Una bambina che, nella notte, sente rumori provenire da dentro i muri di casa; il suo maialino di pezza rosa, che, come lei, pensa che siano i lupi a provocare quei rumori; i suoi familiari, che negano possa trattarsi di lupi, perché “Si dice che se i lupi escono dai muri è finita”. E poi, ancora: volti dei personaggi come di burattini di legno; occhi ridotti a cerchi neri, sempre spalancati; una casa dagli interni inondati di luce calda, ma sottilmente inquietanti.
Ecco, questi sono gli ingredienti di partenza di questa vicenda raccontata da Neal Gaiman: si possono immaginare elementi più classici, più rigorosi, per costruire una storia d’orrore per bambini?
Anche i rapporti fra Lucy, la bambina protagonista, ed i familiari sono esemplari: non solo i familiari si rifiutano di credere (da il cui senso di abbandono di fronte al pericolo), ma, addirittura, protestano con ostinazione quell’obiezione inquietante (“Si dice che se i lupi escono dai muri è finita”), che introduce uno straniamento irreversibile. Straniamento che nasce dal fatto che quella dei familiari è la confessione di una rimozione: non possono essere i lupi responsabili di quei rumori di trambusto ed animazione […] furtivi, striscianti, graffianti che Lucy sente nella notte, perché, nel caso, non ci sarebbe nulla da fare. Come può, una simile spiegazione, rassicurare?
Queste parole confermano semplicemente che anche gli altri provano lo stesso terrore di Lucy, ma non sono nemmeno capaci di ammetterlo con se stessi. E sarà questa loro incapacità a spingere, anzi costringere, Lucy a farsi carico, nello svolgersi della vicenda, del destino della famiglia: sarà infatti Lucy a trascinare genitori e fratello nella lotta per il possesso della casa.
Loro, i familiari, sono rassegnati, ed ancora se ne escono con dichiarazioni surreali, attorno ad un fuoco improvvisato nel giardino:
“Potremmo andare a vivere su un’isola deserta” disse suo padre.
“Potremmo vivere su una mongolfiera” disse la mamma.
“Potremmo vivere in una casa in cima a un albero altissimo” disse suo fratello.
“Oppure potremmo tornare a vivere nella nostra casa”disse Lucy.
In questo senso, Lucy subisce un tradimento della propria fiducia e si trova ad interpretare un ruolo che non le compete, a supplire al vuoto che si apre intorno a lei ed alla famiglia. Ed è questo senso di abbandono il tratto più inquietante della vicenda; più ancora della scoperta che, in fondo, quei lupi non sembrano poi così diversi dagli umani (anzi, ad essi così simili da offrirsi come possibili identità disvelate dei personaggi umani).
L’atmosfera sospesa in cui la vicenda si svolge è perfettamente trasmessa da Dave McKean, che crea tavole di impatto e suggestione immediati; particolarmente efficace è la diversa rappresentazione dei tre ambienti in cui si dipana la vicenda: la casa abitata dagli umani; la casa abitata dai lupi; il giardino dove gli umani si rifugiano. In particolare, i toni blu del giardino notturno si contrappongono ai toni caldi, sebbene inquietanti, degli interni della casa, indicando lo stato di sconforto e smarrimento della famiglia. Così, il contrasto fra la consistenza lignea dei corpi umani e quella dei corpi lupeschi, aumenta il senso di reciproca alienità. Gli umani sembrano incarnazione della paura e dell’insicurezza, mentre i lupi sembrano incarnare una sorta di selvaticità primitiva, che, insediatasi nella casa degli umani, sfugge a qualsiasi autocontrollo.
In conclusione, I lupi nei muri è un piccolo gioiello, che vale sicuramente la pena di tenere a portata di mano nella libreria.
Neil Gaiman, Dave McKean<br> <i>Mondadori – 54 pp. C. col. – 14,80 euro</i>