L’impossibile grandezza di Roberto Baggio

L’impossibile grandezza di Roberto Baggio

Mattia Ferri e Nicolò Belandi raccontano la vita e la carriera di Roberto Baggio, uno dei più straordinari giocatori di calcio della storia, in un biopic a fumetti targato Beccogiallo.

«Sai chi è quel giocatore che
ha la maglia viola e il dieci olè?
Baggio, Roberto Baggio…»
(coro da stadio dei tifosi della Fiorentina)

Due sono le passioni che mi accompagnano fin da piccolo: i fumetti e il calcio. Da fiorentino, la seconda si è sempre tinta di viola, con molte più delusioni che gioie. Tra queste ultime, forse la più grande è stata quella di poter ammirare dal vivo allo stadio, durante la mia infanzia e adolescenza, l’eleganza, la classe, le giocate e i gol di due straordinari numeri 10: Giancarlo Antognoni e Roberto Baggio quando, per poco meno di cinque anni, ha indossato la maglia della Fiorentina.

Al campione di Caldogno – tra i più grandi giocatori che abbiano calcato i campi di calcio italiani e internazionali – Mattia Ferri e Nicolò Belandi hanno dedicato il loro più recente lavoro edito da Becco Giallo, Baggio – credere nell’impossibile, un vero e proprio documentario a fumetti dedicato al calciatore vicentino.

I due autori sono entrambi di origine bresciana e non può essere una semplice coincidenza che abbiano deciso di realizzare quest’opera, considerando che proprio a Brescia Baggio ha chiuso la sua carriera agonistica, vivendo una vera e propria seconda giovinezza tra il 2000 e il 2004.

«Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore
Non è mica da questi particolari
Che si giudica un giocatore
Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia»
(Francesco De Gregori, La leva calcistica del ’68)

Il libro si apre e si chiude, secondo una precisa circolarità narrativa, con l’episodio con protagonista Baggio forse più conosciuto, anche da chi non segue il calcio: il rigore sbagliato nella finale dei Campionati Mondiali di USA 1994 che regalò la vittoria al Brasile sull’Italia.

L’episodio più noto, ma anche quello che meno definisce e spiega chi sia stato veramente Baggio, come calciatore e come uomo. O meglio, un episodio eclatante, ma che sbiadisce al cospetto di tanti altri che vanno a formare la carriera di questo calciatore.
Infatti nel mezzo troviamo nove capitoli (e mezzo)  – ma non sarebbe stato forse più bello se fossero stati dieci, come il numero di maglia del Divin codino, il numero che da sempre nel calcio è associato al talento e alla fantasia? – in cui i due autori raccontano chi sia stato Baggio dentro e fuori dal campo, secondo un percorso narrativo che saltella, in rigoroso ordine non cronologico, tra le tappe della carriera del calciatore, presentando gli episodi avvenuti all’interno del rettangolo verde che lo hanno definito non solo come atleta ma anche come uomo.

Elementi fondanti della sceneggiatura pensata da Ferri sono i gravi infortuni che hanno contraddistinto l’intera carriera di Baggio e che, per assurdo, ne hanno costruito la straordinarietà come calciatore. Poiché nonostante la rottura e la lesione del legamento crociato anteriore e dei menischi di entrambe le ginocchia (tra le tipologie di infortunio più gravi che possa capitare a un calciatore), il fantasista vicentino è stato capace in carriera di giocare e segnare in tre diversi mondiali (Italia 1990, USA 1994, Francia 1998), vincere il Pallone D’oro (1993), vincere due campionati nazionali, una Coppa Italia e una Coppa Uefa e di realizzare oltre 300 goal.

Sono due gli episodi presenti nel libro che danno maggiormente un’idea della caratura che Roberto Baggio ha avuto nel calcio italiano.
La sciarpa viola lanciata dai tifosi e da lui raccolta durante la prima partita giocata a Firenze da avversario, dopo il passaggio alla Juventus, nell’aprile 1991.

«Mi ricordo ancora la scena: quando Baggio passò dalla Fiorentina alla Juventus, in conferenza stampa, davanti ai giornalisti gli misero al collo la sciarpa bianconera e lui la gettò via. Fu un gesto imbarazzante. Io dissi che il ragazzo andava compreso: era come se avessero strappato un figlio alla madre. Ammetto che, quella volta, rimasi molto colpito anch’io.» (Antonio Caliendo, procuratore di Baggio)

In quella partita, vinta 1-0 dalla Fiorentina, Baggio si rifiutò di calciare un rigore contro la sua ex squadra, non per vigliaccheria però. Nella settimana precedente la gara, il fantasista aveva già avvertito il suo allenatore che non avrebbe tirato un eventuale rigore poiché il portiere viola, Gianmatteo Mareggini, lo conosceva troppo bene. Quando venne sostituito, uscendo dal campo salutò i suoi ex tifosi sotto la curva Fiesole, raccogliendo la sciarpa viola che gli è stata lanciata dagli spalti, in un alternarsi di applausi e fischi (per la cronaca, io c’ero e applaudivo).
O ancora, il rifiuto di passare all’Inter nel 1998 durante il mercato di gennaio, nonostante la sfrenata corte del presidente nerazzurro Moratti, per rispettare la parola data ai tifosi del Bologna di finire il campionato con i felsinei e salvarli dalla retrocessione in serie B, nonostante le incomprensioni con il proprio allenatore.

I numeri di gol e presenze in realtà non servono a Ferri per raccontare Baggio. È attraverso la sofferenza, il dolore fisico, la forza di volontà di rialzarsi sempre che lo sceneggiatore rivela al lettore chi sia stato veramente questo campione, come proprio quella sofferenza lo abbia avvicinato al buddismo, come il sorriso sia sempre rimasto sul suo volto nonostante tutto, come il suo carattere semplice, schivo e allegro, la sua sincerità d’animo gli abbia permesso di restare nel cuore di tutte le tifoserie delle squadre di cui ha vestito la maglia, e non solo di quelle.

All’inizio abbiamo definito l’opera come un documentario a fumetti perché in effetti i balloon presenti sono molto rari. Se da una parte è vero che i dialoghi avrebbero forse donato una personalità e un piglio più marcato all’opera, bisogna riconoscere che il taglio narrativo dato da Ferri alle didascalie è calzante: esse accompagnano il lettore come una voce fuori campo che racconta, modulandosi spesso sui toni della telecronaca sportiva, e supportano le immagini di Nicolò Belandi che assomigliano più a illustrazioni che a pagine di fumetto.

Il disegnatore ferma nelle tavole alcuni iconici fotogrammi di immagini televisive che riescono a trasmettere sulla pagina la grazia, il talento e la fantasia che definivano lo stile di gioco e il modo di calciare unici di Baggio.
Quella che può apparire una mera copiatura si rivela essere invece un efficace escamotage che, da una parte, rimanda immediatamente alla mente dei lettori appassionati di calcio le immagini tante volte viste sullo schermo televisivo e, dall’altra, mostra a chi non ama il calcio come Baggio in campo ballasse e si muovesse con un passo e una grazia sconosciuti agli altri ventuno giocatori presenti.

È vero che Belandi si concede alcune “licenze poetiche” che potrebbero far storcere il naso agli appassionati di calcio, come nella rappresentazione del gol del pareggio contro la Nigeria in cui la rete si gonfia a mezz’altezza mentre il pallone nella realtà entra rasoterra, oppure nel gol contro la Spagna in cui manca del tutto il difensore che tenta di recuperare dopo che Baggio scarta il portiere Zubizarreta. In verità, siamo a livelli di dettagli che vanno contestualizzati all’interno di quello che possiamo ormai definire uno “stile Beccogiallo” che punta spesso più alla comprensibilità e alla chiarezza espositiva che alla forma, a costo di svantaggiarla in alcuni passaggi.
A queste tavole tratte dalla realtà poi Belandi associa una serie di immagini di fiction pura che servono a romanzare la realtà e dare un tocco di biopic al lavoro, seguendo probabilmente una traccia voluta da Ferri in fase di scrittura per appassionare il lettore e fargli conoscere meglio la persona e il carattere del protagonista.

Il colore acquerellato regala leggerezza alle tavole e le macchie policrome che spesso vengono usate per rappresentare lo sfondo degli spalti degli stadi pieni di tifosi, striscioni e bandiere conferiscono alle vignette in cui sono rappresentate le azioni di gioco una sorta di sospensione onirica: in quel momento, per Baggio esiste solo il pallone e il campo, tutto quello che c’è attorno si stempera in uno sfuocato guazzabuglio di colore.

A completare il volume troviamo la cronistoria essenziale del calciatore vicentino e, soprattutto – come ormai ci ha abituato Beccogiallo – un elenco di libri, canzoni e documentari da cui partire per approfondire la figura di Roberto Baggio.

Abbiamo parlato di:
Baggio – credere nell’impossibile
Mattia Ferri, Nicolò Belandi
Beccogiallo, 2019
152 pagine, brossurato, colore – 18,00 €
ISBN: 978883314075

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