A pochi giorni da Lucca Changes, abbiamo intervistato Emanuele Vietina, direttore del Festival e Roberto Recchioni, da quest’anno collaboratore in qualità di curatore a tutto tondo. Si parla delle particolarità dell’edizione 2020 e del futuro della più importante fiera europea dedicata al fumetto, al gioco e al videogioco.
Una Lucca Comics & Games diversa ci attende: l’idea di fare un qualcosa che fosse Lucca nonostante la situazione derivata dall’epidemia di Covid-19 è mai stata messa in dubbio?
Vietina: Sì, certo, l’idea che a Lucca potesse non esserci una celebrazione e un approfondimento attraverso un’attività di carattere festivaliero e quindi effimero c’è stata. L’abbiamo detto anche pubblicamente, ad aprile. Ma abbiamo lavorato alacremente per far sì che l’ipotesi non si concretizzasse: prima con un’analisi dei bisogni ai quali bisognava rispondere e di qual era l’effetto Lucca che si poteva riproporre. Dopo, a maggio e giugno, abbiamo elaborato un progetto e fatto una prima valutazione economica. Abbiamo definito quello che volevamo fare per difendere il brand e quindi capito come coinvolgere le community di riferimento studiando come raggiungere gli obiettivi culturali e artistici e mantenere la celebrazione e i potenziali driver economici e comunicativi.
Recchioni: Così la manifestazione ci sarà. La facciamo con estrema ragionevolezza: non è una situazione in cui infiliamo la testa sotto la sabbia e facciamo finta che non ci sia una situazione in divenire.
Il nuovo DPCM (parliamo del DPCM del 13 ottobre 2020, l’intervista è stata rilasciata ovviamente prima del DPCM del 18 ottobre – ndr) 10 creerà difficoltà nella realizzazione del programma di Lucca Changes?
Vietina: L’ultimo DPCM, per bocca del ministro Franceschini, non ha toccato minimamente le attività di sala, quindi cinema e teatri. Quindi non ha impattato sul programma di Lucca dove si applicherà il protocollo cinema e teatro per gli eventi dal vivo e i protocolli per i musei e i negozi al dettaglio, quindi per il Pop-Up Store e la mostra a Palazzo Ducale. C’è da dire che avrebbe potuto impattare comunque su uno solo dei quattro pilastri di Lucca Changes. Quest’anno dobbiamo ragionare così: due su quattro delle sezioni si possono svolgere serenamente a prescindere dai protocolli, si tratta dell’attività che facciamo su Rai e online, definita da casa. Per il terzo pilastro, quella dei negozi al dettaglio, non è mai stato messo in discussione che interrompessero l’attività. Quindi non solo l’ultimo DPCM non ha messo in discussione la manifestazione, ma si parla di dubbi su una delle quattro versioni di Lucca Changes, mentre le altre tre non sono mai state in dubbio neanche nella fase di progettazione.
Recchioni: Riassumendo: Lucca è strutturata in termini modulari per cui, se proprio dovesse andare male, si perde un modulo, non si perde Lucca.
Quanto è importante, difficile e magari appagante il dialogo con le istituzioni in generale, e quanto lo è stato per questa edizione in particolare?
Vietina: È stato molto appagante. Nei nostri confronti, con le istituzioni sia nazionali sia regionali sia sanitarie che di vigilanza, abbiamo trovato profonda collaborazione, stimolo e voglia di realizzare. Nello specifico Prefettura, Questura e Asl, che ci seguono sin dall’estate, sono sempre state al nostro fianco. Anche quando abbiamo interloquito con il legislatore c’è stata grande voglia di fare ciò che è consentito nei limiti e nelle corrette applicazioni dei protocolli. Paradossalmente abbiamo trovato, nelle autorità di vigilanza e nelle istituzioni – che nel lavoro di contenimento del contagio stanno cercando di fare tutto perché le attività produttive non si fermino – più slancio rispetto alla stessa cittadinanza privata o agli stessi imprenditori che, com’è comprensibile, hanno a volte più paura.
C’è ancora qualche dubbio su come si svolgerà in pratica questa edizione: possiamo riassumerlo per chi ancora si stesse chiedendo se affittare un appartamento, se passare un fine settimana a Lucca in giro per le strade?
Vietina: Per noi la difficoltà è far percepire lo scarto dalla norma. Ci sono due modi di vivere Lucca Changes: da casa o dal vivo. Da casa con le dirette online o più tradizionalmente in televisione con la Rai, che è la punta dell’iceberg. Dal vivo invece si può andare nel negozio più vicino e trovare anteprime, prodotti, ma anche partecipare con una membership speciale, il Campfire Pass, che dà diritto a una Bag of Lucca e accesso ad alcune attività particolari e all’acquisto di prodotti in anteprima. A Lucca c’è la stessa cosa: per i prodotti il Pop-Up Store che conterrà uno spazio per il firma copie, una mostra a Palazzo Ducale e dieci sale incontri con un programma, se vogliamo tradizionale, di ingaggio fra pubblico e autori su diverse tematiche. Quindi due modi per vivere Lucca Changes dal vivo e due modi per viverla da casa.
C’è un altro elemento da considerare: perché fare gli eventi a Lucca, con nomi importanti, in sale dove da protocollo ci saranno 50 persone? Perché tutti gli eventi saranno streemmati e non è secondario farlo dai luoghi identitari della manifestazione. Per altri grandi organizzatori di fiere, anche americane o giapponesi, il polo fiera è una limitazione, per noi invece la location è lo show. Per me trattare di videogiochi da una chiesa del diciassettesimo secolo con affreschi barocchi è un valore non negoziabile, così come far parlare di fumetti dentro al teatro che fu di Puccini. Il grande investimento è anche questo: che il racconto su videogiochi, fumetti e giochi parta sempre dal nostro patrimonio. Quindi, è vero che ci saranno limitazioni, ma per certi versi proponiamo ampliamenti rispetto al passato. Ad esempio la gara cosplay sarà trasmessa in Rai, un’evoluzione importante che raggiunge un pubblico molto più numeroso.
Recchioni: Quando Emanuele dice che Lucca non è altro che il più grande dei nostri Campfire è esattamente così. Ma è sostanzialmente più grande: Lucca offrirà uno store di 1000 metri quadrati e dieci sale con eventi costanti e di grande spicco. È Lucca, parliamo di grossi eventi e grandi presentazioni. Quindi si può venire per gli eventi ma se ci si aspetta la folla, i cosplayer, le gomitate, no.
La copertura televisiva di Lucca Comics & Games, maturata grazie alla partnership con Rai, è una delle novità dell’edizione Changes. Pensate possa essere replicata anche nelle prossime edizioni quando tutto, presumibilmente, tornerà alla normalità?
Vietina: Per dirla alla De Filippo: se dovevamo passare la nottata, si stava fermi. Abbiamo deciso di testare dei prototipi, per così dire, nella galleria del vento. Dopo averli capiti decideremo di tenere il buono e lavorare sul meno buono. Così avremo un asset per il futuro. Comunque è chiaro che l’alleanza con Rai non è generica ma significa portare, possibilmente ogni sera di Lucca Changes, un contenuto in televisione che poi confluisce su Raiplay. Un intero carosello di contenuti realizzato con editori e autori, è questa la differenza. Nulla di astratto.
Recchioni: Queste novità, da Rai ad Amazon, non sono una misura eccezionale per questo momento, ma un lavoro per il futuro. Ciò che stiamo facendo è un primo passo per mantenere il rapporto con Rai nei prossimi anni. Un primo passo per costruire l’idea che Lucca sarà fruibile anche online. Parliamo di come si sta strutturando Lucca non tanto per l’oggi ma per il domani.
In generale, quindi, credete che le novità proposte quest’anno sarebbero maturate anche senza la pandemia e possano portare a un rinnovamento della fiera in futuro o si cercherà di tornare allo schema classico di Lucca Comics & Games (fermo restando l’ipotesi di progressivo ritorno alla normalità)?
Vietina: I grandi passaggi storici accelerano il cambiamento. Lucca lavorava già da un paio di anni per portare una parte del programma online, in streaming. Per noi però, ripeto, è centrale lo show dal vivo e chiaramente speriamo di poter tornare quanto prima a quelle condizioni. Ciò che abbiamo sperimentato quest’anno potrà servire anche per colmare il gap che ci potrebbe volere per tornare, diciamo, alla normalità. La nostra ambizione è tornare quanto prima alla situazione del 2019 con in più l’esperienza del 2020, con le nuove iniziative che mi sembrano tutte compatibili.
Recchioni: Le novità introdotte quest’anno sono un potenziamento alle cose che andavano fatte. A Lucca mancava una reale copertura online streaming perché nell’organizzazione si corre sempre e alcune cose venivano lasciate un po’ indietro. Adesso no, adesso è un discorso che diventa importante e va esplorato, reso più ricco, costruito per sostenere quello che verrà poi.
Un’altra novità è proprio la collaborazione di Roberto Recchioni. Come è nata?
Vietina: In modo spontaneo. Durante il lockdown si è passato un sacco di tempo al telefono, in riunioni e anche a chiacchierare. Il coinvolgimento di Roberto è stato un esempio virtuoso di collaborazione spontanea. A un certo punto dovevamo uscire dal porto con il mare forza nove. Forse potevamo anche stare in porto e nessuno ci avrebbe detto nulla, ma siccome pensavamo di avere delle buone mappe di navigazione abbiamo deciso di uscire. Per farlo servono grandi marinai e grandi capitani e la proposta a Roberto è stata spontanea. Lui si è trovato davanti a un foglio bianco, con una manifestazione che doveva avere un altro nome, cambiare il suo oggetto identitario, ovvero il poster, e interpretare il cambiamento nel paradigma culturale che è in atto da molti anni. Abbiamo pensato che Roberto, oltre delle abilità artistiche, potesse sfruttare la sua dimensione di narratore, di autore globale che può interpretare la community del gioco come quella del fumetto con un pensiero bilanciato, organizzativo. Ci serviva qualcuno che dettasse le regole perché la libertà senza controllo rischia di diventare un grande caos. E la regola doveva essere semplice, efficace e anche immaginifica, quindi abbiamo pensato che uno scrittore dalla visione così ampia potesse interpretare questa sfida. Ora stiamo lavorando senza confini.
Roberto, qual è il tuo ruolo in questa Lucca Change?
Recchioni: Come al solito per me questa collaborazione è nata dalla polemica: da esterno ero curioso di capire come Lucca stesse reagendo perché avevo l’impressione che il tempo passasse e che il momento delle riflessioni stesse venendo sprecato. Quindi ho iniziato a pungolare Emanuele Vietina, che però aveva già le risposte. Abbiamo iniziato a chiacchierare, fatto una serie di tavoli con editori e autori per capire quale potesse essere la direzione da prendere. È diventato naturale costruire qualcosa insieme e per me è una sfida molto interessante. Personalmente sono un grande sostenitore di Lucca: frequento la fiera da quando avevo 16 anni, sono un super fan e come tutti i super fan sono anche un super critico. Tutte le volte ho qualcosa da dire su come si potrebbe fare meglio e quello che ho sempre desiderato è non farlo da fuori ma poter discutere per capire il motivo dei problemi. Quando Emanuele mi ha dato questa possibilità, e ne sono entusiasta, sono seguite una serie di riflessioni comuni. A partire da ciò che Lucca deve comunicare per intercettare il presente, che non è solo il covid ma è percorso da tante tensioni e voci: le questioni dell’inclusività, cambiare i nostri paradigmi, tante discorsi che passano attraverso l’arte. Ad esempio, quanto Lucca è stata attenta ai tratti diversi e alle voci diverse del fumetto, dell’illustrazione e del gioco? Come ha sostenuto i giovani autori? Come risolvere le conflittualità dell’Area Self? Si potrebbe fare meglio? E allora muoviamoci in quella direzione, siamo aperti al dialogo. Secondo me questa edizione è un’occasione meravigliosa. Ma è una cosa nuova, faremo errori ma saranno errori nuovi ed è passo avanti rispetto a fare gli stessi sbagli di prima.
La tua collaborazione va oltre l’ideazione del poster, ti abbiamo letto anche come promotore di incontri e punto di contatto tra autori e organizzazione: oltre a questo emerge però molto una spinta, quasi a dare l’esempio, di un maggiore dialogo tra addetti ai lavori e organizzatori, stimolando anche i singoli a farsi avanti e a essere propositivi. Sbagliamo? E’ una strada necessaria per il fumetto italiano?
Recchioni: In generale sono stanco dell’atteggiamento di un certo tipo di professionista che sta solo sugli spalti a lamentarsi. Credo che nel corso degli anni si siano un po’ esacerbate le posizioni per cui un certo tipo di autore percepisce Lucca come una manifestazione in cui deve esserci perché ha convenienza, perché vende i libri. Però poi non si considera valorizzato all’interno del contesto, si sente come un ingranaggio. È un discorso sbagliato: noi abbiamo ruoli molteplici come autori perché siamo allo stesso tempo fruitori della fiera e parte dello spettacolo. Siamo il circo, le bestie del circo, gli organizzatori del circo e ci deve essere un rapporto sano fra gli autori di giochi, fumetto, illustrazione e Lucca. Il Festival è una celebrazione generale in cui tutti si fanno il culo. Ogni volta che vado a Lucca vedo qualcosa che non va ma poi penso che tutto il resto funziona ed è un miracolo. Una manifestazione che ha quel tipo di affluenza, in quel tipo di città, con quel tipo di limiti, e che ogni anno porta a casa il risultato, non si può considerare scontata ma un miracolo realizzato. Penso solo alla difficoltà del cablaggio della città e mi tremano i polsi, eppure viene dato per scontato. E alla fine noi autori ci lamentiamo. Esempio Area Self: io ho fatto le prime Alter Vox, che erano il primo tentativo di creare un’area dedicata al fumetto indipendente, e mi lamentavo perché eravamo in culonia e in un corridoio freddo. Dal mio punto di vista avevo assolutamente ragione. Dal punto di vista di Lucca, probabilmente, ci avevano messo lì per una serie di problematiche che all’epoca non vedevo. Adesso sono nella posizione di farlo e al tempo stesso di ascoltare le necessità, parlarne, migliorare la situazione. In modo professionale, perché non ci sono solo gli eventi per far fare tanti click o portare tanta gente, ma anche quelli che servono al settore. Fa tanto comodo parlar male di Lucca ma per taluni autori e per talune realtà editoriali non è una parte del business, è il business. Senza Lucca, senza la possibilità di vendere mille copie del suo libro, certi autori non ne venderanno neanche cento al di fuori del festival. Quindi Lucca è un evento chiave che bisogna sostenere perché facendolo si sostiene sé stessi.
L’anno scorso il motto della manifestazione era “Diventare umani”, e suonava come una dichiarazione d’intenti piuttosto chiara visto il periodo politico; quest’anno è “Changes”, un chiaro riferimento alla formula rivista e adattata della manifestazione ma declinata -anche grazie al lavoro dei poster ufficiali o meno- anche sul cambiare la società in ottica inclusiva, positiva, multiculturale. So che la domanda è di quelle non esattamente leggere, ma quale credi sia il ruolo dell’arte e del fumetto e, più in dettaglio, di una manifestazione come Lucca Comics & Games nel tessuto sociale-politico italiano?
Recchioni: Il ruolo dell’arte e di Lucca Comics sono due cose separate. L’arte non ha compiti, l’arte fa quello che gli pare, scrive quello che gli pare, le provocazioni che vuole. Lucca invece è una manifestazione che ha una linea, uno statuto, delle dichiarazioni precise. Come artista io aderisco più che volentieri a Lucca Comics perché mi ritrovo nel suo statuto ma non ritengo che l’arte in sé abbia un compito: nel momento in cui ascrivi all’arte un dovere la trasformi in un insegnante di scuola che non è e non sarà mai.
Vietina: Credo che lavorare e produrre intorno a tematiche legate al pensiero, al passatempo umanista, all’artigianato, alla cultura, all’arte, inevitabilmente sia fare politica. Credo che Lucca abbia sempre fatto politica. Abbiamo dichiarato i cinque nostri valori e, inoltre, la manifestazione aderisce chiaramente ai valori costituzionali. Sia con “Diventare umani” sia con “Canghes” vogliamo dare uno stimolo di riflessione a tutta la comunità. Se dare stimoli di riflessione, che possono anche accogliere istanze diverse, vuol dire fare politica, io credo sia inevitabile fare politica sempre. E credo che comunque il messaggio più dirompente di Lucca sia sempre stato quello, inevitabilmente rodariano, di fare qualsiasi cosa per invitare lo spettatore all’azione. Ossia: non ti invito solo a leggere delle storie ma ti voglio dare una casetta degli attrezzi – quest’anno la chiamiamo “Grammatica della fantasia” – per creare le tue storie.
In questi anni ci interrogavamo molto su come cambiava la cultura. “Diventare umani” voleva dire: siamo nel mondo della quarta dimensione della cultura, . Alla dimensione ideale, sociale, materiale si aggiunge quella virtuale, e per questo il festival rimette al centro l’umanità. Con Changes il tema è assimilabile: come cambia la cultura, ovviamente anche nello specifico in tempo di pandemia. Ma la domanda riguarda anche il modello di produzione culturale, che sta tornando più simile a quelo della società preistorica che non di quella mozartiana, ovvero se Mozart produceva per il vescovo di Salisburgo, adesso tutti producono, tutti sono attori. Ma Changes spinge anche a interrogarsi su come cambiano i diritti degli artisti.
Cosa può fare Lucca più di così (in generale ovviamente, non tanto per questa edizione “speciale”) per le realtà più piccole, dai negozianti alle autoproduzioni, alla microeditoria? È possibile dialogare e accontentare tutti?
Recchioni: Non è possibile accontentare tutti, in ogni edizione qualcuno sarà sempre scontento di qualcosa. Quest’anno intercettiamo due situazioni importanti. Ci sarà un tavolo con dei rappresentanti scelti dalla scena del fumetto indipendente, li abbiamo invitati a decidere chi li dovesse rappresentare per portare le istanze dell’Area Self davanti a Emanuele, che cercherà di capire quali sono le necessità e i problemi. E c’è anche un tavolo con il MeFu per parlare del contratto di lavoro degli artisti, dei pagamenti e di tutto il resto. Così Lucca si presta a diventare un palcoscenico ad alta visibilità per un dialogo importante sulla politica e sui meccanismi del lavoro nel mondo del fumetto, qualcosa che non è mai esistito e che spero possa costruire qualcosa. È previsto inoltre un incontro sul corpo in collaborazione con BilBolbul, visto che l’edizione del BBB che seguirà Lucca partirà proprio dalle riflessioni sul corpo, su come rappresentarlo nel fumetto. Così Lucca, come ha sempre fatto ad esempio con Napoli Comicon che ha il suo stand fra le mura, si apre alle altre manifestazioni senza antagonismi. Siamo una collettività, Lucca è la parte più grande e può fare tantissimo per ciò che c’è intorno, arricchendosi delle esperienze altrui.
Vietina: Lucca deve essere un crocevia fra arte e commercio. Per farlo deve essere un playground, ascoltare tutti, e farà bene il suo lavoro se riuscirà a scontentare tutti nella stessa maniera.
Una realtà come Lucca non può evitare di essere “sotto controllo” anche solo dall’opinione pubblica, specie veicolando determinati messaggi positivi e progressisti. Negli ultimi anni così le critiche e le polemiche riguardanti aspetti non organizzativi sono aumentate: dalla città che diventa un enorme temporary store, ai prezzi gonfiati, alle paghe basse per la manovalanza, alle scelte logistiche, alla capacità di Lucca di reggere i numeri di affluenza degli anni passati. Qual è la posizione di Lucca Comics in merito a questi argomenti?
Vietina: Purtroppo il tema prezzi gonfiati si esaurisce con un paradigma tipico di tutti i contesti fieristici e analoghi. Però Lucca Crea, nella voce dell’ex presidente, ha sempre tuonato contro i prezzi gonfiati, gli affitti da Costa Smeralda, come testimoniano anche diversi articoli sui giornali. Poi, purtroppo, siamo in un regime di libero mercato. Oggettivamente è un fenomeno diffuso e su questo devo dire che abbiamo stipulato partnership con paesi vicini del territorio, che offrono delle soluzioni alternative. Riguardo la logistica abbiamo ottimizzato e mitigato alcune problematiche. Globalmente, complice la grande estensione del centro storico, abbiamo imparato a migliorare la situazione e l’ultima edizione ha segnato episodi di sovraffollamento solo nell’unico giorno di bel tempo. Quest’anno il problema è superato dal covid. Sulle paghe basse ci siamo soffermati più volte. I lavoratori temporanei della manifestazione, i cosiddetti felpati, in altri eventi spesso svolgono attività volontarie, mentre il principio di Lucca è di non usare volontari ma pagare il lavoro di tutti. Siamo una società pubblica assoggettata al codice degli appalti ed è noto che nel codice non si possono imporre contratti o minimi salariali. Ci si può solo rifare al principio costituzionale e alle tabelle ministeriali. Non è che Lucca non voglia ridistribuire i suoi utili perché alla fine lo facciamo ed è una parte economica importante. Ma paradossalmente se fossimo fuori dal codice degli appalti avremmo potuto, volendo, distribuire parte dei già esigui utili in compensi invece che in programmazione culturale. È un dibattito che ho rilanciato in commissione consiliare, anche se oggettivamente c’era poco da dire, esacebrato dalla grandezza del festival, perchè quel contratto di portierato generico che noi utilizziamo è firmato dai grandi sindacati confederati. Però non è sicuramente con un contratto di Lucca Crea che le persone impostano un progetto di vita. Bisognerebbe interrogarsi su questo contratto nazionale in relazione ai portieri delle banche, dei supermercati, delle fabbriche, perché queste persone con quella tariffa oraria supportano un progetto di vita, non sono studenti che lavorano cinque giorni a un festival. E che si sia usata l’occasione del Lucca Comics & Games per portare all’attenzione pubblica il problema sul contratto nazionale è una cosa che mi può trovare d’accordo e metto a disposizione la manifestazione per discutere. Ma se si dice che Lucca Crea sottopaga, questo non mi va bene. Siamo stati vincolati da certe regole. È un dibattito che si fa sempre fatica a capire bene perché spiegarsi col ragionamento è più difficile che lanciare uno slogan.
Recchioni: Le polemiche, in questo caso sui felpati, dimostrano come Lucca sia perfetto per tutto, per il lancio di un libro e per il lancio di polemiche. Bisognerebbe che anche i siti di approfondimento sul fumetto facciano meno articoli per strillare lamentele e più articoli per invitare le persone a capire come funzionano le cose.
Conoscendo i tempi di realizzazione della kermesse, di solito una quindicina di mesi, avete già mosso i primi passi per l’edizione 2021?
Vietina: Sì. In era precovid avevamo già una serie di ipotesi e situazioni e in questi mesi abbiamo già cominciato a pensare al 2021. Ci stiamo interrogando su come sfruttare le sperimentazioni di quest’anno e forse, per realizzare l’edizione dell’anno prossimo, alla fine potremo dire che ci saranno voluti 24 mesi o qualcosa di più. Stiamo comunque lavorando in particolare sui contenuti culturali, attività che ormai procede quasi a nastro continuo. Ma dobbiamo anche aspettare le regole di ingaggio per il 2021 che, in questa fase, purtroppo sono fuori da qualsiasi prospettiva. Bisognerà capire entro quanto torneremo alla normalità, se la raggiungeremo nel 2021, nel 2022 o nel 2023.
Recchioni: Io sono una figura strana nel mondo del fumetto: non mi chiami se non vuoi ragionare con qualcuno che porti una progettualità. Esattamente come fatto col Comicon, anche se qui la sfida è maggiore e più strutturata, io porto un’idea. In qualsiasi progetto mi sia calato ho un ruolo di produzione, che sia il rinnovamento di Dylan Dog per Bonelli, Orfani o i volumi per la Star Comics.
Intervista condotta in collegamento online il 15 ottobre 2020