Gianfranco Manfredi, nei più di 90 numeri di Magico Vento (Sergio Bonelli Editore) da lui solo ideati e sceneggiati, ci ha raccontato la storia del West, nella seconda metà dell’Ottocento, con un taglio originale, alla ricerca di un equilibrio efficace tra verosimiglianza storica, avventura e psicodramma. In un intreccio continuo di generi, che ha toccato e reinventato il giallo, l’horror, il western, l’avventura, il thriller politico, l’autore ha creato intorno ai protagonisti di sempre Magico Vento (Ned Ellis) – sciamano bianco Sioux – e Poe (Willy Richards) – giornalista scomodo e alla ricerca della verità – uno scenario corale fatto di personaggi più o meno importanti, difficilmente collocabili moralmente, tridimensionali e vivi; uno scenario in continua evoluzione che si confronta apertamente con le vicende e gli uomini reali che hanno fatto la Storia di quel mondo e di quell’epoca.
è quasi naturale quindi l’arrivo a quella che per lo sceneggiatore e il suo ottimo gruppo di disegnatori si rivela essere una vera e propria sfida creativa, che ha l’ambizione di raccontare per intero la guerra per le Black Hills; laddove la storia diventa il contesto per le gesta di piccoli e grandi protagonisti, dove i grandi eventi che tutt’oggi sono raccontati, studiati e narrati, si intrecciano con i destini semplici e tragici di donne e uomini dimenticati, immaginati, verosimili.
Nell’intervista esclusiva che segue, Manfredi ci offre il suo punto di vista sulla Storia, ci parla del grosso lavoro di ricerca storiografico che lui e i disegnatori hanno affrontato per costruire questa saga in cinque parti (dal n. 97 al n. 101) e ci suggerisce perché quelle vicende apparentemente lontane possono essere un modo efficace e attuale per parlare al lettore contemporaneo italiano.
Partiamo dall’inizio. Da dove ti è nata l’ambizione di raccontare in un fumetto la storia della Guerra per le Black Hills?
Beh, avendo progettato un fumetto sui Sioux e in particolare in quegli anni, era ovvio che avrei raccontato la Guerra per le Black Hills. Al principio non pensavo di raccontarla tutta, ma di limitarmi al Rosebud (battaglia poco raccontata, ma molto importante) e al Little Big Horn (un classico da cui non potevo certo prescindere), poi mi sono appassionato allo studio delle cronache e dei memoriali dell’epoca e mi sono reso conto che avrei dovuto raccontare l’intero arco della guerra, anche per farne capire meglio il senso. Non si può raccontare una guerra durata due anni sulla base di due sole battaglie, per quanto decisive.
Entriamo un po’ nel particolare, cosa ci puoi dire della trama e delle vicende che coinvolgeranno i protagonisti della serie?
Non voglio fare riassunti perché immiseriscono sempre le trame, che sono per fortuna più ricche del nudo plot o degli spunti di partenza. Avviandosi al numero 100 volevo pero’ chiudere una serie di storie individuali rimaste aperte e ripresentare personaggi della serie, pensati da me anche in vista della guerra. Ne cito uno per tutti: il guerriero Pioggia-in-Faccia che i lettori hanno conosciuto in un episodio doppio (77-78, nel quale erano in scena anche il Generale Custer e suo fratello Tom, era rimasto in sospeso. Si trattava di un episodio storico che è stato in qualche modo una premessa rispetto quanto accaduto poi al Little Big Horn, battaglia cui partecipo’ Pioggia-in-faccia. Dunque il racconto andava concluso.
Nel corso dell’ultimo anno di storie hai lavorato per costruire le premesse di questa saga. In particolare per giustificare in modo verosimile la partecipazione di Magico Vento e Poe alla vicenda. Come sei riuscito a integrarli nella storia? Come hai affrontato il rischio che gli avvenimenti fossero troppo grandi per loro e che fossero relegati a semplici spettatori?
So che molti sceneggiatori trovano difficoltà con i personaggi storici, nel timore che possano oscurare i protagonisti inventati. Ma un personaggio storico (che certamente ha un carisma che va rispettato) quando entra in una storia di fantasia in larga misura diventa un personaggio inventato anche lui. Basti pensare ai tanti Napoleone del cinema, alle tante vite private di personaggi illustri del passato, raccontate con libertà, pur nel rispetto di alcuni dati biografici fondamentali.
Inoltre bisognerebbe pensare a una storia non come a una competizione tra personaggi, dove necessariamente il più famoso dev’essere più importante o più bravo del protagonista inventato. Non c’é alcun obbligo a raccontare così. Certo va disegnato un ruolo al proprio protagonista che non vada a collidere con quello del personaggio storico: è ovvio che se è Toro Seduto ad avere il comando, Ned non può sottrarglielo. E lo stesso vale per Ned rispetto a Cavallo Pazzo. Allo stesso tempo proprio perché il ruolo di Ned è più defilato rispetto al comando della battaglia, può brillare di più il suo ruolo da sciamano, il fatto che Ned segua anche piccole storie private, di singole persone, nel gran bailamme della guerra.
Oggi si tende a pensare (ma è una patologia della nostra epoca) che o si è dei numero uno o ci si deve rassegnare a un ruolo, per di più servile, di spettatori. Per fortuna la realtà non è e non sarà mai questa. La vita è plurale. Se uno scrittore la vuole in qualche modo rappresentare deve sempre offrire un arco di opzioni più ampio possibile.
Nel numero 91 (“I misteri di New York”) vediamo tornare Hogan, nemico giurato di Magico Vento. Un ritorno inaspettato anche per le sue condizioni di salute, decisamente migliori del previsto. E lo vediamo fare quello che gli riesce meglio: tramare all’ombra di qualche politico. Avrà un ruolo nelle storie di cui stiamo parlando? O lo vedremo di più dopo il numero 101?
Hogan un ruolo ce lo avrà, ma occulto. Lo rivedremo dopo, in un altro ciclo di episodi (102/104) che riprende tutto il filone della Volta Nera e degli Antichi con uno sviluppo decisamente lovecraftiano. È un ciclo che sto finendo ora di scrivere e di cui sono orgoglioso come di quello “storico”. Anche qui ho tentato una strada molto nuova e impegnativa, cioé mostrare come il mondo fantastico di Lovecraft sia intrecciato con le storie e le leggende del Rhode Island, lo stato di Providence, città natale di Lovecraft stesso.
Passiamo alla parte realizzativa della saga. Come ti sei documentato per approfondire la storia di questi anni? Da quanto tempo la stai studiando e analizzando?
Ci sono alcuni testi fondamentali e molti continuano a uscirne. Quel periodo, anche se nasconde ancora parecchi misteri e questioni irrisolte dagli storici, è uno dei più documentati della storia degli Stati Uniti. Sergio Bonelli aveva molto materiale che ho potuto consultare fin dal principio della serie, poi nel tempo molto altro materiale me lo sono procurato io, e ho persino avuto l’aiuto di qualche lettore che è stato sui luoghi e mi ha mandato fotografie e altra documentazione. Un lettore mi ha inviato un documentario sul Little Big Horn realizzato di recente e con i dati più freschi della ricerca archeologica sul posto, ricerca che ha portato a risultati molto importanti e nuovi: per esempio si è appurato dall’esame degli scheletri ritrovati sul terreno, che i soldati di Custer erano molto più giovani di quanto non si pensasse abitualmente, quasi dei ragazzini, e che i veterani avevano quasi tutti malattie croniche e gravi disagi alla spina dorsale a causa delle lunghe cavalcate. Questi aspetti umani mi interessano di più che la ricostruzione della meccanica della battaglia in sé e per sé. Un conto è visualizzare nella propria immaginazione delle persone fisiche, reali, tutt’altro conto è cercare di dare corpo a delle frecce direzionali di tutti i colori che si intrecciano su una mappa per illustrare i movimenti dei contendenti.
Nel corso dell’ultimo anno, la consequenzialità delle storie è stata meno incalzante, anche per facilitare il lavoro dei disegnatori e rendere meno strette e vincolanti le scadenze. La corsa al numero 100 prevede invece un processo creativo molto diverso. Come sono andate le cose? C’é stato qualche imprevisto? Sei soddisfatto al cento per cento di quanto realizzato?
Al momento, il lavoro dei disegnatori è ancora in corso. Le tavole che ho visto finora sono molto belle. Sono consapevole di aver chiesto loro delle cose molto difficili. Si trattava di disegnare per ogni numero decine di tavole di azione, spesso azione convulsa, di massa, ma che non perdesse contatto con i singoli personaggi raccontati. Per di più le storie (per un totale di cinquecento pagine) sono tutte legate, per cui certi personaggi (anche nuovi) tornano da una storia all’altra e bisogna renderli omogenei. Spesso a un disegnatore capita di dover sviluppare un personaggio presentato prima da un altro e magari solo in un paio di vignette. Quindi sono costretti a coordinarsi. Infine ho allegato alle sceneggiature una mole pazzesca di documentazione visiva, in questo caso estremamente necessaria perché volevo che i paesaggi non rischiassero di sembrare tutti uguali e dunque ho accluso molte foto dei luoghi reali delle singole battaglie, e anche fotografie storiche della campagna di Crook. Io stesso ho scritto le scene sulla base di questa documentazione iconografica.
Approfondiamo il lavoro che hai fatto con i disegnatori. La saga è composta da 5 capitoli, ognuno realizzato da un disegnatore diverso (in ordine: Perovic, Frisenda, Ramella, Parlov, Biglia&Talami). Come hai lavorato per dare omogeneità alla storia, pur nella diversità degli stili grafici dei disegnatori? Quali criteri hai usato per affidare le singole storie a ognuno di loro?
Non ho scelto i disegnatori con un criterio particolare, visto che li apprezzo tutti. Se qualcuno non ha potuto far parte del ciclo è solo perché era impegnato con altri episodi della serie (per esempio Barbati che sarà impegnatissimo alle matite del ciclo successivo, quello lovecraftiano).
Trovavo giusto, anche a titolo onorifico, che fosse Bruno Ramella ad occuparsi del Little Big Horn, perché Bruno è stato l’iniziatore della serie e il creatore grafico del personaggio di Ned ed è tutt’ora il disegnatore che più si fa carico della gestione della serie, anche assumendosi compiti spesso ingrati, come ad esempio rifinire i disegni di chi è entrato da poco in Magico Vento e non ha ancora acquisito dimestichezza. E trovavo giusto che fosse Goran Parlov a fare il n.100 a colori, perché il suo stile (che non presenta violente alternanze di bianco e di nero) si presta di più alla colorazione. Quanto a Perovic e Frisenda, hanno anche loro di che sfogarsi, per la spettacolarità epica delle loro storie, e infine Biglia&Talami che chiudono il ciclo, potranno eccellentemente usare una certa loro “delicatezza” per rappresentare al meglio l’epilogo davvero struggente del ciclo, cioé la sconfitta indiana e l’uccisione di Cavallo Pazzo.
Il numero 100 non sarà la conclusione della vicenda, che avrà il vero epilogo nel 101. Ad eccezione dei “soliti” colori, cosa renderà speciale il numero celebrativo?
Anzitutto il fatto che a differenza del solito (in genere il n.100 è un numero a se stante, una specie di celebrazione, appunto) il n.100 fa parte integrante di un ciclo narrativo che si conclude nell’albo successivo. Inoltre questo numero presenta in contemporanea l’andamento della guerra dopo il Little Big Horn, e l’uccisione di Wild Bill Hickok, a Deadwood. Questi due eventi di solito sono stati raccontati separatamente. Raccontarli in parallelo e con i giusti collegamenti tra loro, all’interno di un unico contesto, aiuta anche a farli comprendere meglio.
Come cambieranno Magico Vento e Poe dopo la devastazione di questa guerra?
Dovranno entrambi fronteggiare una grande delusione (visto che vanno incontro a una dura sconfitta) e molte complicazioni. Ned in particolare, avendo partecipato alla guerra dalla parte degli indiani, sarà ricercato dall’esercito con l’accusa di tradimento. Poe perderà l’appoggio dei servizi segreti perché il suo amico Senatore Fulton darà le dimissioni e in seguito, dopo l’elezione del nuovo presidente americano, il comando dei servizi passerà… a mani molto meno amiche, diciamo così.
Perché credi che questo scenario storico sia stimolante per una serie a fumetti?
Tutti gli scenari storici sono stimolanti. So benissimo che i lettori seguono preferibilmente e forse anche più volentieri storie di ambientazione contemporanea, perché a questo sono stati abituati del cinema più recente e soprattutto dalla televisione. D’altra parte da qualche anno la situazione sta cambiando: i romanzi e i film storici, che avevano conosciuto un forte declino negli anni 80, sono tornati ad attirare pubblico. Credo che ci si stia rendendo conto che la Storia non è qualcosa di distante, che dunque non ci appartiene più, ma che invece se ci rifiutiamo di conoscerla perdiamo non tanto “memoria” , ma consapevolezza rispetto a come siamo fatti, al nostro stesso essere contemporanei. Ciascuno individuo è all’ottanta per cento eredità, solo il venti per cento è frutto “originale” del mix genetico e del “nuovo” ambiente in cui l’individuo si trova a crescere (e sto largheggiando nelle percentuali).
Senza conoscere il passato (a partire da quello dei nostri nonni e bisnonni) semplicemente rinunciamo a conoscere noi stessi, oltre che la situazione storica che ha condotto al presente e che spesso si ripresenta ciclicamente. Per non andare troppo sul teorico, faccio un esempio. Nella saga a un certo punto racconto anche delle elezioni americane del successore del Presidente Grant. In quella storica elezione, il candidato democratico Tilden ottenne la maggioranza dei voti popolari, ma nella distribuzione per Stati, diversi Stati restarono in ballottaggio e non assegnati (tra questi la Florida e l’Ohio), con accuse reciproche di brogli. Per molti giorni non si seppe chi avesse vinto, finché una commissione nominata ad hoc assegno’ la vittoria al repubblicano Hayes. Vi ricorda niente questa storia?
Da un punto di vista, per così dire, morale, che lettura cerchi di dare di questa vicenda? Non credo sia facile trovare un equilibrio tra un approccio eccessivamente epico ed uno eccessivamente melodrammatico.
Non sono certo di aver compreso bene la domanda. Se intendi che “epico” e “melodrammatico” siano opposti, non sono d’accordo. Non vorrei fare citazioni a sproposito, ma “Senso” di Visconti è sia epico che melodrammatico.
A me poi piace il dramma, ma il “mélo” non molto, perché tende al cattivo gusto e a forzare i toni emotivi al di là del rispetto che bisogna avere per il dolore (che è esperienza tra le più “vere” e non tollera abusi di “finzione”). L’equilibrio è da trovare piuttosto (ma forse la intendevi proprio così) tra il racconto di una storia collettiva, e i destini dei singoli individui. Su questo ho corso meno rischi, perché io cerco sempre di raccontare ogni storia come una storia di personaggi, e non considero i personaggi come pedine da manovrare per pura opportunità o convenienza.
Cosa pensa Bonelli di questa mini impresa editoriale, di questa sfida? Come accolse la proposta all’inizio?
Una cosa che apprezzo molto di Bonelli, nei miei confronti, è che non mi chiede mai a priori dove voglio andare a parare. Quando si discute delle mie storie, lo si fa a storia già scritta e disegnata. Cioé di base c’é una fiducia professionale.
Bonelli sa che se m’imbarco in un’impresa difficile, quando potrei cavarmela molto più facilmente, non è per velleitarismo, ma semplicemente perché mi sento di buttarmici. Poi non sempre si coglie il segno, si sa… io pero’ per scrivere devo sentire un po’ di entusiasmo e avere fiducia di poter esprimere qualcosa di nuovo (non dico in assoluto, almeno rispetto a quanto io stesso ho fatto in precedenza, altrimenti sceneggiare diventa un lavoro di una ripetitività letale).
Come cambierà la serie dopo questa saga? Quali nuove sfide creative ti attendono?
A questo ho già in parte risposto sopra. Per il resto non credo sia bene anticipare troppo il percorso di Magico Vento, al di là del 2006. Non che io non abbia un programma in testa, ma si tratta di linee guida molto generali, che di solito mi piace cambiare in corsa. Il bello di Magico Vento è che a volte prende delle pieghe di cui sono il primo a sorprendermi.
Qualche sfida creativa me la riservo anche per campi diversi dal fumetto. A settembre uscirà il mio nuovo romanzo, molto diverso da quelli da me scritti finora. Inoltre sto da tempo lavorando, con grande soddisfazione, insieme a un mio amico regista, a un film horror piuttosto originale (già realizzato in parte) e sto anche per incidere una canzone per un CD prodotto da Ricky Gianco contro la legge Fini sulle droghe, che suppongo uscirà entro l’anno, forse anche prima dell’estate. Queste sono le cose più immediate. Ne sto preparando altre, che avranno pero’ una gestione più lunga, dunque è prematuro riferirne.
Ah, dimenticavo. A una cosa tengo particolarmente, perché l’ho fatta ad uso dei lettori. Da marzo sul mio sito ho cominciato a pubblicare un Corso di Sceneggiatura cinematografica, totalmente gratuito, dedicato agli aspiranti sceneggiatori, ma anche ai semplici appassionati di cinema. Per me è un modo per rinfrescarmi le idee, per gli altri, tutti coloro interessati alle tecniche drammaturgiche in particolare, spero possa risultare uno strumento utile.
I titoli e i disegnatori dei cinque numeri della saga:
in uscita a giugno: n.97 LA GUERRA DI TORO SEDUTO disegni Darko Perovic
in uscita a luglio: N.98 ROSEBUD disegni Pasquale Frisenda
in uscita ad agosto: n.99 MORTO IL 25 GIUGNO disegni Bruno Ramella
in uscita a settembre: n.100 IL CREPUSCOLO DEGLI EROI disegni di Goran Parlov (a colori)
in uscita a ottobre: n.101 BANDIERA BIANCA disegni di Talami e Biglia
Tutte le copertine sono realizzate da Corrado Mastantuono
Collegamenti:
www.gianfrancomanfredi.com
www.sergiobonellieditore.it