Suicide Squad
Con l’uscita di Suicide Squad nelle sale cinematografiche, entra pienamente nel vivo l’universo cinematografico DC, anche se non senza polemiche. Dopo il grande successo avuto dalla Warner Bros. a San Diego, che per la prima volta è giunta alla convention con la forza di saper stupire i fan, le ombre si sono nuovamente addensate sulle pellicole basate sui personaggi DC Comics, soprattutto dopo la diffusione delle prime recensioni della pellicola diretta da David Ayer.
Nonostante il successo che il film si appresta ad avere al box office (vi scrivo queste righe quando le previsioni parlano di 140 milioni) con un incasso al di sopra delle aspettative in una estate cinematografica che negli USA è stata tra le peggiori, riflessioni si susseguono sulla struttura di produzione all’interno di DC Entertainment, e se questa possa o meno riuscire ad apparire all’esterno come una macchina coesa o meno.
Ad alimentare questi dubbi sono articoli come quello di The Hollywood Reporter dei giorni scorsi, in cui si racconta di un dietro le quinte della lavorazione fatto di preoccupazioni, tagli e nervosismo.
A sollevare il punto su questi fattori e sul modus operandi della società è stato ancora una volta l’attento Graeme McMillan, sempre su The Hollywood Reporter, il quale si è chiesto se la Warner sia davvero capace di costruire un universo cinematografico coeso senza problematiche produttive di ogni sorta, dimostrandosi una valida alternativa ai Marvel Studios.
Invece di dimostrare una valida alternativa con al centro i registi rispetto allo stile Marvel di produzione cinematografica, le uscite iniziali di quello che è diventato noto come l’Universo esteso DC hanno forse fatto esattamente il contrario, rendendo il pubblico ancora più in attesa di vedere il fascino di Robert Downey Jr. farsi strada attraverso la sua settima apparizione come Tony Stark [in Spider-Man Homecoming ndr]. Almeno con la Marvel, si sa cosa si ottiene quando si mettono i soldi sul tavolo.
È chiaro – evidenzia McMillan – che Warner e DC sono consapevoli del problema. Geoff Johns e Jon Berg stanno prendendo le redini per i progetti futuri e il drammatico dietro le quinte di Suicide Squad sono due indicatori che lo studio sa che qualcosa non va per il verso giusto, ma sembra che ci sia una soluzione all’orizzonte. Certo, i trailer di Wonder Woman e Justice League sono apparsi buoni, ma i trailer possono essere ingannevoli, in base a quelli deludenti di Suicide Squad.
Il giornalista si chiede se l’attuale calendario di lavorazione, realizzato dalla Warner per riuscire a fare concorrenza piena ai Marvel Studios, non si sia rivelato invece un vero e proprio boomerang. Quanto sostenibile è un modello come quello attuale, che spinge uno studio al lavoro sul quinto film della serie prima che il secondo venga ancora fatto uscire? Un modello che si è già rivelato disastroso per la Lionsgate con la saga di Divergent, la cui produzione era unicamente concentrata alla data di uscita, senza una supervisione sulla sceneggiatura che ha poi portato a un flop commerciale e alla probabile chiusura anticipata della saga.
In una certa misura, Suicide Squad è stato visto dagli appassionati come una possibilità per la Warner Bros. di riscattare i film DC dopo Batman V Superman; sarà Wonder Woman a diventare qualcosa di simile alla luce dell’accoglienza per Suicide Squad? E se questo film non dovesse soddisfare i fan, si sposterà l’attenzione sulla Justice League, e quindi a qualunque film seguirà Justice League se, e sarebbe troppo, anche questo dovesse deludere i fan? Può l’attesa infinita di ciò che è prossimo mantenere abbastanza un livello di entusiasmo, continuando a dare semaforo verde a progetti futuri DC/Warner che non fanno né caldo né freddo?
Ad un certo punto, sicuramente – conclude laconico McMillan – una delle due cose deve accadere: o la Warner affina la sua formula per i progetti già in cantiere e trova qualcosa che piace al pubblico di supereroi, facendo un film che piace a critica e pubblico, o alla fine, lo studio deve staccare la spina sull’universo DC nella sua forma attuale e tentare di fare qualcosa di diverso con le properties. In entrambi i casi, l’incognita è il tempo: quanto tempo passerà prima che lo studio arrivi a una di queste conclusioni?
Molto critico è stato anche l’editorialista di Deadline Peter Bart, che nei giorni scorsi ha espresso il suo parere con un articolo che fa riferimento a una conversazione online avuta qualche mese fa con il collega Mike Fleming, inerente il futuro del genere dei film tratti dai fumetti, per il giornalista vicino al crepuscolo come il western.
Per Bart, Suicide Squad è l’esempio più calzante di una crisi di identità dei film di supereroi, indecisi tra “un cazzuto R-rated o uno sterilizzato PG-13”, sottolineando che il film di Ayer potrebbe diventare una vittima della personalità bipolare di questo genere, con un probabile tonfo al botteghino nella seconda settimana paragonabile a quello di Batman V Superman: Dawn of Justice.
Il pubblico sarà intrattenuto o semplicemente confuso? La Warner Bros probabilmente ha aumentato la confusione attraverso il marketing di Suicide Squad con i manifesti colorati che caratterizzano personaggi dei fumetti. Ma ciò che il pubblico vedrà sullo schermo è ciò che il critico Michael Phillips ha definito “un film da mal di testa”. Tutto ciò ha sollevato speculazioni sui prossimi film Warner Bros-DC Comics, come Wonder Woman e Justice League.
Gli acquirenti dei biglietti che sono rimasti fedeli ai loro supereroi possono trovare la nostalgia per il più tradizionale film d’azione alla Sporca Dozzina – un ritorno ai personaggi identificabili che affrontano un vero pericolo faccia a faccia contro cattivi realistici. I “bravi ragazzi” in Suicide Squad sono marchi, non personaggi, creati per promuovere il prodotto aziendale.
Anche le cattive ragazze in Suicide Squad sembrano troppo surreali per rappresentare una minaccia. Ayer, in un’intervista, ha sostenuto che “utilizzare i cattivi per fare cose buone contro altri cattivi sembra molto vicino al mondo in cui siamo oggi.” Forse. Nel suo nuovo libro ‘Reading the Silver Screen’, Thomas C. Foster afferma che “la chiave per la magia del cinema è quello di disegnare noi nel mondo che il film sta creando, per convincerci della realtà che il film presenta”. Al che io dico a David Ayer: “Non sono convinto”.
Luke Cage
Al TCA 2016 Summer Tour in corso in questi giorni, è stato anche il momento di Marvel’s Luke Cage, il serial sull’eroe Marvel che si appresta a fare il suo debutto su Netflix. A parlare del progetto è stato lo showrunner Cheo Hodari Coker, il quale ha voluto in primo luogo evidenziare come è stata creata l’atmosfera della serie Netflix, e di come la musica hip hop e le culture dei fumetti si siano intersecate assieme a questioni politiche attuali.
Non volevo parlare di Harlem e dire Harlem senza vedere Harlem. Harlem, soprattutto Lenox, è l’unico posto in città dove si vedono quegli ampi viali. Volevamo catturare il colore, il ritmo delle strade, è così bello e unico lassù. Ecco perché è gentrificante, la gente sta cominciando a vedere il valore di quella zona. Si vede che c’è un passaggio dal vecchio al nuovo. Questo sottolinea i temi politici dello show, con il personaggio di Alfre Woodard, Mariah Dillard, che vuole proteggere la vecchia Harlem, ma allo stesso tempo sta cercando di inserire qualcosa di politico al suo interno.
La possibilità di filmare a Harlem era irresistibile. Non volevo che si parlasse di Harlem e poi non girare a Harlem. Le persone che vivono ad Harlem vedranno quei posti e i viali e penseranno ‘Oh, questo è Lenox’ o ‘Sono là alla statua di Adam Clayton Powell.’ Era importante per noi che si vedesse tutto questo. La possibilità di girare a New York e riuscire a farlo è stato davvero speciale.
L’importanza della location è stata evidenziata dall’attrice Alfre Woodard, che al Comic-Con aveva espresso gli stessi concetti dello showrunner, aggiungendo quanto il quartiere di New York sia centrale nella cultura afro-americana.
Una delle cose più interessanti di Luke Cage, oltre al fatto che è a prova di proiettile e che sia una serie ben scritta, è Harlem, baby. Harlem è stato così tante cose per gli afro-americani per così tanto tempo, e mi piace il fatto che Cheo conosca Harlem, ne conosca la storia, la cultura… il quartiere è un personaggio, come Hell’s Kitchen. Luke Cage è una canzone d’amore per Harlem.
Lo showrunner ha poi parlato del regista Paul McGuigan, che dello show ha diretto i primi due episodi, sottolineando di essere rimasto affascinato da una puntata di Sherlock da lui diretta per la BBC dal titolo A Scandal In Belgravia, per poi concentrarsi su un altro elemento fondamentale di Marvel’s Luke Cage: la musica.
La canzone Shimmy Shimmy Ya di Ol ‘Dirty Bastard è stato il fulcro centrale del trailer mostrato al Comic-Con, e Coker, che ha iniziato la sua carriera come giornalista musicale, ha parlato del fatto di avere sempre pensato alla serie come un album o una playlist. Ogni episodio infatti vede artisti che vanno da The Notorious B.I.G. a Jidenna presenti nella colonna sonora e il produttore musicale Adrian Younge e il membro fondatore dei A Tribe Called Quest Ali Shaheed Muhammad hanno composto la colonna sonora e stanno anche producendo una serie di album in vinile riguardanti la serie.
Coker ha infine ricordato che questa serie non è realizzata per un pubblico di ragazzini, ma di sperare comunque che Luke Cage sia una ispirazione per molti giovani.
Mi ricordo quando ho portato i miei gemelli a vedere ‘Captain America: Winter Soldier’ e quando hanno visto Falcon sullo schermo. L’emozione nei loro occhi, e il fatto che si trattava di un eroe che sembrava come loro, lì ho davvero visto per la prima volta la sua potenza e mi ha reso davvero entusiasta di fare lo show. Mi rendo conto che non sia uno spettacolo per i bambini, ma allo stesso tempo, incarna una forza e una potenza che è un’esperienza unica e il fatto che siamo stati in grado di farlo con la Marvel è incredibile.