Le stagioni del giallo: Le indagini di Andrè Dupin

Le stagioni del giallo: Le indagini di Andrè Dupin

Con il secondo volume edito da Lavieri riprendono le avventure rosa-noir del detective franco-pugliese ideato dal collettivo tarantino di LABO Fumetto, unendo atmosfere del passato e un tocco di modernità nelle dinamiche che legano e oppongono i personaggi

Un po’ come le miglia che il personaggio ha dovuto compiere dalla natia Francia fino all’estremo Sud di Taranto in Puglia, così anche il fumetto Le indagini di Andrè Dupin ha macinato varie tappe, prima di arrivare alla forma definitiva presso Lavieri Edizioni.

Il personaggio, creato da Fabrizio Liuzzi (sceneggiatore), Gianfranco Vitti (disegnatore) e Gabriele Benefico (colorista) vede infatti la luce nel 2012 grazie alla vittoria al Lucca Project Contest della sua prima avventura Delitto d’autunno, poi pubblicata da Edizioni BD.

Nella vicenda, ambientata negli anni Cinquanta del secolo scorso, Dupin si presenta come un investigatore privato francese emigrato in Italia, che dall’omonimo modello di Edgar Allan Poe riprende sicuramente la tenacia, ma non particolarmente la bravura. A salvargli la reputazione c’è infatti Agata, l’assistente che lo aiuta in tutti i casi e che spesso è più di un passo avanti a lui nelle indagini. La formula giallo-rosa funziona, ma il futuro del duo prosegue poi nell’autoproduzione, che Liuzzi, Vitti e Benefico portano avanti attraverso il collettivo di LABO Fumetto, associazione culturale tarantina che si occupa di creazione, insegnamento e divulgazione di fumetto e illustrazione.

Un torrido confronto: l'edizione autoprodotta da LABO (a sinistra) e quella definitiva di Lavieri (a destra)
Un torrido confronto: l’edizione autoprodotta da LABO (a sinistra) e quella definitiva di Lavieri (a destra)

Con periodicità saltuaria arriva così prima il seguito, Un torrido inganno, e poi ancora un primo spin-off a tinte acquerello, Fantasmi dal passato, un prequel sul solo Dupin e su cosa l’ha condotto a Taranto. Resta sulla carta, invece, l’annunciata terza parte di quella che a questo punto si va profilando come una possibile tetralogia delle stagioni. Dopo l’autunno dell’esordio e la torrida estate del seguito, toccherà all’inverno, in Freddo come la neve. Segno che un lavoro è invece in corso dietro le quinte per portare innanzitutto Dupin a una forma (e un formato) definitivi presso un editore che voglia raccogliere la sfida, permettendo l’abbandono dell’autoproduzione.

Il passo avviene con l’ingresso di Lavieri, che dal 2017 prende in carica il progetto, ripartendo daccapo, con la collana attualmente in corso. Nelle due uscite al momento disponibili (giunte con cadenza annuale), sono così riproposte le due indagini lunghe già note, accorpate a quelle brevi. Nel primo numero troviamo perciò Fantasmi dal passato e Delitto d’autunno (in un ordine che rispetta la continuity delle vicende). Nel secondo, da poco disponibile e qui alla nostra attenzione, è invece la volta di Un torrido inganno, cui segue l’inedita Un messaggio per Agata che, in ossequio alla legge dello spin-off sin qui osservata, vede in azione la sola assistente e fa luce su alcuni segreti sepolti nel suo passato.

I parallelismi tra i due numeri non sono solo formali, ma anche sostanziali: se l’avventura lunga procede su binari strettamente gialli, dove però la scherzosa e divertente rivalità fra Dupin e Agata si ritaglia una corposa porzione di spazio, negli spin-off prevale un tono più malinconico. Una sorta di rimpianto da Eden perduto, che peraltro si rispecchia nella progettualità intera di una serie che guarda a una Taranto molto diversa dalla moderna capitale dell’acciaio e ne fa un ideale set da classico del cinema italiano. C’è infatti il gusto per i caratteri, per un regionalismo non invasivo, ma attento a sottolineare le peculiarità geografiche e culturali del luogo, e la furbizia nel giocare con uno scenario mediterraneo e pieno di un’umanità cui piace vivere pigramente, ma che nei fatti è poi animata da difetti tutt’altro che rasserenanti: gelosie, rancori, avidità e tutti i sentimenti che fanno l’ossatura tipica di un giallo.

Il classico meccanismo del whodunit – ovvero “chi lo ha fatto”, da cui si dipanano in genere le trame gialle fino alla scoperta dell’assassino – si unisce così a una certa modernità nelle dinamiche della “strana coppia” Dupin-Agata, tanto che le due parti si contendono l’attenzione del lettore: l’uomo agisce con la sicurezza del protagonista, salvo commettere errori e ingenuità, mentre l’assistente rifiuta con forza il ruolo da subalterna, in netta opposizione ai più classici stereotipi femminili della sua epoca. Si nota anche in questo caso un’attenta consapevolezza e voglia di accattivarsi i favori del pubblico più attuale, così come accade con certi espedienti che vedono Dupin elaborare i pensieri a voce alta, a tutto beneficio del lettore, salvo poi stupirsi del suo parlar da solo.

Nel complesso, il tono è piacevole e i personaggi invitano a proseguire la lettura, anche al di là dei pur doverosi colpi di scena imposti dal genere. E se prima si citavano possibili parallelismi filmici, nella sintesi di atmosfere del passato e personaggi moderni si concretizza il passaggio dall’immediatezza delle commedie anni Cinquanta ai toni più morbidi e attenti alle dinamiche fra i personaggi delle più recenti fiction alla Don Matteo o Montalbano.

Stilisticamente, Le indagini di Andrè Dupin si fa notare per il tratto impresso da Gianfranco Vitti, di qualità più pittorica nell’uso degli acquerelli delle storie brevi e nel bel gioco di ombreggiature a scale di grigio delle vicende lunghe, mentre l’impianto generale guarda alla scuola francese della linea chiara e delle figure essenziali – in Un messaggio per Agata, tanto per non lasciare dubbi sui modelli, scopriamo Dupin intento a leggere un’avventura di Tintin.

L’ambientazione d’epoca è riprodotta partendo da modelli fotografici, rielaborati in modo da mantenere coerenza con la caratterizzazione più stilizzata dei personaggi. Con il procedere delle storie il tratto di Vitti si ispessisce e i panorami diventano quindi più espressionistici, pur mantenendo una bella ricchezza dei dettagli. La divisione regolare della tavola, con una griglia abbastanza rigida e in alcune pagine un po’ affollata di vignette, sembra anche pensata per imporsi senza troppi scossoni nel panorama del fumetto popolare italiano. La tendenza generale è quella di riempire le vignette di elementi: sfondi, mura, nubi, siepi e campi cercano di trasmettere l’impressione di un paesaggio “attivo” rispetto alla vicenda, che sta addosso ai personaggi. Gli autori, non a caso, a volte modificano la geografia reale dei luoghi a seconda delle esigenze.


Un veloce paragone con la versione autoprodotta di Un torrido inganno, evidenzia inoltre un lavoro di editing da parte di Lavieri, che ha rivisto lettering e colorazione insieme agli autori. Il carattere è stato ingrandito (forse anche per compensare una lieve riduzione delle tavole) e il font è stato reso più dinamico, mentre i grigi sono stati lievemente desaturati per esaltare la solarità del “torrido” scenario evidenziato dal titolo e la resa ne ha certamente guadagnato. Nessuno stravolgimento, in ogni caso, l’intervento è stato discreto ma presente, gentile come il tono stesso dei personaggi e delle loro vicende.

Abbiamo parlato di:
Le indagini di Andrè Dupin – volume II
Fabrizio Liuzzi, Gabriele Benefico, Gianfranco Vitti
Lavieri Editore, 2018
88 pagine, brossurato, bianco e nero e colore – 10,00€
ISBN: 9788896971796

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