L’Action Comics di Grant Morrison: Superman e il sense of wonder

L’Action Comics di Grant Morrison: Superman e il sense of wonder

La serie storica di Superman per il rilancio nel nuovo universo DC del New 52 è stata affidata allo scrittore scozzese. Che dopo All Star Superman riporta di nuovo il senso di meraviglia nel mondo del supereroe per antonomasia.

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01C’è una vulgata comune tra appassionati di fumetti, una convinzione piuttosto diffusa, che recita così: le migliori storie di Superman le ha scritte Alan Moore. Anche quelle in cui Superman non c’è.
Sì, sarebbe facile citare Che cosa è successo all’Uomo del Domani? che chiudeva in modo meraviglioso l’epoca pre-Crisis o la celebre Per l’uomo che ha tutto, ma in genere, quando si fa questo tipo di discorso tra risatine e strizzatine d’occhio, si parla di Supreme. Che è il più grande omaggio a Superman di sempre, a tutta la meraviglia passata, a tutta l’ingenuità splendida e alle meravigliose invenzioni della Golden, della Silver e della Bronze Age, a tutti i reboot e le riscritture e le invenzioni di retrocontinuity. Se pensate davvero che tutte quelle storie parlino veramente di un personaggio insignificante creato da Rob Liefeld –eh, appunto- e non del nostro Kal-El, direi che siete fuori strada.
Ecco: il sense of wonder. L’invenzione clamorosa, le trovate geniali, i tre superadolescenti dal futuro, Superboy, la Fortezza della Solitudine, la kryptonite di vari colori… è sempre lì dietro l’angolo, il senso di meraviglia. Come quando ascoltate migliaia di dischi e vi sembra di non potervi più emozionare, vi sembra che la musica per voi abbia detto tutto, e poi scoprite una nuova band che vi riaccende la vecchia passione, il senso del rock, e tutto ricomincia sotto una luce vivida e nuova.
02Allora, va bene: viva le storie solide e le trame di ferro e le sottotrame a lunga gittata, viva il periodo dei triangolini progressivi tra le varie testate e dei problemi di Ron Troupe per l’assicurazione sanitaria e le questioni adolescenziali della nipote di John Henry, e viva Superman che cammina per tutti gli Stati Uniti per restare a contatto con la gente comune e le vicende coniugali di Lois e Clark, ma accidenti, è importante, il sense of wonder! E questo, gente come Grant Morrison lo sa bene.
Grant Morrison. Gli ho voluto bene fin dai tempi di Danny the Street e degli Uomini Forbice, del suo incontro con Animal Man sulla porta di casa, e pazienza se non sono sicuro di aver capito bene il finale di The Invisibles.
Il Batman definitivo del terzo millennio, il Batman più cool di sempre è il suo. Quello che si crea la personalità di riserva (il Batman di Zur en arrh, che poi viene da Zorro in Arkham, giusto?), quello per il quale (parole di Tim Drake) essere scagliati all’alba dei tempi senza memoria e solo con la bat-cintura non è che un problema da risolvere come un altro. E allora chi poteva essere a ricreare Superman, se non lui?
Il mito di Superman, alla fine, riscrittura dopo riscrittura, è una ricombinazione di elementi base. Abbiamo Superman/Clark Kent/Kal-El, il pianeta esploso Krypton, i genitori kriptoniani, i genitori adottivi terrestri, Lex Luthor, Lois Lane, Perry White e Jimmy Olsen. Come ruotiamo questi elementi? Altro giro, altro regalo? Lex lo odia perché ha perso i capelli per colpa di Superman. No, Lex è un grasso uomo d’affari e non è mai stato a Smallville. No, Lex è nato a Smallville perché c’è da adeguarsi alla serie tv. Krypton è un pianeta lussureggiante e rigoglioso. No, è un pianeta arido e tecnologico. Superman è l’unico sopravvissuto, anzi no, ci sono cani, cugine, criminali nella Zona Fantasma. I genitori adottivi sono morti. No, sono vivi. No, sono morti. No, sono vivi ma a un certo punto muore il padre. Lois e Superman sono fidanzati ma lei non conosce la sua identità. No, Lois è fidanzata con Clark e a un certo punto lui gliela rivela e poi si sposano. No, non sono più sposati. Jimmy Olsen è un dannato mentecatto che si tramuta in una scimmia gigante o in un Uomo Tartaruga. No, è un figo che a un certo punto ha a che fare addirittura con il Quarto Mondo.
Insomma, è tutta una ricombinazione di elementi, riscritture poco dichiarate e altre dichiaratissime: Man of Steel di John Byrne, la ripudiata Birthright di Mark Waid, la bella ma piuttosto inutile –visti gli eventi – Origins di Geoff Johns.
E poi è arrivata Flashpoint, e la nuova ripartenza.
Con la nuova serie Superman in mani –se posso permettermi- un poco maldestre (sono mani molto più abili a disegnare che a sceneggiare).
Ma con Action Comics nelle mani migliori possibili.

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Ci aveva già provato a cimentarsi con il Mito, il nostro Grant. Ma fuori continuity, diciamo, nell’universo All-Star (quello dove Frank Miller ha fatto mettere le mani nei capelli a tutti i suoi antichi adoratori con il goddam’ Batman e Hal Jordan coperto di vernice gialla).
Con il suo classico sodale Frank Quitely, già compagno di bevute ai tempi degli X-Men o di Flex Mentallo, Grant naviga in dodici numeri di meraviglia pura.
Da Zibarro alla Kryptonite nera, a Leo Quantum, al Superman della Quinta Dimensione, al Cronovoro, il grande scozzese fa vedere che cosa potrebbe fare se gli affidassero la continuity ufficiale. Anche con dialoghi del tipo “Che cosa succede quando la forza inarrestabile incontra l’oggetto inamovibile?” “Si arrendono.

04Allora: Flashpoint ha azzerato di nuovo l’Universo DC, la lezione di Crisis e di tutti i paradossi lasciati irrisolti è stata capita, si spera, e si riparte con nuovi concetti. Che non si limitano all’idea di togliere le mutande sopra i pantaloni di Batman e Superman (non che non fosse ora di farlo, vivaddio!)
L’Action Comics di Grant Morrison è la serie che si svolge all’alba di questa nuova Era Eroica, in un momento storico collocato cinque anni nel passato. E per chi aveva lasciato i nostri canonici personaggi nella solita condizione, Clark sposato con Lois, Lex a cercare anelli neri, una Supergirl vera dopo tante mezze Supergirl, la ripartenza è drastica.
C’è un giovane Superman con la maglietta a maniche corte, il mantello, i jeans e le scarpe. Ma, soprattutto, questo giovane Superman –che si limitava a fare grandi balzi prima di imparare a volare – è osteggiato dalla polizia e non è il boyscout che siamo abituati a conoscere, anzi: ha metodi piuttosto drastici, lui, per sistemare le questioni criminali.
A chi si è rifatto il nostro Grant? Basta guardare il piccolo omaggio in basso a sinistra a tavola quattro: al primo Superman, quello degli anni ’30-‘40, quello che non aveva pietà delle spie che facevano la giusta fine. Ok, tecnicamente parlando non è il nostro Superman, è il Superman del Daily Star morto in Infinite Crisis, ma all’epoca era l’unico e il vero Superman.
E, infatti, dove lavora questo giovane Clark Kent fiero difensore della verità giornalistica? Al Daily Star. Mica come i suoi nuovi amici Lois Lane e Jimmy Olsen, che sono al Planet.
Vedete? Un altro giro di carte.
Genitori adottivi morti, questa volta, come ai bei vecchi tempi.
Un Luthor tutto nuovo. Un nuovo Metallo, un nuovo Brainiac.
I Terminauti. La Canzone del Razzo – sì, proprio il razzo che porta sulla Terra il piccolo Kal, in veste di Narratore.
I Legionari e l’Armata Anti-Superman.
Il Superman che nessuno ricorda, in altre parole Capitan Comet.
Il Superman-Obama di Terra-23.
E questa nipote Neo Sapiens di Lois Lane?
E questa padrona di casa amica di Mxyzptlk che dice “tu puoi vedere solo un lato di me, gran parte di me si trova dentro una stanza in una dimensione matematica più alta”?
Oh, grazie, caro Grant. Ci voleva la tua mano santa, qui, per riportarlo in vita, finalmente, il sense of wonder.
Finirà mai l’eccitazione?

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