L’infinito. con il simbolo della lemniscata e dell’Ouroboros, il serpente che si morde la coda che da sempre lo accompagna, Lukas Reborn conclude la sua corsa dopo ventiquattro numeri (divisi in due stagioni da dodici cadauna). Il Ridestato, nato dalla mente di Michele Medda (che ha sceneggiato l’intera serie) e creato graficamente da Michele Benevento (che ha illustrato quattro albi e le copertine del secondo ciclo), ritrova in questo gran finale tutti i personaggi che hanno viaggiato la tenebra con lui.
Come un dolente antieroe omerico, Lukas intraprende la discesa negli inferi dell’anima, combattuto fra responsabilità e sensi di colpa. Le riflessioni sulla mostruosità intrinseca dell’animo umano e delle sue società, esplorate nel corso degli episodi tramite l’analogia con l’immaginario horror, si ricongiungono qui al loro punto di partenza nel confronto con tutti i nemici del protagonista, alla scoperta della natura prima del suo viaggio maledetto: il suo stesso cuore.
Finale coraggioso e interessante, godibile anche come storia a sé, che lascia leggermente con l’amaro in bocca solo ripensando a come tutti i tasselli dell’opera potevano essere fatti combaciare con più puntualità già da prima. Se la prima serie (Lukas) è stata perfettamente divisa in due ‒ con i primi sei episodi a narrarci il misterioso e tragico passato del protagonista e gli altri sei a proporre una carrellata di mostri “da copertina”, utilizzati come metafora della nostra horror-società ‒ la seconda serie (Lukas Reborn), pensata in tre archi narrativi da quattro episodi l’uno, risulta un po’ più stanca e dispersiva, con un attacco spionistico con venature pulp e una brusca virata finale verso il fantasy più spinto.
Forse, rispettando l’iniziale piano dell’opera (ovvero una sola serie da dodici albi), il risultato ultimo sarebbe stato più compatto e incisivo, proponendo Lukas come una delle migliori miniserie Bonelli. C’è effettivamente una qualità stilistica che si perde con gli ultimi albi della prima stagione per ritornare alla fine della seconda.
A suo modo però l’imperfezione che scardina la figura aurea dell’infinito può portarci più vicini alla sensibilità del mondo di Lukas e agli arbitrari imprevisti che regolano anche il nostro.
Molto interessante, in quest’ultimo episodio, la riflessione di Medda sull’artista, “mostro” finale geloso e vendicativo che fa da specchio e contraltare all’Innominabile regina del Mondo Oscuro.
Punta di diamante della narrazione sono le didascalie in terza persona con cui il lettore entra nell’intimità del protagonista. L’uso che ne fa Medda è di forte impatto emotivo, permettendogli di colorare la violenza e la suspance con momenti poetici e riflessivi (viene da pensare che Lukas sia il figlio più diretto di quel Digitus Dei prodotto anni fa con Stefano Casini).
Da sottolineare la maestria con cui l’autore ha saputo creare un intreccio corale all’interno di una storia di questo genere, dove le vicende di Bianca Roberti e dei suoi figli, Jessica e Brian, hanno quasi la stessa importanza di quelle del protagonista, a volte incastrandosi perfettamente con esse per rafforzarle, a volte rubando loro totalmente la scena.
Michele Benevento, certamente il più “personale” fra i disegnatori in forza alla serie (gli altri, tutti di livello, sono Luca Casalanguida, Werner Maresta, Frederic Volante, Fabio De Tullio, Andrea Borgioli, Massimiliano Bergamo e Vincenzo Acunzo), compie un pregevole lavoro di costruzione della tavola imponendo ombre che spesso fanno risultare la gabbia bonelliana ancora più stretta e proprio per questo più angosciante.
L’evoluzione del suo tratto è notevole: se nel primo episodio il suo lavoro era già buono ma forse leggermente appannato, come se i protagonisti e le loro vicende fossero lontani dal lettore, con quest’ultimo numero la plasticità dei suoi corpi si fa davvero tridimensionale e “buca lo schermo”.
I suoi personaggi sono imponenti e dinamici, le ombre avvolgono lo sguardo e l’inaspettata tenerezza di alcuni volti regala ampiezze improvvise. Il Lukas barbuto di questo finale ricorda, per drammaticità e rassegnazione, il Kenshiro del secondo ciclo di Buronson e Tetsuo Hara. Una vittima disperata delle sue scelte, consapevoli o meno.
Benevento si propone come un perfetto disegnatore Bonelli contemporaneo, a metà fra il realismo metropolitano di Julia e l’impatto visivo dell’action dinamico di Orfani. Le classiche sei vignette per pagina vengono da lui utilizzate con disinvoltura, tanto che nei vari momenti in cui le infrange quasi non ci se ne accorge. Il discorso fila omogeneo e allo stesso tempo stupisce con alcune composizioni di sicuro impatto emotivo.
Non c’è però enfasi nel suo tratto, né ostentato bisogno di meravigliare o “rompere” la tradizione. Il contenuto dei corpi, l’espressività e il feroce bianco e nero degli ambienti ha la predominanza su qualsiasi artificio. Un ottimo artigianato che a tratti si svela come arte.
Lukas è una storia poliedrica, piena di doppi significati e riflessioni importanti e talvolta necessarie sul nostro essere umani e sulla responsabilità dell’abitare questa società e questo tempo. Né condanna né redenzione dunque, solo un eterno ricrearsi. Il tema esistenziale diventa esoterico e il finale aperto porta nuovo respiro a tutta la saga.
Abbiamo parlato di:
Lukas Reborn #12 – L’infinito
Michele Medda, Michele Benevento
Sergio Bonelli Editore, febbraio 2016
100 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,30 €
ISSN: 9-772284-126004-60024