Le avventure del figlio di Spider-Man

Le avventure del figlio di Spider-Man

È terminata anche in Italia, grazie a Panini, la pubblicazione della miniserie di J.J. Abrams, Henry Abrams e Sara Pichelli su Spider-Man: è tempo di analizzarne luci e ombre.

Sider-Man_Abrams_Pichelli_1Nell’estate del 2019 fece molto rumore, tra gli appassionati di fumetto mainstream americano, l’annuncio di una nuova miniserie di Spider-Man in cinque uscite scritta dal celebre regista J.J. Abrams insieme al figlio Henry: non era la prima volta che un cineasta si “convertiva” ai comics, basti pensare ad autori come Kevin Smith e Joss Whedon che hanno più volte bazzicato nell’ambiente fumettistico pur essendo principalmente noti in ambito cinematografico o televisivo.

Parimenti, Abrams è assurto agli onori della cronaca nei primi anni Duemila grazie a serie TV come Alias e Lost, per poi approdare anche sul grande schermo in un percorso culminato negli ultimi anni con la gestione della “trilogia sequel” di Star Wars.
Un nome polarizzante, che nell’impostazione delle sue opere ha spesso inserito approcci vicini alla narrazione fumettistica ma che negli anni ha diviso gli appassionati tra fan e detrattori. Non si sapeva bene cosa aspettarsi dal suo esordio nella nona arte, specie considerando la fama e l’importanza del personaggio su cui sarebbe andato a lavorare e la collaborazione con Henry, ignoto ai più. Ma era evidente che la Marvel credesse molto nel progetto (in particolare nella persona di Nick Lowe, che ha inseguito e promosso questa opportunità per anni, prima che si concretizzasse), tanto da affidarne le matite a Sara Pichelli, una delle disegnatrici di punta della Casa delle Idee.

Il primo numero esordì negli Stati Uniti a settembre 2019, e la Panini lo portò da noi in spillato ad appena un mese e mezzo di distanza.
La vita editoriale della testata non sarebbe stata però molto lineare: il secondo albo uscì correttamente a ottobre in USA, e a dicembre in Italia, ma per il terzo occorse aspettare due mesi invece di uno. Dopodiché c’è stato un lungo iato, dai motivi non esplicitati, che ha portato a pubblicare il quarto numero solo a settembre 2020 e poi, tre mesi dopo, il quinto e ultimo, approdato da noi lo scorso fine gennaio.
Un percorso sofferto che ha diluito anche l’interesse verso la cosiddetta “miniserie evento” la quale, pur poggiando su ottimi spunti, già a metà strada iniziava a mostrare qualche punto debole.

Siamo in una Terra alternativa: attraverso un flashback posto subito a inizio della storia vediamo lo scontro tra Spider-Man e un gigantesco cyborg chiamato Cadaverico, al cui comando ci sono diversi robot che lui considera come figli. L’esito della battaglia porta alla morte di Mary Jane e a una sorta di auto-esilio di Peter Parker, distaccandosi dal figlio Ben che viene ora affidato alle cure di zia May.
La miniserie, facendo un salto in avanti di dodici anni, ruota intorno proprio al figlio adolescente di Peter, confuso e solitario, nel momento in cui scopre di star sviluppando strani poteri “ragneschi”.

Sider-Man_Abrams_Pichelli_5Lo spunto è intrigante e ben gestito. Distaccarsi dal “nostro” Spidey, mostrare le origini di suo figlio come erede del costume, inserire un dramma molto intenso alla base del suo carattere sono elementi classici in un certo tipo di letteratura, ma vengono proposti con consapevolezza e gusto; il tutto calato in maniera genuina nel contesto della vita giovanile contemporanea, caratterizzando adeguatamente situazioni e sentimenti e costruendo molto bene la figura di Ben, alle prese con determinate dinamiche interiori collegate tanto all’età quanto alle sue particolari abilità genetiche.

È diverso dal primo Peter, nelle reazioni che ha verso i propri poteri, e ha anche un rapporto complicato con il concetto di legacy che dovrebbe teoricamente connetterlo al padre. E tutti questi elementi contribuiscono a rendere il personaggio non una semplice versione aggiornata del Parker originale ma una figura con una sua indipendenza e per cui il lettore ha modo di parteggiare.
In quest’ottica appare anche decisamente riuscita Faye Ito, coetanea e compagna di scuola di Ben con il pallino del dover “fare la cosa giusta” per cambiare il mondo un piccolo pezzo alla volta, anche se per farlo occorre andare contro l’ordine costituito con l’identità segreta di Marker.
La ragazza è spumeggiante, alternativa negli atteggiamenti e nel look, carismatica e in definitiva l’intuizione migliore dell’intera miniserie.

Ben giocato per il suo lato divertente e dissacrante è l’intermezzo dell’incontro con un Tony Stark ritiratosi dalla vita pubblica da diversi anni e completamente distaccato dalla realtà: nell’economia della vicenda in realtà rappresenta un passaggio evitabile e con lo scopo – reso grossolanamente – di iniziare a rivelare alcuni elementi sul villain, ma lo spirito guascone di cui è intriso il personaggio rende irresistibilmente leggeri i toni dell’episodio in cui appare, pescando a piene mani dall’interpretazione cinematografica del personaggio.

Sider-Man_Abrams_Pichelli_4Il progetto inizia a scricchiolare quando si approfondiscono la natura e gli obiettivi di Cadaverico, che si “risveglia” in contemporanea con lo sviluppo dei poteri di Ben, attratto da qualcosa che ha a che fare con il sangue dei Parker.
La sua backstory appare infatti drammaticamente banale e bidimensionale, a base di progetti scientifici andati male e strane mutazioni genetiche e fisiche da horror di serie Z. Non che ci sia niente di male in questo specifico elemento narrativo, ma il tutto viene raccontato in modo piatto e senza troppa chiarezza, con una spiegazione che, nonostante sia esposta in modo didascalico, risulta raffazzonata, eccessivamente compressa e non proprio semplice da seguire. Ciò concorre a non appassionare il lettore a questo aspetto della trama, che risulta ostico da seguire, corrompendo anche gli aspetti positivi che inevitabilmente devono comunque convogliare con il resto della storia.

Gli ultimi tre quinti della storia diventano così un carrozzone a tratti simpatico ma un po’ caotico, scontato e vagamente kitsch.
In realtà nell’episodio finale i due Abrams riescono a recuperare un po’ di “cuore” a livello narrativo: come nelle prime due parti, infatti, nel momento in cui vengono messi in primo piano i rapporti tra i personaggi principali e i loro dialoghi la miniserie conosce momenti piuttosto felici e scorrevoli. In questo caso la difficile intesa famigliare tra i protagonisti riesce a rimettere al centro dell’attenzione, in maniera decente, uno dei temi focali della storia, anche a dispetto di un colpo di scena un po’ gratuito che comunque fa il suo lavoro a livello emotivo.
Dopo questa parentesi, però, gli eventi accelerano nuovamente e si arriva alle ultime pagine spaesati da una gestione narrativa che nel complesso appare poco coerente e unitaria.

Sara Pichelli si riconferma una disegnatrice contemporanea, nello stile e nell’approccio al fumetto. Il suo tratto è in perfetto equilibrio tra i canoni supereroistici classici e una sensibilità europea che si ritrova in particolare nella rappresentazione dei personaggi. I volti di Peter, May, Ben e Faye sono dettagliati e ricercati nelle espressioni, nel taglio degli occhi, negli accessori e nelle rughe, particolari che arricchiscono le loro personalità e che ne favoriscono la lettura delle emozioni.

Lavoro che si ritrova anche nella fisicità complessiva di queste figure: la matita della Pichelli è netta e porta a corpi alti e magri grazie a linee sottili che non vengono per nulla soffocate dalle chine della stessa disegnatrice (aiutata da Elisabetta D’Amico), le quali piuttosto accompagnano ed esaltano queste matite così fini.
Un discorso a parte lo merita il look di Faye Ito: calze a rete, maglietta corta con le spalle calate, lunga coda di capelli che sono però rasati corti sulle tempie, anello al naso, orecchini, trucco pesante dai colori vivaci e fisionomia orientale. Un collage estetico vincente che connota ottimamente la giovane.

Sider-Man_Abrams_Pichelli_8Sempre a proposito della ragazza, interessante anche l’aspetto del suo costume da Marker, con cui imperversa in città per vendicare ingiustizie a colpi di bomboletta spray: una tutina a un solo pezzo dal collo alle gambe, fino ad altezza shorts, con calze nere al ginocchio, e a coprire il viso occhialoni e mascherina con ghigno disegnato, in grado di riparare anche dagli effluvi della vernice. Una resa semplice ma al contempo ricca di inserti validi e originali.
Molto buona anche l’aspetto di Ben con il costume di Spider-Man, con la simpatica idea di mostrare qualche grinza per testimoniare la taglia diversa da quella del precedente proprietario, mentre per Cadaverico si è optato per una gigantesca e mostruosa figura composta di cavi, metallo e una faccia sfigurata, che fa il suo effetto senza ulteriori trovate particolari.

Dispiace però notare come il tratto dell’artista vada in calando con il procedere della miniserie: quanto detto fino ad ora vale infatti per la prima metà della storia, mentre negli ultimi due episodi si rileva una cura minore nella rappresentazione dei personaggi, anche nei primi piani, con soluzioni più semplici e una scarsa attenzione verso gli sfondi.

A livello di gabbia, infine, Sara Pichelli non eccede in quadruple e splash page, preferendo dettare il ritmo narrativo attraverso un sapiente uso delle vignette, sia nella loro disposizione che nella dimensione. I contorni dei riquadri sono sempre netti e abbondano le tavole con tre strisce orizzontali, quasi a restituire l’effetto da schermo cinematografico.
Una gestione delle pagine tutto sommato riuscita e che accompagna bene la lettura, insieme alla colorazione di Dave Stewart: il lavoro cromatico non presenta guizzi degni di nota, con un risultato nella media dei comics americani di supereroi e con una predilezione per i toni di rosso scuro nelle scene con Cadaverico.

Lo Spider-Man di J.J. Abrams, Henry Abrams e Sara Pichelli si dimostra una bella opportunità sprecata: un’ottima idea di fondo, un bel setting e due nuovi protagonisti molto forti vengono infatti annacquati nel corso dello svolgimento di trama, a causa di una minaccia stereotipica e di qualche goffaggine nel centro della narrazione, unitamente a disegni che non mantengono con costanza la loro alta qualità di partenza.

Abbiamo parlato di:
Spider-Man #1-5 – Linea di sangue
J.J. Abrams, Henry Abrams, Sara Pichelli, Elisabetta D’Amico, Dave Stewart
Traduzione di Pier Paolo Ronchetti
Panini, 2019-2021
32 pagine cadauno, spillato, colori – 3,00 € cadauno

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