Su Bastard!!, eromanga e fantasy
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Su Bastard!!, eromanga e fantasy

Non starò qui a presentarvi Bastard!! L’oscuro dio distruttore (1988) di Hagiwara Kazushi. È un manga di cui si sa praticamente tutto (storia, contesto, cambio di rivista e target, irregolarità di uscita, ecc.) e che ha la sua nutrita base di appassionati.

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Shitae, cover

Quello che trovo interessante, invece, nel percorso del suo autore è l’estrema consapevolezza del potenziale visivo della propria creazione. Un immaginario fantasy classico, dalle sfumature medievaleggianti, creato però mescolando tradizioni culturali provenienti da paesi diversi che vanno a creare un melting pot abbastanza sui generis, in cui vengono poi calati elementi fortemente erotici (soprattutto un classico binomio di componenti ecchi e harem).
Sembra che, portando avanti la sua opera, si sia reso conto di una cosa: ai lettori interessavano più gli elementi erotico-sessuali che la trama o i disegni. Secondo me Hagiwara si è accorto di quello che per chiunque fruisca manga è un fatto acclarato1, ovverosia che il fantasy è un genere così presente all’interno del mercato, con tutte le sue infinite varianti, che è cominciato a diventare una presenza eccedente, puro eccesso, pornografia narrativa, la noia che ammazza il desiderio. Così come nell’era contemporanea le persone sono costantemente bombardate da contenuti pornografici in ogni momento, soprattutto a causa della (o grazie alla) rete, allo stesso modo all’interno dei fumetti (e aggiungerei anche nella narrativa, nel cinema e nell’animazione) i fruitori sono bombardati da innumerevoli elementi e rappresentazioni fantasy, ambientazioni fantastiche e tutto quanto ne consegue.
La soluzione per Hagiwara, da artista consapevole di questa situazione, è stata quindi di virare direttamente sulla pornografia vera e propria, producendo insieme ai suoi assistenti sotto il collettivo di STUDIO LOUD IN SCHOOL una serie di dōjinshi, artbook e altri materiali eromanga2 basati su Bastard!!. Agendo in questo modo, l’obbiettivo dell’autore è quello di scardinare dall’interno sia l’ipertrofia del fantasy nei manga sia gli eromanga, fondendoli per distruggere le fondamenta dei generi stessi.

Tutto ciò è particolarmente rilevante proprio perché l’utilizzo di personaggi molto conosciuti in un contesto anarchico cattura doppiamente i lettori/fan (chi interessato al marchio Bastard!! e chi ai contenuti espliciti disegnati bene) e riscrive l’opera. Oggi, in Italia come in Giappone, Bastard!! sembra essere ricordato più per le sue componenti erotiche che non per la sua storia o i suoi disegni. Hagiwara, quindi, potrebbe benissimo aver pensato: “Vi interessa solo il sesso? Benissimo, vi do tutto quello che sognate, ma pompato all’ennesima potenza, vediamo chi si stanca prima”. In questo modo il fumetto non è diventato la parodia di sé stesso, ma direttamente qualcos’altro, esplicitando all’inverosimile solo alcune delle sue componenti, cioè la parte erotico-sessuale e alcuni tratti del carattere dei personaggi, rendendo i toni totalmente parossistici.
Fin dalla metà degli anni Settanta, anche per gli artisti di una certa notorietà le dōjinshi sono diventate un mezzo attraente non solo per disegnare in assoluta libertà, ma anche per avere un consistente ritorno economico3. Le dōjinshi parodistiche non sono la stessa cosa dei prodotti di marca falsi. I lettori sanno che queste opere sono parodie, o piuttosto le comprano proprio perché sono parodie di opere originali e di personaggi che riconoscono. Non si tratta di qualcosa che vive al di sotto dei manga commerciali, quanto di un mondo alternativo, che si sovrappone e si interseca a essi, ma vive in parallelo4.

D-Cup Collection Vol. 1, cover

Se in Shitae (“Sketch approssimativi”) e Shitae Ni (“Sketch approssimativi 2”), prime dōjinshi di STUDIO LOUD IN SCHOOL, la componente sessuale è assente e, in mezzo a pagine e character design abbozzati ma d’impatto, compaiono di tanto in tanto corpi nudi, è invece con la successiva serie di Expansion Set che inizia quel tipo di riflessione di cui si parlava in precedenza. Pur rimanendo in schemi sessuali abbastanza vanilla – senza parafilie o feticismi troppo controversi, anche se con un taglio prevalentemente machistico che gioca le sue rare note divertenti sulla personalità istrionica di Dark Schneider – gli autori si concentrano su elementi bombastici e rappresentazioni oltre il limite del reale (d’altronde siamo in un fantasy), preferendo in particolar modo il voler raffigurare i seni molto prosperosi delle protagoniste femminili del manga. Nagayama Kaoru sottolinea come questi siano diventati ormai uno standard negli eromanga, anche se non è sempre stata la tendenza dominante5, tuttavia si può far coincidere il suo boom e il suo consolidamento con l’uscita dell’antologia di manga erotici D-Cup Collection (1988)6. In ogni caso, i seni molto prosperosi sono diventati carichi di significati ambivalenti: da un lato, sono simbolo di femminilità e fertilità; dall’altro, di lascivia e stupidità7. In alcuni casi, come quello trattato in questo articolo, il voler mostrare un certo tipo di corpo può essere ritenuto alquanto problematico: proporzioni esagerate e ombre piatte rendono un corpo molto più simile a quello di una bambola gonfiabile che a uno reale8, senza contare il continuo sguardo feticizzante. Tuttavia, Hagiwara non vuole fare riflessioni sociali o culturali, ma semplicemente riflettere sui generi e cosa significa abusarne: vale il motto “il troppo stroppia”.

Questo argomento potrebbe essere collegato alla presunta – ma infondata – pericolosità dei manga e dei suoi contenuti9, ma in realtà approfondire criticamente le dōjinshi, solitamente trattate più come macrocategoria che non nei loro casi particolari, può essere un modo per ripensare la creatività nel mondo dei manga, così come gli stessi fumetti autoprodotti ricalibrano la loro percezione grazie alla sola presenza nel mercato 10. Inoltre, analizzare pubblicazioni erotiche come quelle affrontate in questo articolo, può essere un modo per superare quel muro fatto di pregiudizi e superficialità di cui parla Nagayama11 che impedisce lo studio argomentato degli eromanga.


  1. Ovviamente non si tratta di una questione che coinvolge solo il fumetto giapponese, ma più in generale l’intrattenimento in toto. Questo, comunque, non significa che il realismo, in particolar modo declinato attraverso l’autobiografia, sia la soluzione a questa questione, visto che il realismo di per sé è finzione. 

  2. Il termine “eromanga” ha una connotazione generale e raccoglie tutte le sottocategorie di fantasie erotiche o sessuali presenti nei fumetti giapponesi. Il termine “hentai”, usato comunemente dai fan euro-americani, in giapponese ha una serie di significati diversi e, se usato in riferimento alla sfera sessuale, indica un qualche tipo di deviazione e non un genere o un target manga e anime. 

  3. Nagayama Kaoru, Erotic Comics in Japan. An Introduction to Eromanga, trad. Patrick W. Galbraith e Jessica Bauwens-Sugimoto, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2021, p. 78. 

  4. Nagayama, Erotic Comics…, pp. 80-81. 

  5. Nagayama, Erotic Comics…, pp. 137-138. 

  6. Nagayama, Erotic Comics…, p. 143. 

  7. Nagayama, Erotic Comics…, p. 139. 

  8. Nagayama, Erotic Comics…, p. 141. 

  9. Già Schodt nel suo noto testo del 1996 Dreamland Japan. Writings on Modern Manga accennava alla questione, che successivamente è sempre stata trattata con maggior consistenza negli studi accademici e utilizzata invece da alcuni, nei media mainstream, per screditare il fumetto come mezzo espressivo o forma d’arte. 

  10. Jin-Shiow Chen, “Youth Animé/Manga Dōjin /Fan Art as Hybrid Space: Rethinking Creativity and Learning”, in Masami Toku e Hiromi Tsuchiya Dollase (a cura di), Manga! Visual Pop-Culture in ARTS Education, Viseu, InSEA Publications, 2020, pp. 71-79. 

  11. Nagayama, Erotic Comics…, p. 41. 

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