In occasione dei settant’anni della serie originale arriva in Italia, per la casa editrice Renoir Comics, L’uomo che uccise Lucky Luke, firmato da Matthieu Bonhomme e dedicato al cowboy solitario ideato da Maurice de Bévère(in arte Morris).
Titolo e copertina sono la premessa di quella che è a tutti gli effetti la reinterpretazione più cupa del mito di Lucky Luke. Chi ha già letto le avventure ideate da Morris, deve dimenticarne l’atmosfera scanzonata; l’albo si apre sulle immagini dell’eroe riverso a terra senza vita, seguite da un flashback che racconta gli ultimi giorni di vita del povero cowboy.
Nel suo eterno vagare Lucky Luke è giunto a Froggy Town, dove incontra Doc Wednesday, un vecchio pistolero che sembra avere nel suo passato qualche conto aperto con la giustizia. Il background di questo personaggio rimane avvolto nel mistero e, sebbene non sembri un criminale, appare tormentato dai rimorsi per alcuni errori passati che lo rendono ai suoi stessi occhi colpevole. Doc è l’artefice della propria autodistruzione, la quale prende la forma delle dipendenze da fumi e alcol che lo hanno ridotto l’ombra dell’uomo che era una volta. I colori poco saturi di questo personaggio lo fanno risaltare ancora di più al fianco di Lucky Luke, quasi a simboleggiare un riflesso sbiadito del protagonista e il suo futuro incerto.
Quando Doc si propone di aiutare Luke a risolvere il caso di un misterioso indiano che assalta le diligenze di quei luoghi, i due si trovano a condividere un breve viaggio che da loro l’opportunità di cambiare se stessi.
Per tutta la durata della lettura, la comicità -elemento fondamentale delle più classiche avventure del cowboy- è relegata a fare da contorno alle vicende: il fuoco della sei colpi del protagonista non è mai funzionale a stupire e divertire il lettore, mettendo in mostra le abilità sovrumane di chi la impugna, ma solo uno strumento di morte; il fedele Jolly Jumper non manca di agire con ironia nei confronti dei personaggi come se capisse cosa stia accadendo attorno a lui, ma non arriva mai a rompere la quarta parete e commentare sarcasticamente le azioni in scena.
Le scarsa umanizzazione di Jolly Jumper, i disegni caratterizzati da una linea morbida, i personaggi resi in maniera abbastanza naturalistica, sono tratti che avvicinano l’opera di Bonhomme ai primissimi albi di Lucky Luke, quando Morris doveva ancora affinare lo stile maggiormente caricaturale che lo avrebbe reso celebre.
Dal punto di vista della narrazione, pur non abbandonando del tutto la gabbia tipica delle storie di Lucky Luke, l’autore gioca molto con le forme e l’accostamento delle vignette, rompendo in diversi momenti la rigida schematizzazione della tavola. Inoltre, l’impostazione cinematografica di alcune inquadrature come l’indugiare su dettagli e primi piani, che richiamano agli stilemi classici del cinema western, differenzia ancora di più questo albo dalle tavole di Morris.
Un’opera che riesce nel suo intento di donare nuove vesti a un personaggio ideato oltre settant’anni fa da uno dei maestri del fumetto franco-belga, viaggiando sempre tra un rimando a quanto è stato fatto in passato sul personaggio e un’innovazione sul tema. La lettura risulta fruibile in tal modo anche dai neofiti, non di certo per approcciarsi allo storico personaggio, vista l’enorme distanza di questo episodio da quelli serie canonica, quanto per godersi la versione meno spensierata offerta da Matthieu Bonhomme.
Abbiamo parlato di:
L’uomo che uccise Lucky Luke
Matthieu Bonhomme
ReNoir Comics, Aprile 2016
64 pagine, cartonato, a colori – 19,90 €
ISBN: 9788899728007