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    Le acrobazie di Harley Quinn – Intervista a Ingrid Kleinig (Stunt)

    Vi portiamo dietro le quinte di Suicide Squad con una intervista esclusiva alla controfigura di Margot Robbie.

    Vi portiamo dietro le quinte di Suicide Squad con una intervista in esclusiva alla stunt Ingrid Kleinig, che ha fatto da controfigura all’attrice Margot Robbie nel film diretto da David Ayer. La Kleinig in precedenza ha lavorato su film quali Mad Max: Fury Road, Superman Returns e nei film della saga de Lo Hobbit.

    Salve, Ingrid. Benvenuta su Lo Spazio Bianco. Puoi parlare di te ai nostri lettori?
    Da piccola mio fratello mi portava a saltare sul suo circuito di motocross nel mio passeggino. Più alto era il salto, più forte era l’atterraggio sulle ruote, più aumentava la velocità, più accelerazione gravitazionale si generava sulle curve in quello stupendo passeggino con sospensioni posteriori indipendenti e più forti erano le mie risate. Quando stavo in silenzio era il momento di aumentare il ritmo. Negli stunt ho trovato un panorama di sfide fisiche, mentali e politiche in continuo cambiamento che mi fanno ridere… tutti i giorni.

    Sei stata provinata per questo ruolo? Cosa ti è stato chiesto?
    Avevo lavorato in passato con il regista di seconda unità Guy Norris in film come Mad Max: Fury Road e Superman Returns. Questo, assieme alla mia parte più recente come stunt double per Margot in The Legend of Tarzan mi ha aiutato a ottenere il ruolo.

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    Come è stato lavorare con Margot Robbie? Avete lavorato molto assieme?
    Margot è una ballerina con una formazione classica, quindi ha un livello di fisicità che si trova solo in persone che si sono sottoposte ad un allenamento serio nei loro anni formativi. Questo ci ha dato praticamente campo libero nel creare coreografie per i combattimenti, adattate ai suoi punti di forza, che non dovevano essere semplificate o compromesse in base all’attore.
    Margot è anche testarda e molto competitiva – un carattere con cui mi identifico facilmente! Per una scena in Suicide Squad abbiamo ricevuto un addestramento da parte di un istruttore di free-driving di fama mondiale, Kirk Krack. In ogni sessione ci spingevamo oltre i nostri limiti cercando di superare i rispettivi tempi di apnea, il che significa che siamo andate molto oltre quello che tutti noi ci aspettavamo fosse possibile. In poco tempo Kirk è stato molto richiesto dagli altri membri del cast e della crew, determinati a sfidare la loro capacità polmonare contro il nostro record di 5 minuti. Quando Margot ha saputo che un membro della crew ci aveva superate di appena 6 secondi, ha detto “Non mi importa chi vince tra noi due, a patto che non vincano gli altri” (e alla fine non hanno vinto). Questa dinamica si traduceva in gran parte delle scene d’azione… una spinta competitiva costruttiva che tirava fuori il meglio da entrambe, assieme allo spirito di squadra e al voler dare il massimo per servire al meglio il personaggio.

    Nelle scene di azione dove sostituivi Margot Robbie ti sono state dare indicazioni particolari su come muoverti, come interpetare il personaggio per rendere i suoi movimenti personali e riconoscibili?
    La relazione lavorativa con l’attore e la responsabilità di creare una fisicità per il personaggio di qualcun altro sono probabilmente le qualità più importanti (e più spesso trascurate) di uno stunt. Le cose cambiano in base al progetto, ma comportano sempre continue e delicate negoziazioni con la “trinità”, ovvero il regista, il coordinatore degli stunt e l’attore. Durante la pre-produzione lavoriamo ogni giorno con l’attore per allenare determinate abilità e incorporare le scelte dei loro personaggi nelle azioni delle coreografie.

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    Il digitale ha cambiato molto l’interpretazione del ruolo di stunt nel cinema?
    Oggi coloro che lavorano in prima linea nell’industria degli stunt collaborano con ingegneri aeronautici e fisici per ideare sistemi all’avanguardia per ottenere in sicurezza quello che sembra apparentemente impossibile. A questo livello, l’opera degli stunt è sia una forma d’arte sia una scienza. Quando l’innovazione tecnologica viene combinata con avanzamenti nelle tecnologie digitali e performer che sono prominenti nel loro campo, lo scopo potenziale delle scene d’azione è limitato solamente dall’immaginazione… e dal budget.

    Lo stunt maschile e quello femminile hanno delle differenti richieste sul set, ci sono accorgimenti particolari che vengono chiesti in più o in meno per un ruolo come il tuo?
    Non c’è una delimitazione tra i ruoli degli stunt maschili e femminili. Facciamo le stesse cose che fanno gli uomini, ma molto spesso lo facciamo con tacchi a spillo e abiti attillati.

    Che tipo di preparazione serve per questo mestiere? Come ti mantieni in forma per questi lavori?
    In quanto stunt mi alleno non solo per forma, ma anche per funzionalità. Scelgo gli esercizi in base a cioè che mi permettono di fare e non solo per come mi fanno apparire. In questo senso, ci sono due tipi di allenamento. Il primo è la manutenzione giornaliera, ho una routine sostenibile che è possibile compiere anche quando si è stanchi e ammaccati. Comprende esercizi a figura intera con impatto basso come pilates, yoga e nuoto, con una corsa per fare un po’ di cardio aggiunta in alcuni giorni. Il secondo è l’allenamento per abilità specifiche, ogni nuovo lavoro richiede un certo tipo di abilità, quindi il mio allenamento continuo viene personalizzato in base al prossimo film, che si tratti di motocross o Mad Max: Fury Road, armi per la trilogia dello Hobbit o free-driving per Suicide Squad.

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    Che rapporto hai con il mondo del fumetto?
    Fino ad ora, quasi nessuno. Tuttavia, ho ingaggiato l’aiuto di alcuni amici molto appassionati per un corso intensivo su Harley Quinn e la DC mentre mi preparavo per il film.

    Per le scene di gruppo, quanto è importante che ci sia affiatamento tra gli stunt? Ci sono state scene particolarmente difficili? Quale è la tua scena preferita tra quelle che hai girato in Suicide Squad?
    Devo dire che imparare a trattenere il fiato sott’acqua per cinque minuti e mezzo e restare in equilibrio senza usare le mani mentre si affonda in una cisterna incastrata nel parabrezza di una Lamborghini è stata sicuramente una scena piena di soddisfazioni a livello personale. C’è stata però una sfida piuttosto unica per il team di stunt quando ci è stato chiesto di girare un combattimento con più di 60 persone in realtà virtuale a 360° dal punto di vista del personaggio principale.
    Questo ha voluto dire combattere indossando un’imbracatura per testa e collo prodotta con una stampante 3D, su cui erano montate 17 telecamere con le rispettive prese per la corrente. Operare le telecamere significava essenzialmente fluttuare attraverso la scena senza muovere la testa e il torso né cambiare la linea dell’orizzonte, ma poiché le telecamere possono vedere tutto dal mio petto in giù, il resto del mio corpo stava contemporaneamente combattendo contro una dozzina di persone. É stato più o meno come accarezzare testa e stomaco mentre cammini su un filo con dei tacchi a spillo.
    Nel mondo della realtà virtuale le telecamere osservano “tutto il mondo” in tutti i momenti, il che ha generato importanti problemi di tempistica per gli altri performer che non potevano mai essere fuori dalle telecamere. L’azione doveva andare bene per tutte le telecamere in tutti i momenti e tutto in una sola ripresa, perché non c’erano riprese aggiuntive a disposizione se un qualsiasi dettaglio di una ripresa altrimenti perfetta non fosse andato bene.
    Oltre a questo, potevamo fare solo una ripresa al giorno, perché la scena era piena di petardi, esplosioni e persone che sfondavano soffitti, pareti di vetro e cubicoli. Registravamo una scena e poi il dipartimento artistico aveva bisogno di un’intera giornata per resettare.

    Quali sono i tuoi prossimi progetti?
    Temo di non poter rivelare nulla sui miei progetti futuri finché non verranno resi pubblici!

    Traduzione di Alessandra Cognetta

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