In occasione della recente uscita del volume Don Zauker – In nomine Zauker edito da Feltrinelli, nuovo e conclusivo atto della saga dell’esorcista più amato del fumetto italiano, abbiamo contattato i due autori, Emiliano Pagani e Daniele Caluri, per capire cosa li ha portati a decidere di terminare le vicissitudini di un personaggio così generazionale e iconico e gli stati d’animo che hanno accompagno la fine di una lunga, lunghissima avventura.
Ciao Daniele, ciao Emiliano, intanto grazie per avere accettato di essere intervistati. Iniziamo. Undici anni di pubblicazioni passando da Il Vernacoliere alla autoproduzione e infine Feltrinelli Comics che, se vogliamo, rappresenta un punto di arrivo importante: perché chiudere la serie proprio adesso?
Lo hai detto tu stesso: perché è un punto di arrivo. Quello che volevamo dire lo abbiamo detto, nei modi, nelle forme e nei contenuti, durante questi diciannove anni. Andare avanti avrebbe significato rischiare di ripetersi, di diventare macchiettistici e di far perdere al nostro personaggio quella forza deflagrante con cui lo abbiamo conservato fino a oggi. Lo abbiamo creato a casa di Emiliano, una sera di settembre del 2003 e lo abbiamo portato in tutte le librerie d’Italia, senza snaturarlo, senza cedere a nessuna pressione (e non puoi immaginare quanto sia stato difficile, in questo Paese e in un ambito come il nostro) e adesso lo consegniamo alla storia del fumetto italiano. Ci sono due modi di gestire una cosiddetta IP: rendendola un prodotto commerciale, cercando di trarne il maggior vantaggio economico possibile, o portandola avanti in nome di un’urgenza, indipendentemente dall’esito di mercato. Naturalmente non c’è una via migliore dell’altra, entrambe sono soluzioni più che rispettabili. Ma abbiamo sentito fin da subito che fosse più giusto per noi percorrere la seconda via.
Il personaggio è nato e cresciuto nelle vostre mani: è questa la storia con cui volevate chiudere fin dall’inizio, oppure è stata una storia creata di getto, di pancia se vogliamo, cogliendo i momenti salienti del periodo storico?
No, in Don Zauker non c’è niente di programmato. Tutte le storie sono frutto dei vari momenti che abbiamo vissuto e questa non fa eccezione. Diciamo che, una volta deciso che sarebbe stata l’ultima, abbiamo voluto tirare un po’ le somme, mettere qualche puntino e divertirci a raccogliere alcuni indizi che avevamo seminato (completamente a caso) durante la serie, per dare un senso di compiutezza al tutto. I lettori più accorti, se vorranno, si divertiranno a ritrovare questi riferimenti sparpagliati nel mondo di Don Zauker, a partire dagli episodi brevi e in quelli successivi.
Nel passare da una “piccola” realtà a una gigantesca come Feltrinelli avete dovuto smorzare alcuni lati o alcune situazioni della saga, oppure sentite di aver sempre avuto la massima libertà creativa?
La seconda, perché per noi è sempre stata una precondizione, anche con chi si era interessato a pubblicarlo prima di Feltrinelli. Gestire un personaggio come Don Zauker comporta l’obbligo di non poterlo tradire, pena il suo annullamento, la sua trasformazione in una macchietta senza senso. Dobbiamo dire che in Feltrinelli sono stati ottimi nel lasciarci campo totalmente libero, anche quando hanno rieditato le prime storie, oggi a tratti molto forti rispetto al clima che si è creato. Probabilmente si sono fidati dell’esperienza che abbiamo maturato in tutti questi anni nel maneggiare questo tipo di contenuti.
C’era il “pericolo” che con la situazione socio-politica attuale scrivere un personaggio che ironizza senza ipocrisia anche gli aspetti più nascosti della Chiesa Cattolica Italiana rischiasse di perdere un po’ mordente?
Proprio mentre stavi scrivendo questa domanda, i presidenti di Camera e Senato, appena eletti, hanno ringraziato il Papa nei loro discorsi di insediamento e subito dopo è stata depositata una proposta di legge che, se approvata, andrebbe in netto contrasto con la 194. No, in un Paese come l’Italia un personaggio come Don Zauker non rischia mai di perdere mordente, a prescindere da chi si trovi al governo.
Vi ha mai pesato la presenza di Don Zauker, per esempio per il rischio di essere talmente identificati con il personaggio da veder sottostimare il resto dei vostri lavori (insieme o separati)?
Pesato no, assolutamente. Però il rischio che il personaggio diventasse più importante dei suoi autori in effetti c’è stato. Ma funziona così con tutti i personaggi iconici. Se da un lato questo ci fa enormemente piacere, dall’altro è uno dei motivi che stanno alla base della nostra scelta di buttarci su progetti che fossero il più lontano possibile da Don Zauker, sia come veste grafica – e penso a “Nirvana” – sia come temi, come per esempio “Kraken” e “Stagione di caccia” per Emiliano, “7Crimini” per Daniele, o l’albo di Dylan Dog che abbiamo realizzato insieme. E, a dirla tutta, è anche uno dei motivi che stanno alla base della nostra decisione di fermarci: evitare di indebolire il personaggio, ma anche scongiurare il pericolo che possa essere lui a indebolire noi, fino a divorarci.
Avete mai pensato o c’è stata mai l’occasione di far scrivere e disegnare ad altri il personaggio?
No. Cioè, se n’è parlato, ma ci siamo resi conto che in questo personaggio c’è troppo del nostro modo di fare umorismo, del segno utilizzato, delle iperboli, di come sono costruite le gag o con quale ritmo vengono articolate le sequenze. A dire il vero non è possibile neanche fare un elenco di caratteristiche che lo legano a noi due come autori: è più il frutto della somma delle varie parti che costituisce questo legame. E molto è figlio del contesto in cui siamo cresciuti. Un risultato impossibile da ricreare a tavolino.
In realtà c’è ancora un’apparizione che seguirà questo ultimo volume, ovvero l’incontro con Dylan Dog tra le pagine dell’Indagatore dell’incubo. Come è stato calare Don Zauker nella realtà di Dylan?
Una sfida eccezionale e molto stimolante. Trattandosi di due personaggi (e due mondi e due registri) completamente diversi, abbiamo dovuto lavorare sull’unico possibile terreno che hanno in comune: l’incubo. Non è uno humor fest, ma una storia di Dylan a tutti gli effetti, dove a Don Zauker è affidato il ruolo del cattivo e ognuno dei due personaggi mette in luce le contraddizioni dell’altro. La sfida più grossa è stata quella di non tradire nessuno dei due; né graficamente, né sul piano della personalità. Quello è stato il lavoro più coinvolgente.
C’è ancora spazio oggi per un personaggio selvaggio (anche nuovo) che si fa beffe del politically correct, in un periodo cui ci si indigna e ci si offende troppo facilmente? Quanto questa situazione ha reso più difficile il vostro lavoro a livello di utilizzo della satira?
Secondo noi è proprio il contrario. È proprio in un momento in cui ci sono forme nuove di limitazione della libertà d’espressione, a prescindere dal contesto e dal reale contenuto, che si rende necessario insistere con maggior vigore. Lo diciamo nel rispetto di molte istanze che, come persone, difendiamo con forza. Ma la libertà d’espressione deve volare più in alto e, se usata con intelligenza, sfidare indignazioni facili o acritiche, sempre in qualche modo pericolose. È chiaro che si presuppone il fatto che il pubblico raggiunga un livello di maturità e consapevolezza che non si può mai dare per scontato. Ma è una cosa che si costruisce insieme, e a volte anche in modo urticante, se si è disposti a prendersene tutte le responsabilità, come nel nostro caso (e dei nostri editori).
Gli anni del Vernacoliere: a quei tempi seguendolo dava l’impressione era quella di un gruppo di amici che si divertiva nella maniera più goliardica possibile. Era così? Come avvenne il distacco e cosa vi manca di quella dimensione?
Quelli al Vernacoliere sono stati anni davvero divertenti. Quelli della formazione. Lì abbiamo imparato un sacco di cose, che vanno dalla gestione del segno, dell’articolazione di una storia in spazi ristrettissimi, dello sviluppo di un umorismo piratesco e ferocissimo, della percezione degli spazi di manovra e così via. Se c’è qualcosa che ci manca è proprio la consapevolezza di star costruendo qualcosa di intimo, con tutte le emozioni che comporta. Sono nate amicizie profonde, alimentate nelle varie serate a cui partecipavamo e portate avanti anche indipendentemente dal periodico. Il distacco avvenne per motivi vari, principalmente la mancanza di prospettive, una certa stanchezza, alcuni attriti con il direttore e l’impossibilità di gestire tutte le collaborazioni che, in quel momento, si stavano moltiplicando (prima fra tutte quella con Bonelli).
Il Vernacoliere è una delle poche riviste a fumetti a resistere alla moria che ha investito il settore, a ben pensarci. A cosa si deve la sua longevità secondo voi?
Alla fidelizzazione di molti lettori, avvenuta col passare degli anni. Comprare il Vernacoliere è diventato col tempo un gesto simbolico, quasi un atto di fede, il che è un po’ strano se si pensa che una rivista satirica dovrebbe puntare all’esatto contrario, no? Ecco, anche questo è uno dei motivi che hanno alimentato la nostra decisione di distaccarci e percorrere altre strade.
Don Zauker dal vivo: come si svolgono gli spettacoli dal vivo, in cosa differiscono dal fumetto? Sopravvivranno alla serie cartacea?
Ma no, quelle erano incursioni e sproloqui che facevamo in giro per l’Italia per autofinanziarci. Come sai, prima di Feltrinelli gli albi erano autoprodotti, termine che intendiamo nella sua forma più schietta: niente crowdfunding, nessun preordine, nessuna formula ibrida. Lavoravamo per mesi a un albo e pagavamo di tasca nostra la tipografia che ce lo stampava, così come gli stand delle fiere a cui partecipavamo. Abbiamo portato quei live ovunque: da teatri prestigiosi a circoli di periferia, ad aie coi polli e i cani intorno, divertendoci come pazzi. Ma il nostro mestiere è un altro.
Quanto dovremmo aspettare per la nuova “creatura” dei Paguri? Siete già al lavoro su qualcosa?
Non ancora. Abbiamo diverse idee che sono sospese da anni in attesa di prendere forma. Ma non c’è urgenza di soppiantare una cosa con un’altra solo per mostrare che ci siamo. Pensiamo che non debba funzionare così a tutti i costi. L’unica via è aspettare che i progetti si definiscano nella maniera migliore e nel frattempo fare altre cose.
Grazie ragazzi, siete stati gentilissimi. Chiacchierare con voi è sempre un piacere. Che dire ancora? In bocca al lupo per tutti i vostri progetti e speriamo di risentirci presto.
Grazie a voi.
Intervista realizzata via mail il 23/10/22
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GLI AUTORI
Emiliano Pagani (Livorno, 1969) è autore e sceneggiatore di Don Zauker. È stato uno degli autori di punta del “Vernacoliere”. Ha collaborato poi con “Il Mucchio” e “Il Male”. Nel 2012, sempre in collaborazione con Daniele Caluri, ha creato la serie umoristica Nirvana, per Panini Comics. Dal 2015 collabora con Sergio Bonelli Editore per alcuni albi di Dylan Dog. Per Tunué ha firmato la graphic novel Kraken, con i disegni di Bruno Cannucciari, che ha vinto il premio Romics e il premio Boscarato come miglior fumetto italiano ed è stato pubblicato in Francia, Belgio, Polonia e Spagna.
Daniele Caluri (Livorno, 1971) ha iniziato a pubblicare a quattordici anni per “Il Vernacoliere”, per il quale ha creato le serie umoristiche Fava di Lesso, Luana la Bebisìtter e Nedo, oltre a Don Zauker, che inaugura il sodalizio con Emiliano Pagani. Collabora anche con Sergio Bonelli Editore, come disegnatore di Martin Mystère e Dylan Dog, ed è creatore, ancora insieme a Pagani, della miniserie da edicola Nirvana, per Panini Comics. Ha ricevuto riconoscimenti come il premio Gran Guinigi e il premio Micheluzzi. È docente di disegno e storia dell’arte.