Malloy, gabelliere spaziale è l’ultimo capitolo della collaborazione fumettistica tra il fumettista Simone Angelini (Pescara, 1980) e lo scrittore Marco Taddei (Vasto, 1979). Una collaborazione iniziata con i racconti di Storie brevi e senza pietà (2012, Bel-ami edizioni), che hanno avuto un sequel nel 2013 e una traduzione inglese nel 2014 (per Tinto Press). Ma è stato con il loro primo romanzo, Anubi (2015, Grrrz Comic Art Books) che la coppia si è imposta vincendo il premio dei lettori di XL di Repubblica, e il Carlo Boscarato al Treviso Comic Book Festival, nel 2016.1
Malloy era già apparso in un breve racconto a colori, di sedici pagine, pubblicato sull’antologia B Comics (2014, Ifix), ma viene qui reso protagonista di un intero romanzo, per una major italiana come Panini Comics. Primo fra i gabellieri spaziali, i riscossori d’imposte di un grigio imperatore-burocrate, questo campione dell’Equitalia interplanetaria si trova incastrato in una immancabile congiura di corte, dove per difendere il sovrano – cui è fedelissimo – è costretto a recarsi sulla Terra, eden dell’evasione fiscale, per esigere l’enorme credito dal governo terrestre, ultimo sistema democratico dell’universo.
Anubi era ancora una storia che, sia pure sotto la metafora originale del dio egizio decaduto, trattava comunque in un ferreo bianco e nero di temi ampiamente diffusi nel fumetto italiano autoriale degli ultimi anni: il rapporto con provincialità, la mediocrità, il non senso esistenziale. In Malloy invece gli autori affrontano, in una dimensione ampia, un caustico affresco sociale.
Tra le loro fonti, essi dichiarano un rimando alla fantascienza e alla grafica sovietica (Come dichiarato in questa intervista su Fumettologica), ma il cosmo caotico e demenziale messo in scena ricorda comunque quello degli autostoppisti di Douglas Adams (e, perché no, degli Astrostoppisti di Alfredo Castelli), anche se il fondatore letterario di questa fantascienza surreale, cinica e disincantata è Fredric Brown, da Assurdo universo (1949) in poi; restando nell’ambito del fumetto viene da pensare al cosmo dell’Incal di Moebius e Alejandro Jodorowski, che sviluppano tale tema in modo profondamente diverso (anche se il Paravatz, l’imperatore galattico, ricorda nel nome qualcosa del Prez). Sempre a livello fumettistico il modello iniziale è comunque Jeff Hawke di Sydney Jordan, in particolare nel ciclo legato al triste burocrate spaziale Kolworok, perennemente gabbato dal bandito stellare Calchedon, mentre restando in Italia non possiamo fare a meno di pensare alle avventure spaziali dello Joe Galaxy di Massimo Mattioli, anche se più incentrate sulla pura comicità.
Malloy è impreziosito da una scrittura barocca, volutamente sovraccarica, con la ricerca da parte di Taddei di un effetto desueto soprattutto nei dialoghi ricercati e spesso comico-aulici. Nella prima parte prevale un divertissment più puro, mentre dopo la caduta sulla Terra diventa predominante la metafora sociologica.
La mitologica “ultima democrazia” si rivela in realtà un inferno di alienazioni, allegoria abbastanza lampante del nostro presente, con forse un po’ di didascalismo di troppo: i molli ribelli coi nomi dati dalle multinazionali del passato (riecheggia Infinite Jest di David Foster Wallace), gli schiavi lobotomizzati dal sistema consumistico giunto al suo estremo, il Club Bilderberg con le sue infinite scatole cinesi di potere, l’oro e la merda.
La narrazione si risolleva nell’accelerata finale, nell’interminabile scala di gerarchie occulte che Malloy risale una dopo l’altra, con un effetto straniante genuinamente disturbante e angoscioso. In questo senso, la chiusura conciliatoria, con uno dei più classici espedienti narrativi del mondo (certo, usato con una certa ironia, ma comunque utilizzato) è forse, di nuovo, meno efficace della pura caduta nella follia cui ci aveva accompagnato la svolta precedente.
Sotto il profilo dei disegni, il segno di Angelini si dimostra veloce ed efficace, grazie anche a colori sgargianti e seducenti e un montaggio altrettanto semplice, rapido ed efficiente: dopo un bell’inizio con pagine a loro modo abbastanza sperimentali, si privilegia la forza comunicativa di una griglia di vignette squadrate, a prevalente taglio verticale, e resa ariosa da frequenti splash page. L’autore dichiara tra le sue fonti solo la ripresa diretta di autori del passato senza particolari mediazioni successive, tra cui il Chester Gould di Dick Tracy; volendo forse in certe cose si potrebbe leggere un riferimento a Daniel Clowes.
Nel complesso, quindi, un fumetto comunque molto interessante, un’opera brillante che cerca di coniugare una ricerca personale a tratti spiazzante con un divertissment in grado di sedurre un pubblico potenzialmente ampio, fuori dalle secche di un prevalere di un intimismo provinciale tra il melanconico e il sarcastico, ma a volte ormai un po’ asfittico.
Abbiamo parlato di:
Malloy – Gabelliere spaziale
Simone Angelini, Marco Taddei
Panini Comics, 2017
200 pagine, cartonato, colori – 19,90 €