Con il lancio nell’MCU della serie animata What If? su Disney+ c’era da aspettarsi che Marvel Comics rilanciasse una delle serie a fumetti più amate dai lettori. A differenza delle precedenti incarnazioni, che come il cartone animato era composta da episodi autoconclusivi e vedeva in Uatu l’Osservatore il narratore esterno e onnisciente, la nuova serie si propone di essere una raccolta di miniserie sviluppate su più numeri e a cadenza meno definita.
Per ripartire la Marvel si affida all’ormai lanciatissimo Chip Zdarsky (autore anche del nuovo design del logo), a Pasqual Ferry e a Matt Hollingsworth, ma soprattutto si affida al suo personaggio più simbolico, quello Spider-Man protagonista anche del primo What if1 della storia.
Ed è in parte proprio questo numero che Zdarsky omaggia con l’importante presenza dei Fantastici Quattro nella storia: il resto trae ispirazione da uno dei periodi più amati dai fan, quello del simbionte e del costume nero, del rapporto con Mary Jane Watson e con Felicia Hardy, quello a metà tra pulp e supereroistico.
Partendo da qui, Zdarsky costruisce una storia che soprattutto nella prima parte gioca con atmosfere horror striscianti, con una inquietudine crescente che ben mette in scena il tormento di Peter e la sua vita che va in pezzi.
Pur virando, nella seconda parte, verso una trama meno potente prettamente supereroica condita da alcune strizzatine d’occhio per stuzzicare i fan con variazioni sul tema villain (la nuova identità di Eddie Brock) e conclusa con un finale forse troppo positivo, l’intreccio resta comunque ben costruito e ricco di colpi di scena. La forza della storia risiede soprattutto nelle atmosfere e nell’approfondimento dei personaggi, in particolare un Peter distrutto dal dolore,divorato dalla sete di vendetta ma pronto al sacrificio per riabilitarsi e salvare la situazione; una Mary Jane forte e fedele, capace di prendere in mano la situazione e salvare se stessa e gli altri; e J. Jonah Jameson, tratteggiato con pochi ma azzeccatissimi momenti, in linea con quanto già fatto dallo sceneggiatore su Peter Parker: Spectacular Spider-Man.
I disegni di Pasqual Ferry sono molto efficaci nel tratteggiare i sentimenti dei personaggi, soprattutto nei primi piani, mentre definiscono sequenze d’azioni forse un po’ statiche ma eleganti. Suggestive anche le sequenze oniriche in cui Peter si trova prigioniero dei propri incubi, e azzeccate alcune scelte di design (come il ragno simbionte). Quello che non convince appieno è l’abbinamento tra il tratto sintetico e elegante, che nel tempo si è evoluto guardando a Darwyin Cooke, con i colori piatti e spesso molto brillanti di Matt Hollingswoth: queste scelte stilistiche stonano in alcuni momenti particolarmente tesi, dove l’atmosfera horror richiederebbe chiaroscuri più abbondanti e una colorazione più tetra.
Quando questo si realizza, negli incubi ma anche nei capitoli due e tre, quando il simbionte prende il sopravvento e Peter sprofonda in una spirale di violenza e disperazione, il fumetto riesce a inquietare profondamente il lettore.
Nonostante alcune piccole pecche, L’Ombra del Ragno si dimostra una storia interessante che rielabora con intelligenza gli elementi più affascinanti delle storie di Spider-Man degli anni ‘80 per diventare un interessante horror supereroistico.
Abbiamo parlato di:
Spider-Man: L’ombra del ragno
Chip Zdarsky, Pasqual Ferry, Matt Hollingsworth
Traduzione di Pier Paolo Ronchetti
Panini Comics, 2021
128 pagine, cartonato, colori – 16,00 €
ISBN: 9788828705895
Cosa sarebbe successo se l’Uomo Ragno si fosse unito ai Fantastici Quattro? in What if? #1, febbraio 1977, di Roy Thomas, Jim Craig e Pablo Marcos ↩