5 motivi per cui i disegnatori non sanno farsi pagare
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5 motivi per cui i disegnatori non sanno farsi pagare

Durante i nostri corsi di Marketing Editoriale ci siamo resi conto che spesso non sono soltanto gli studenti ad avere difficoltà a definire il valore del proprio lavoro, ma anche molti colleghi creativi (disegnatori, illustratori e sceneggiatori) si interrogano tra loro quando si trovano ad accettare un incarico diverso dal solito.

Questo perché parlare di soldi in ambito editoriale non è facile, non esistono prezziari, in rete si trova un po’ di tutto, e buona parte degli aspiranti autori/autrici con cui ci siamo confrontati evita l’argomento per non sembrare “maleducato/a”, lasciando gestire il vile aspetto pecuniario all’editore in totale fiducia, per poi rendersi conto che i guadagni spesso non sono esaltanti.

Ma già arrivare a firmare un contratto per tanti, tantissimi giovani artisti è un sogno che si avvera, perché per muovere i primi passi nel professionismo hanno dovuto affrontare un percorso minato da insicurezze, sacrifici e mentecatti che hanno preteso disegni gratis proponendo pagamenti in visibilità o una birra annacquata a un indefinito appuntamento futuro (a cui non si faranno comunque trovare).

Ecco perché vogliamo provare a illustrarvi i 5 motivi per cui chi disegna non sa farsi pagare, cercando di sfatare alcuni luoghi comuni e “svelando” alcune cattive abitudini per mettere a nudo dei malcostumi che oggi non hanno più senso d’essere, soprattutto considerando le possibilità offerte dalla rete, la maggiore accessibilità al mercato internazionale e il recente sviluppo di settori come Videogiochi, Giochi in Scatola e Giochi di Ruolo.

  1. “Disegnare non è un lavoro”
    La verità: sono numerose le indagini di settore, come quella di Mefu.it, che descrivono una situazione in cui gli artisti non riescono a sbarcare il lunario con il proprio talento. La presenza di una domanda superiore all’offerta rende in genere la selezione dei professionisti più severa e il servizio più difficile da prezzare, avvalorando in alcuni casi la percezione che il disegno sia esclusivamente un passatempo o un hobby.
    Cosa si può fare: nel frattempo che maturate il vostro stile, tentare la strada dell’autoproduzione e della pubblicazione regolare dei vostri lavori sui social e nelle community adibite a tale scopo permette di ricevere critiche e suggerimenti necessari al percorso di crescita, grazie al confronto con il pubblico e i colleghi.
    Un consiglio: la situazione non migliorerà finché continuerete a regalare i vostri sketch a chi non dà valore al vostro impegno.
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  2. “L’editoria è in crisi, per questo paga poco”
    La verità: se chiedete a un anziano disegnatore quando è iniziata la crisi del fumetto in Italia, con buona approssimazione vi indicherà un periodo precedente alla sua nascita. Nel nostro paese abbiamo avuto tantissime stagioni dorate per le produzioni da edicola, i manga, le riviste, le graphic novel… e altrettanti catastrofici tracolli, al punto da far percepire il settore sempre sull’orlo di un baratro terrificante, sotto la costante minaccia di tutti gli altri media d’intrattenimento che “rubano lettori”. Se però vi capitasse di conversare con i compagni di merenda dell’editoria, sarà facile rendersi conto che la situazione non è così diversa per libri illustrati, romanzi e, in generale, per la carta stampata. La crisi c’è sempre stata e, da sempre, per alcuni è un’OTTIMA scusa per non pagare professionisti e fornitori.
    Cosa si può fare: non focalizzarsi su un singolo settore e imparare a cercare l’editore giusto per il proprio lavoro, così da confrontare più offerte, anche in ambiti differenti.
    Un consiglio: iscriversi a corsi e frequentare community dov’è possibile entrare in contatto con i professionisti del mestiere e seguirli sui social per comprenderne meglio il percorso.
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  3. “Gli editori sono tutti disonesti”
    La verità: né più, né meno di un qualsiasi altro imprenditore. C’è chi versa regolarmente le tasse e chi le evade, chi paga puntuale i fornitori e chi ne glissa le telefonate, chi consegna ai suoi autori report di vendita precisi e dettagliati e chi li falsifica. Evitare le fregature non è facile e per un esordiente cadere nella rete di un committente che non rispetta gli accordi è un passaggio quasi inevitabile, perché nel settore editoriale è molto frequente assistere alla nascita di etichette improvvisate, senza una linea, o un progetto, che dopo una manciata di pubblicazioni svaniscono nel nulla lasciando debiti e tristezza… Questo, ovviamente, quando non sopravvivono chiedendo agli autori di regalare il lavoro o, peggio, di pagare per pubblicare.
    Cosa si può fare: evitare gli editori che non pagano, o cercare di capire quando ha davvero senso fare beneficienza.
    Un consiglio: pubblicare a qualunque condizione pur di avere qualcosa di stampato in libreria non fa curriculum. Non è la quantità, ma la qualità delle pubblicazioni di un autore a fare la differenza. 
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  4. “In Italia non si legge”
    La verità: i dati Istat sui lettori di libri in Italia indicano che solo il 15,6% può essere definito un “lettore forte” con la media di un libro al mese, mentre poco più del 40% degli Italiani legge almeno un libro l’anno; un numero prossimo a quello dei videogiocatori secondo i dati riportati dall’associazione Iidea. La riduzione dei rivenditori (fumetterie, librerie ed edicole) sembra non conoscere fine, e procede molto più rapidamente dell’effettivo calo dei lettori a causa della concorrenza di Amazon e, in generale, dell’evoluzione del mercato on-line.
    Cosa si può fare: lo sviluppo di forme di intrattenimento alternative alla lettura ha senz’altro contribuito al calo dei lettori, soprattutto nelle fasce più giovani, quindi oggi è sempre più necessario approfondire il mercato italiano ed estero dell’industria culturale per comprenderne i prodotti e le prospettive.
    Un consiglio: “per fare fumetti, bisogna leggerli”, suggeriva Davide Toffolo, e in un settore dove la selezione è dura una solida formazione e un impegno costante sono fondamentali per poter sviluppare un qualsiasi tipo di talento (e trovare lavoro).
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  5. “I soldi si fanno solo all’estero”
    La verità: si stima che nel mondo i madrelingua inglese siano 500 milioni, mentre l’italiano è al 23° posto nell’elenco degli idiomi più diffusi, giusto sotto Urdu, Javanese e Arabo egiziano. Nel nostro paese meno di 10 milioni di persone acquistano più di un libro l’anno e il mercato del fumetto da libreria è inferiore al 5%. Appare chiaro che è molto più difficile costruirsi un pubblico e una nicchia con numeri così piccoli, ma è anche vero che pubblicare all’estero non rappresenta la lotteria della vita, perché un contratto standard a royalties solitamente offre agli autori la stessa percentuale (circa il 5%) anche sui diritti esteri, ma attenzione, è una percentuale calcolata sulla percentuale incassata dell’editore (dal 5 al 10%)
    Cosa si può fare: imparare a comprendere i contratti e chiedere una più equa distribuzione dei proventi dalla compravendita dei diritti esteri (ad esempio il 50%) aiuterà a rendere molto meno miseri i vostri guadagni. Allo stesso modo rapportarsi direttamente agli editori esteri, così come sviluppare strategie per il pubblico straniero, oggi è possibile.
    Un consiglio: ripassate la Matematica, perché molto spesso il vero problema è il non essere in grado di calcolare una banalissima percentuale.

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