
Ode all’edicola
Ah, l’edicola!
È difficile spiegare come un normalissimo esercizio commerciale possa emanare sensazioni così pervasive e affettive, specialmente a chi non ha mai frequentato questo luogo con una certa regolarità.
Ma in realtà l’abitudine di comprare ogni mattina il quotidiano dal proprio giornalaio di fiducia è stata a lungo un rito importante per l’italiano medio tanto quanto quello del caffettino a inizio giornata.
Consuetudine che, pur permanendo ancora oggi, si è di certo drasticamente ridotta: con l’avvento di internet, dei siti ufficiali dei giganti dell’informazione e poi dei social network sempre più persone hanno sostituito con i nuovi media l’acquisto e la lettura dei giornali, in maniera ancora più marcata di quanto avvenuto decenni orsono con l’avvento dei telegiornali per informarsi.
Questo, peraltro, è solo uno degli elementi che ha portato alla crisi delle edicole, in corso ormai da un buon ventennio e in via di esponenziale peggioramento. Tanti altri sono stati i fattori che hanno concorso a questo declino: il fatto che anche supermercati e ipermercati abbiano avuto la possibilità di vendere materiale editoriale, per esempio, insieme a una certa sfiducia verso l’operato dei giornalisti e a un diffuso disinteresse nei confronti della carta stampata, che ha ovviamente riguardato non solo i quotidiani ma anche rotocalchi e settimanali.
Non è un caso che molti punti vendita, per tentare di sopravvivere, si siano aperti alla vendita di oggettistica varia.
In una situazione del genere, a pagarne lo scotto è stato certamente anche il comparto fumetto, in particolare per i due editori che più di tutti hanno puntato sull’edicola come veicolo di distribuzione primario – se non esclusivo – della propria produzione made in Italy: Disney (gestita dal 2013 da Panini) e Bonelli.
Di fronte alla tempesta perfetta, la soluzione dei due colossi è stata quella di esplorare altre realtà per la vendita degli albi: dapprima la fumetteria e poi la libreria, con la conseguente creazione di prodotti ad hoc nel formato, nella presentazione cartotecnica e chiaramente nel prezzo.
Ma, per quanto entrambe siano luoghi idonei per la vendita di fumetti, anche se sotto aspetti diversi tra loro, non possono sostituire l’atmosfera che regalava l’edicola e che inevitabilmente i lettori non hanno più modo di ritrovare nemmeno nei giornalai superstiti.
Un luogo forse meno attento alle necessità di un lettore appassionato ed esigente, ma non per questo improprio o inadatto: in particolare per chi come me è cresciuto in provincia, senza la possibilità di accedere a negozi specializzati dei grandi centri e in un’epoca in cui l’e-commerce era fantascienza, l’edicola era uno scrigno ricco di tesori, sorprese e gioia.
Il Bramo ragazzino ci si recava per cercare quel volume one-shot pubblicizzato sulle pagine di Topolino, oppure per prendere il nuovo numero di un periodico nei mesi in cui i genitori acconsentivano a quella spesa in più, magari in occasione del compleanno o dell’estate.
Altre volte ci andavo semplicemente per vedere cosa ci fosse di nuovo sugli scaffali: scaffali affollati di un’offerta importante anche sotto il solo profilo disneyano, grazie a quella spinta iniziata proprio con gli anni Novanta a creare numerose nuove testate parallele.
Non c’erano pagine social o cataloghi specializzati per annunciare nuove pubblicazioni, per cui la sorpresa era dietro l’angolo, anche nei punti vendita di cittadine medio-piccole: si entrava e ci si trovava di fronte a un ampio settore dedicato ai comics, con numerose copie per albo e con un’ampia scelta di prodotti Disney, tra uscite regolari e strenne tanto saltuarie quanto preziose.
Spesso, poi, alcune uscite più di nicchia arrivavano in un’edicola e non in un’altra, così partiva il “giro delle sette chiese” 😛 da un giornalaio all’altro: quello in piazza, quello sul ponte, quello della stazione, quello nel quartiere più lontano da casa e così via.
Fa specie pensare che delle cinque edicole che c’erano nella mia cittadina quando bambino ne è rimasta oggi una sola, stoica come non mai, resistendo tra tutte le difficoltà del caso. Un solo punto vendita in un centro abitato di circa 15.000 abitanti.
Ad ogni modo ricordo ancora vividamente quando nel giugno del 2000 beccai a sorpresa il mitico Paperdinastia, senza sapere minimamente di cosa si trattasse ma attratto dall’effetto marmoreo e austero della copertina: lo comprai e nulla fu più come prima, dal punto di vista della mia esperienza di lettore disneyano.
Oppure quando tornai più e più volte per diversi giorni consecutivi nella mia edicola di riferimento, nel febbraio 2001, perché non si decideva ad arrivare Paperfestival, un vattelapesca qualunque in tema con il Festival di Sanremo su cui, chissà perché, mi ero fissato!
Altri acquisti fulminanti e quasi casuali furono Tesori Tre – Storie di fantasmi e altro in un freddo inizio dicembre del 2000 – importantissimo tassello nella mia iniziazione a Carl Barks – e il brossurato di MM – Mickey Mouse Mystery Magazine: Le origini, che mi introdusse al mondo di Anderville spingendomi anni dopo a recuperare gli spillati originali.
E come dimenticare lo Speciale 00 di PKNA, che mi fece per la prima volta toccare con mano l’universo pikappico?
Poi ci fu il battesimo delle testate cult degli anni Novanta e Duemila: Zio Paperone e I Maestri Disney. Inizialmente erano pubblicazioni che da me non arrivavano, ma ad un certo punto il vento cambiò: nel gennaio 2002 trovai per puro caso nell’edicola da me più distante il n. 23 di MD (dedicato a Giovan Battista Carpi), e da lì fortunatamente il giornalaio in questione continuò a riceverlo.
Per ZP la questione era più complessa: lo rintracciavo soltanto nell’edicola all’interno di un centro commerciale a una ventina di chilometri da me, dove una volta ogni mese e mezzo circa i miei andavano a fare la spesa. Se li accompagnavo, ne approfittavo per una capatina lì e per recuperare numeri random del mensile, anche grazie alle Raccolte che incollavano insieme tre vecchi albi della serie.
Seguire il fumetto Disney con un certo criterio era quindi un po’ una caccia al tesoro: per certi versi frustrante e impegnativa, per altri qualcosa di ingaggiante e divertente, essa stessa parte dell’esperienza di collezionista.
Quando si trovava qualcosa di particolarmente ostico era quasi un risultato eroico, considerando le limitate possibilità alternative per ottenere quel singolo volume.
Ma al di là di tutto ciò, era proprio il luogo-edicola ad avere una sua magia: era un posto in cui coesistevano prodotti seri (giornali di informazione e romanzi in economica) e intrattenimento a 360° (le riviste di gossip per le signore, quelle sportive per gli uomini, i fascicoli a puntate per i collezionisti, le figurine, i fumetti per i ragazzini e gli appassionati al medium).
Era un microcosmo della carta stampata: anche se ci entravi solo ed esclusivamente per i “giornalini”, sentivi di far parte di un mondo che comprendeva anche molto altro e che un giorno avresti potuto conoscere, crescendo e cambiando gusti, ma senza abbandonare quel medesimo ambiente familiare.
Questo anche distaccandosi dal mito dell’edicolante amico: una figura che è esistita, lo posso testimoniare, ma non era la regola nemmeno negli anni d’oro di queste realtà e non era la sola condizione che rendeva speciali questi posti (benché chiaramente contribuisse): anche con i giornalai meno coinvolti ed estroversi, bastava il parterre di offerta presente in un negozio facilmente accessibile per essere felice e soddisfatto.
Inoltre l’edicola aveva un’aura da punto di riferimento della comunità: persone di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali si fermavano di fronte all’ingresso, dove spesso erano esposte le prime pagine dei principali quotidiani nazionali e magari, su un apposito treppiede, un foglio con i principali titoli del giorno realizzato ad hoc dal giornale locale. Era l’occasione per scambiare quattro chiacchiere in libertà, magari partendo proprio dagli spunti della cronaca.
Vien da sé che tutto questo è irreplicabile da una fumetteria o una libreria: naturalmente questi punti vendita hanno altri vantaggi che l’edicola non aveva e non ha, che li distinguono e che rappresentano anche degli indubbi vantaggi in termini di comodità e di focus su domanda-offerta.
La fumetteria può contare su una quantità sicuramente più ampia di quanto l’edicola non abbia mai potuto dare, contando anche su una distribuzione dedicata, sulla possibilità di ordinare facilmente e di avere anche un reparto arretrati, cosa complicata per le edicole.
La libreria conferisce dignità al fumetto, è la casa ideale delle graphic novel (motivo per cui a mio avviso non è pensabile puntare così tanto sulla libreria per il materiale Disney) , valorizza l’esposizione dei titoli e può anche organizzare più facilmente incontri con gli autori.
Ma tutto questo non sostituisce la funzione sociale che aveva l’edicola, che non era solo il posto dove si andava a comprare fogli formato tabloid da lettura mordi-e-fuggi o l’albetto da leggere in bagno, ma era un luogo di scoperte, di stimoli sensoriali, di sensazioni quasi magiche, se pensiamo al ragazzino che in un assolato pomeriggio di primavera, dopo aver finito i compiti, inforcava la sua bicicletta e andava a fare un giro in edicola, per vedere se c’era quel fumetto particolare di cui aveva visto la pubblicità su Topolino o in televisione, oppure per incappare a sorpresa in qualcosa di intrigante nel quale spendere i primi soldi “autonomi”. Il gusto per la sorpresa, così come per la delusione, ma soprattutto quella fantastica emozione di poter accedere a uno “spaccio di avventure” a un passo da casa propria, magari addirittura nella piazza al centro del paese.
È anche di questo che si nutriva la passione fumettistica, e che oggi viene meno: a costo di fare la figura del vecchiodemmè, per me questa involuzione costituisce un impoverimento culturale difficilmente rimarginabile.
Perché se è vero che, per quanto in crisi, le edicole continuano ad esistere e a vendere fumetti Disney, è innegabile che la quantità e la varietà dell’offerta media è decisamente ridotta rispetto a vent’anni fa: complici tirature generalmente più basse e la creazione di nuove testate di “alto profilo” che, nonostante siano formalmente distribuite anche in edicola, per formato e dimensione mal si prestano a questo luogo, gli scaffali si sono impoveriti di materiale disneyano, limitandosi ai periodici principali (disponibili in pochissime copie, comunque) e a qualche vattelapesca “da battaglia”. In queste condizioni credo risulti ovvio come l’edicola non abbia più modo di essere quello che rappresentava per me e per buona parte della mia generazione 🙁
Ho trovato veramente piacevole e necessario questo tuo articolo, che mette in luce come l’edicola sia un luogo imprescindibile che non deve assolutamente scomparire. Noto anch’io una triste diminuzione del loro numero e, soprattutto, un inesorabile impoverimento di quelle storiche. Nonostante ciò, continuo a comprare fumetti in edicola per sostenere queste realtà che fanno giustamente parte dei nostri ricordi e del mondo nel quale siamo cresciuti.
Grazie Tommaso!
Purtroppo la situazione è sotto gli occhi di tutti 🙁
Bravo che continui a sostenere l’edicola con i tuoi acquisti!
Ti faccio i miei complimenti per questo articolo!
Purtroppo, nel paese dove vivo io (6000 abitanti) non c’è neanche un’edicola. Una dozzina d’anni fa ce n’era una molto poco fornita (vendeva quasi solo quotidiani) e solo saltuariamente teneva il “Topolino”, motivo per cui i miei mi regalarono l’abbonamento poco dopo che ho imparato a leggere. Quando questa edicola chiuse, andavamo spesso a comprare fumetti e riviste in un’edicola in una città qui vicino, tanto che fu per qualche anno la nostra edicola di fiducia, finché chiuse anche quella. Purtroppo, allo stato in cui siamo oggi ci sono veramente poche edicole e spesso tocca fare chilometri prima di trovarne una che magari non è neanche fornita. Ormai faccio prevalentemente i miei acquisti di fumetti direttamente sul sito ogni 3 o 4 mesi, almeno sono sicura di trovare ciò che desidero senza dover viaggiare per tutta la provincia. Io e i miei abbiamo fatto il possibile per incoraggiare le edicole, ma nella nostra realtà locale la situazione è disastrosa, e purtroppo tocca ricorrere ad altri canali di acquisto, anche se meno emozionanti (ricordo ancora la gioia e la curiosità di andare in edicola e scoprire quale nuovo, inatteso fumetto fosse lì pronto per essere comprato, sensazione che la selezione e l’acquisto di prodotti già stabiliti sullo shop online non danno).
Non mi reputo passatista, ma spesso mi tocca constatare come il cartaceo sia ormai disprezzato da molti. Agende, diari, libri, giornali: molte persone non sanno cosa sia averli cartacei, tenendo solo una copia digitale. Ma per me rimane insostituibile la sensazione, l’emozione che mi dà la carta.
Cara Korinna,
ti ringrazio per la tua preziosa testimonianza.
Purtroppo, ovviamente nei piccoli centri la situazione è più problematica che altrove e in questi casi spesso diventa praticamente obbligatorio ricorrere ad altri canali di vendita – l’online in particolare – per chi vuole collezionare una testata o procacciarsi albi particolari.
Interessante anche le tue considerazioni sul differente valore che viene dato alla carta oggigiorno.
Grazie a te Andrea per questo articolo ricco di riflessioni interessanti!
A presto 🙂