, apprezzabile nella sua morbidezza e rotondità, che si armonizza bene con le linee di occhi e becco che risultano invece più nette.
Da Barks mutua anche l'attenzione realistica per gli sfondi, che non sono mai abbozzati né mero scenario, ma godono di una certa cura e risultano funzionali all'azione, siano essi interni o panorami.
Oltre a ciò, come nota di colore, Rota infarcisce le sue vignette di tanti piccoli easter-egg, in realtà già presenti nelle sue storie italiane degli anni Settanta e Ottanta ma che in questa fase si moltiplicano: dalle proprie iniziali nascoste qua e là al Topolino in braghette rosse presente in varie fogge (giocattolo, sveglia, poster ecc), da oggetti che richiamano altre storie dell'autore ai copricapo dei personaggi principali – in particolare il berretto di Paperino – infilati sulla testolina di passerotti e uccellini vari che svolazzano in scena, sorta di simpatico marchio di fabbrica di Rota.
nfine, un cenno alla struttura delle tavole: l'impostazione è generalmente quella convenzionale, ma Rota non lesina in splash-page o quadruple d'effetto, atte ad esaltare determinate scene cardine della narrazione. Nella scansione delle vignette, inoltre, l'artista ama “stondare” uno dei bordi di alcune vignette, guadagnando più spazio in una e togliendolo a quella adiacente, spesso per sottolineare meglio un movimento o per gestire diversamente gli spazi; spesso accade nel riquadro centrale in una riga da tre, per focalizzare l'attenzione su quel punto e farvi cadere istintivamente l'occhio, e in quel caso sono entrambi i lati ad allargarsi, rendendo la vignetta una sorta di ovale.
Diversi accorgimenti che diventano ricorrenti segnali di stile degni di nota.
In Egmont Marco Rota disegna molto su testi altrui, illustrando storie per esempio di Paul Halas e dei coniugi Pat e Carol McGreal, ma ha modo di continuare in maniera marcata anche la propria attività di sceneggiatore, sviluppando in alcuni casi il soggetto ideato da un altro storyteller.
Si tratta perlopiù di racconti in cui è la commedia a farla da padrona, ma non mancano anche esempi più avventurosi.
Nel primo blocco si possono inserire a titolo di esempio Quanto la Terra fu messa alla prova, Gli aiutanti di Babbo Natale, La casa degli Hada e Cuori bollenti: tutte sulla dozzina di pagine, vedono Paperino alle prese con improbabili invasioni aliene, con la distribuzione dei doni di Santa Claus insieme al Coniglio Pasquale (!), con uno pseudo-horror e con un'incomprensione sentimentale tra lui e Paperina. Trame semplici ma genuinamente divertenti, che ancora una volta sanno riproporre il ritmo dei cortometraggi cinematografici degli anni Quaranta con un andamento leggermente più impostato e che dimostrano quanto l'autore sappia usare bene un personaggio solo apparentemente facile da scrivere.
Nel secondo blocco possiamo citare L'ultima diligenza per Tucson, Zio Paperone: ma cosa succede?, L'isola del vecchio Jack e Il popolo talpa.
È il papero più ricco del mondo al centro di queste trame: nel primo caso racconta un episodio dalla sua rocambolesca giovinezza, nel secondo si ritrova faccia a faccia con la sua vecchia fiamma dei tempi della corsa all'oro in una situazione straniante, nel terzo cerca di impossessarsi di un tesoro piratesco e nell'ultimo incappa in una civiltà sotterranea.
Tutte storie efficaci pur nella loro semplicità, dotate quasi sempre di un guizzo che le contraddistingue permeandole di un certo fascino.
Rota sembra quindi aver trovato il miglior contesto in cui operare, sviluppando il suo disegno e contribuendo in diverse occasioni anche alle sceneggiature.
Parallelamente, tra il 1995 e il 2008 disegna tutte le copertine e le quarte di copertina del mensile italiano Zio Paperone (dal n. 70 al n. 216), rivolto principalmente al pubblico più esigente dei collezionisti e cultori di fumetto Disney: ognuna di queste illustrazioni – quasi tutte di grande gusto e qualità – è dedicata a una delle storie contenute nel numero relativo, e non di rado si tratta di un'opera dello stesso Rota, uno degli artisti maggiormente valorizzati dalla testata proponendo moltissime sue storie egmontiane in prima assoluta per l'Italia.
Ritorno a Topolino
Con l'arrivo dell'autunno 2019, il direttore di Topolino Alex Bertani annuncia in uno dei suoi editoriali che presto sarebbe stato pubblicato un inedito assoluto di Marco Rota, una sua storia rimasta nel cassetto che, su invito del direttore stesso, l'artista ha ripreso in mano e concluso insieme al figlio Stefano.
Presentata, in anteprima a Lucca Comics, su Topolino #3337, Ingorgopoli – La città dell'ingorgo(ne parla qui e qui il blog Al caffè del Cappellaio Matto sul nostro blog-network) continuo ricalca un topos dell'autore: inserire Paperino in una situazione densa di potenziali contrattempi e vedere come se la cava nel subirli.
Con il protagonista bloccato tra le superstrade di una metropoli contraddistinta fin dal nome dal traffico perenne, il primo parallelo che viene in mente è con Paperino pendolare, ma anche con la storia per il mercato danese Moderno cavaliere, che presentava un Donald alle prese con la guida in mezzo a mille insidie stradali.
Ingorgopoli segue quel modello: a bordo della fedele 313, Paperino deve attraversare la città per recuperare un contratto di lavoro su incarico del ricco zio.
La prima tavola, con 7 strisce molto strette che si allargano man mano, e la seconda costituita da una splash-page con punto di vista in prima persona del mare di automobili che si staglia dinnanzi a Paperino, sono il simbolo di un estro grafico sempre attivo e mai pago, così come la cura per i dettagli nel visualizzare arterie stradali, palazzi e vari elementi che contraddistinguono l'ambientazione cittadina.
La trama, più esile che mai, è sostanzialmente un pretesto per la sequela di gag ad alto tasso di sfortuna e guai che investe il povero guidatore, spesso effettivamente simpatiche. Il ritmo, invero, non sempre rimane adeguato e soprattutto il finale a cui perviene la storia non soddisfa, ma il fatto che il settimanale Disney voglia riportare con determinazione sulle sue pagine un artista come Marco Rota è un buon segno, anche dal punto di vista strettamente visuale: offrire ai lettori più giovani un disegno dal sapore vintage – ma assolutamente godibile e funzionale – aumenta la varietà e riaggancia il giornale a una classicità che troppo spesso viene facilmente accantonata.
Dalle parole di Bertani intuiamo che Ingorgopoli non sarà un unicum, e infatti da novembre in poi sta pubblicando sul “Topo” diverse storie estere disegnate da Rota tra quelle ancora inedite in Italia, per riabituare il pubblico al suo stile in vista di nuovi progetti realizzati appositamente per il nostro Paese come accadeva quarant'anni fa.