Lupano e Panaccione ci raccontano “Un oceano d’amore”

Lupano e Panaccione ci raccontano “Un oceano d’amore”

“Un oceano d’amore” di Wilfrid Lupano e Grégory Panaccione è un piccolo gioiello, un fumetto muto che parla d’amore e di tenacia. Abbiamo intervistato gli autori.

Un_Oceano_d_amore_COVER-page-001Un oceano d’amore, scritto da Wilfrid Lupano e disegnato da Grégory Panaccione è un piccolo gioiello.
Senza dialoghi, senza didascalie. Con due protagonisti bretoni di una certa età, monsieur e madame, che è inutile anche tradurre in italiano perché sono le simboliche rappresentazioni di un amore che resiste a una pluriennale quotidianità (fatta in primis di quelle scatole di sardine che campeggiano anche in copertina) e che un giorno vedono la loro routine di pescatore e consorte letteralmente travolta.
E noi scopriamo cosa voglia dire amarsi quando una mattina come un’altra la barchetta di lui viene investita da un piroscafo e lei – che non si è mai mossa da casa – non vedendolo tornare, parte alla sua ricerca.
Una ricerca che è un viaggio, e che ha come terzo protagonista il mare, perché l’amore qui – è evidente – è anche per l’ambiente naturale sempre più maltrattato.

Gli autori – che si sono conosciuti in occasione di un festival e hanno poi sempre lavorato lontani – hanno ricevuto il Prix de la BD Fnac 2015 per questo “esercizio di stile” nato da un viaggio in Messico di Lupano, e mirato da una parte a ricordare al mondo di fare qualcosa per quell’oceano di plastica che sta invadendo la Terra e dall’altra per provare a raccontare l’amore senza l’uso delle parole.

Se Panaccione era già avvezzo ai fumetti muti (vedi per esempio Match, edito in Italia da ReNoir Comics come Un oceano d’amore), Lupano – vincitore con Les vieux forneaux del premio Cultura al Festival di Angoulême 2015 – è abituato a dialoghi di un certo spessore.

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Platone ha detto che “l’amore rende l’uomo coraggioso”: nella storia, le persone semplici affrontano grosse difficoltà. La trama è classica, dai risvolti universali ma assolutamente originale: da dove è nata?
Wilfrid Lupano (WL): Dal desiderio di raccontare una storia d’amore. Ma mi interessava l’amore che dura, piuttosto che semplicemente il momento dell’incontro, dei primi istanti dell’amore, come accade spesso. Volevo parlare di persone che si amano da lungo tempo, di un amore meno spettacolare, forse, fatto di routine, ma ciò nonostante forte. I protagonisti non possono prendere in considerazione l’idea di vivere l’uno senza l’altro, ed è a partire dal momento in cui vengono separati che l’avventura ha inizio!

Del volume si è detto che raccoglie epopea, poesia, fantastico. L’obiettivo imprescindibile da raggiungere qual era?
WL: Principalmente quello di proporre una storia che avesse le radici in un quotidiano molto semplice, nella Francia rurale, e che potesse condurre i suoi personaggi in un viaggio meraviglioso, verso l’onirico, verso una specie di Odissea moderna. Nel mentre, volevo che l’oceano fosse un personaggio centrale di questa storia, non solamente un elemento decorativo. Volevo dargli un ruolo centrale. È uno dei motivi per cui questo fumetto è muto. L’oceano non parla, quindi nessuno parla.

Un autore conosce tutto dei suoi personaggi. Lavorando, anche solo nel vostro intimo, avete mai chiamato i protagonisti con un nome?
WL:
No. Nella sceneggiatura, i personaggi si chiamano “madame”, “monsieur” e “uccello”. Niente più.
Grégory Panaccione (GP): No, mai. Li abbiamo sempre chiamati semplicemente “monsieur” e “madame”, forse per non entrare troppo nella loro intimità.

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Cosa avete in comune a parte l’amore per il “silenzio”?
WL:
L’amore per l’oceano, spero. E l’amore per un tipo di letteratura in cui il lettore deve fare una parte di lavoro. Il lettore è attivo, nel nostro libro. Dev’essere coinvolto per far esistere la recitazione, e quest’ultima tappa della narrazione, la fa per lui, e per lui solo. Nessun lettore legge lo stesso fumetto, alla fine, perché ognuno immagina i propri dialoghi.
GP: L’amore per il tempo che passa, la bellezza del mare, le barche. Perché, come dice Tiziano Terzani, “osservare le barche è il miglior antidepressivo naturale”.

L’assenza di dialoghi induce una maggior riflessione: nei fumetti di oggi si parla troppo?
WL:
No, ma spesso si parla senza dire niente. I dialoghi sono a volte mal fatti, troppo basici, e a volte ridondanti rispetto al disegno. Ora, spesso è possibile fare a meno delle parole. Credo che il fumetto muto possa coabitare con il fumetto parlante, così come il cinema muto resta pertinente dopo l’invenzione del sonoro.
GP: Non obbligatoriamente, ce ne sono per tutti  i gusti… Si parla troppo quando si dicono cose inutili.

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Da alcune interviste credo di aver dedotto che la rappresentazione del tempo che scorre fosse la parte più difficile da rappresentare in questo libro. È corretto? Quali sono state le maggiori difficoltà?
WL:
Organizzare le pause nel racconto, padroneggiare il ritmo della narrazione, non potendo mai scrivere in cima alla vignetta “Qualche giorno più tardi…” o “l’indomani mattina…”, implica gestire delle sequenze in cui il tempo passa in modo differente. È un lavoro di messa in scena e di montaggio che si fa insieme al disegnatore. E alla fine sono soddisfatto nell’assecondare Grégory in questo ambito, perché lo conosce molto bene.
GP: Far comprendere tutto quello che accede nella sceneggiatura solo attraverso le immagini richiede una gran chiarezza di disegno. È necessaria una buona padronanza della composizione, non artisticamente ma per guidare l’occhio del lettore. Perché senza avere dubbi vada a osservare quello che è importante.
A volte bisogna lasciar maturare certe immagini per più giorni per poterne vedere le ambiguità. Per far intuire il passare del tempo avevamo per fortuna l’opportunità di far viaggiare due narrazioni parallele (la storia di monsieur e la storia di madame) e questo è estremamente pratico per far comprendere che è passato del tempo. Ma a livello narrativo – affinché il messaggio passi forte e chiaro – bisogna anche scomporre al massimo certe sequenze, rendersi conto che alcuni messaggi non possono essere raccontati senza l’utilizzo dei dialoghi e trasformare quindi la sceneggiatura secondo le esigenze di una narrazione muta.

Il colore quanto ha richiesto in termini di scelta? E in base a cosa l’avete voluto mantenere su toni “foschi”? Un avvicinarsi al bianco e nero del cinema muto?
WL:
Il lavoro sui colori è stato fatto da Grégory, è lui che ha proposto queste tonalità che donano un aspetto un pochino desueto alla nostra storia. In questo libro parliamo di una società antica che fa fatica a sopravvivere di fronte alla modernità galoppante, e l’aspetto antiquato ci sembrava  seducente.
GP: Ho esitato molto all’inizio: avevo immaginato dei colori classici, realisti. Poi, facendo leggere le prime tavole in giro, specialmente a mia moglie, ho notato una specie di delusione, che provavo anch’io. Come se la storia diventasse troppo reale, quindi meno simbolica. Ho deciso di abbassare la saturazione praticamente in tutto l’album. È vero che si avvicina ai film muti, ma si ritorna a un’atmosfera più surreale.

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Gli anziani sono per te, Wilfrid, la generazione che ha vissuto “dalla società rurale a quella ipertecnologica”. Voi – più giovani – come avete vissuto il passaggio alle tecnologie digitali lavorativamente?
WL: La tecnologia spesso pone tanti nuovi problemi più di quanto non ne risolva di vecchi. Le tecnologie digitali hanno cambiato poco il mio lavoro: il buon vecchio trattamento del testo è tutto quello di cui ho bisogno. Però cambiano il lavoro di disegnatori ed editori. Il mestiere quindi evolve. Ma quelle che vengono chiamate “nuove tecnologie”, spesso sono nuove schiavitù. Schiavitù degli operai cinesi che fabbricano macchinari in fabbriche disumane (Foxconn, per esempio, e le sue fabbriche anti-suicidi) e schiavitù davanti agli schermi, che ci incatenano. Io mi tengo il più lontano possibile da tutto questo asservimento. Ma è difficile.
GP: Nel mio lavoro? Tutti i miei fumetti sono totalmente, al 100%, creati, disegnati e colorati in digitale.

unnamed (6)Ci sono altre sfide che vorreste intraprendere, a livello di sceneggiatura?
WL: Ci sono sempre nuove sfide. Ma io sono piuttosto discreto sui miei progetti, non amo parlarne prima che si concretizzino. Dopo, in compenso, nessun problema!

Grégory l‘esperienza nell’animazione ti ha aiutato? Come?
GP:
Sì, enormemente. Grazie alla mia esperien
za nell’animazione ho imparato a fare uno storyboard accurato e preciso prima di passare alla realizzazione. Ho imparato a organizzarmi, a ottimizzare il mio metodo di lavoro perdendo il minor tempo possibile ed essere il più vicino possibile al ritmo del lettore.

E ora a cosa stai lavorando? 
GP: A una serie a fumetti con Giorgio Albertini con cui condivido il mio studio (7 Mondi).
Una serie in 4 quattro volumi, una commedia avventurosa sul viaggio turistico temporale. Abbiamo finito il primo volume e ho avviato il cleanup definitivo del secondo. Uscirà un volume ogni quattro mesi e il primo è previsto per ottobre.

Grazie a Wilfrid Lupano e Grégory Panaccione per aver risposto alle nostre domande!

Intervista realizzata via e-mail nel mese di aprile 2016.

 

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