Il Leopardi di Davide La Rosa tra surrealismo e parodia

Il Leopardi di Davide La Rosa tra surrealismo e parodia

Saldapress pubblica un nuovo capitolo del multiverso satirico di Davide La Rosa, tra letteratura, serial e fumetto popolare.

Leopardi Ranieri true veri detective per Saldapress è il secondo capitolo dell’ambizioso progetto di un Davide La Rosa Universe, che comprende anche un Foscolo in chiave horror e un Parini fantascientifico. Il titolo esplicita subito il rimando alla fortunata True Detective, mentre la cover richiama il lynchiano Twin Peaks. La variant di Giuseppe Camuncoli omaggia invece il riferimento più sostanziale, quello a Martin Mystere e il suo assistente muto Java, di cui qui viene ripresa la prima storica copertina.

La Rosa è forse oggi il massimo esponente dei Fumetti disegnati male: dopo l’esordio nei primi anni 2000 sull’omonima rivista, nel 2005 si dà al webcomic con il blog Mulholland Dave (che nel nome va a parodiare il Mulholland Drive di Lynch), che garantisce un discreto successo all’autore e porta alla pubblicazione dei suoi vari fumetti di satira religiosa, Dio (2007-2009), Zombie gay in Vaticano (2011), Suore Ninja (2013) per la Star Comics.

Questa nuova fase della produzione segna un cambio di bersaglio satirico. Fin dal titolo sono tre i riferimenti: la Bonelli, il canone letterario italiano e la nuova serialità televisiva. Davide La Rosa crea così un suo universo narrativo interconnesso (attribuendone cautamente la responsabilità all’editore, in alcune interviste) sotto il segno dell’Occhio nel triangolo del Dio biblico e degli Illuminati (La Rosa gioca a volte anche sul suo nome esoterico e “rosacrociano”).

A un primo livello La Rosa continua anche a esercitare il suo umorismo surreale e volutamente infantile, ma l’elemento più interessante sta però in questo nuovo intricato piano meta-fumettistico, dove l’autore sembra volutamente provocare il lettore. Il tema conduttore mi sembra la satira della Bonelli, in cui rientrano gli altri due argomenti, cinema e letteratura: parlare di Leopardi è un modo per irridere, da parte di La Rosa, il recupero di elementi colti nel popolare (tipico soprattutto di Mystere) presentato dall’autore come velleitario.La parodia della nuova serialità televisiva ironizza invece di più sulla “nuova Bonelli”, che guarda a questo secondo modello nel tentativo di innovarsi.

Una parte introduttiva aggiunge altri riferimenti che troveremo nella storia: Ai confini della realtà e Alan Moore in collage digitale.  La Recanati/Twin Peaks lynchiana si apre invece col Sabato del villaggio, immergendoci subito nel trionfo del classico Disegnato Male. Tutto mira a infastidire l’occhio del lettore.
Il tratto puramente schematico, “a bastoncini”, le vignette riquadrate male, il lettering approssimativo, il minimalismo assoluto della scena salvo alcuni fastidiosi dettagli inutili: tutto rientra in una voluta scelta dello sgradevole grafico.

Se il segno è volutamente infantile, il montaggio di tavola segue invece abbastanza pedissequamente la gabbia bonelliana nella sua più convenzionale griglia a mattoncino; perfino il periodico irrompere delle splash pages sembra anch’esso parte della parodia, estesa in questo caso al “nuovo bonelliano”, quasi a dire che per La Rosa non basta qualche saltuario effetto grafico per movimentare la struttura della gabbia.

L’unica variazione rispetto a questo stile è la digressione su Marat, che introduce uno spezzone di fumetto fotografico; La Rosa poteva limitarsi a un puro assemblaggio di immagini, invece rielabora le immagini con Prisma, un programma che consente di trasformare efficacemente delle foto in disegni. Con questa provocazione, La Rosa sembra quasi dire che ormai i disegnatori realistici possono essere sostituiti da una macchina. La tavola è disposta di sbieco nell’originale, quasi a sottolineare la sua particolarità.

Sotto il profilo testuale invece sono centrali le numerose tirate contro lo Spiegone, personificato in un ripugnante anellide mesopotamico da De Vermiis Mysteriis, ma spesso anche parodiato in numerosi inserti gratuiti di lunghi brani filosofici in stile leopardiano.

La narrazione in sé, salvo l’intermezzo di sketch di umorismo surreale tipici dell’autore, segue da vicino il giallismo bonelliano nella sua declinazione mysteriana: delitto, indagine, intervento disturbatore di una setta iniziatica alla “Uomini in nero”, e così via.

La setta diabolica antagonista della storia, in particolare, assomma in sé varie citazioni: alcuni rimandi evidenti sono a Il Prigioniero; il fatto che i membri della setta siano tutti figure della letteratura mondiale rimanda però anche alla Lega dei Gentiluomini Straordinari di Moore. L’operazione che lo stesso La Rosa, in fondo, sta tentando con il suo Rosaverso. Tuttavia, mentre l’autore inglese riaffermava così certe ascendenze del fumetto di avventura profondamente radicate nella letteratura popolare, La Rosa invece sembra sostenere la sostanziale inconciliabilità del canone italiano con il popolare, se non appunto in una parodia surreale. Un Edgar Allan Poe coinvolto in un fumetto d’azione non fa ridere in sé, il contemporaneo italiano Giacomo Leopardi suona subito più dissonante.

Tramite questa organizzazione iniziatica le citazioni letterarie si espandono a macchia d’olio, divenendo parodistiche anche nella loro incongruenza: La Rosa centrifuga Cervantes e Mary Shelley, Marat e Silvio Pellico, Parini e Papà Gambalunga (fonte stilistica del Disegnato Male, tra l’altro). L’Accademia dei Trasformati è esistita davvero, ma diviene una specie di italica versione della scuola degli X-Men, tra i quali Leopardi ottiene il superpotere di una gobba alla Inspector Gadget.

Questa parodia del citazionismo porta anche a una conseguente parodia della critica affascinata dalle citazioni colte nel popolare. Albergo Angela è un servile cameriere dedito a un costante ed inutile commento di ciò che avviene nella storia, una nota a pié di pagina vivente, superflua, quando non palesemente errata.

La satira di La Rosa nel complesso ha una sua efficacia: il sospetto che vuole indurre nel lettore è che in fin dei conti, se solo fosse disegnata in modo opportuno, la sua parodia non sarebbe troppo lontana dal modello; un po’ come il Machiavelli di René Ferretti è imparentato con gli attuali Medici televisivi. Certo, è una satira che può interessare soprattutto il pubblico bonelliano, di Martin Mystere in particolare: senza conoscere bene la fonte primaria, la parodia perde molto del suo sapore. Sarebbe curioso, inoltre, vedere un simile fumetto di La Rosa sviluppato da un disegnatore competente, come in fondo già avvenuto in parte con le sue Suore Ninja.

D’altro canto, non è possibile nemmeno escludere di vedere prima o poi una versione rabbonita di questa parodia in qualche “speciale” bonelliano. Un po’ come Marinetti che alla fine diventa Accademico d’Italia, mi verrebbe da dire, prima che La Rosa decida di fagocitare anche lui nel suo bulimico multiverso.

Abbiamo parlato di:
Leopardi e Ranieri veri detective
Davide La Rosa
Saldapress 2016
152 pagine, brossurato, bianco e nero, 10,90€
ISBN: 9788869192128

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *