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    La voce di Eleanor Davis, eclettica autrice di “Arte, perché?”

    Eleanor Davis, autrice di "Arte, perché?" e "Il futuro non promette bene", racconta il suo rapporto con l'arte sequenziale e il fulcrodei suoi fumetti.

    Add Editore ci ha dato l’occasione di intervistare Eleanor Davis, fumettista molto eclettica e tra le più interessanti del panorama statunitense contemporaneo. Il suo Arte, perché? rappresenta un manifesto filosofico al concetto di arte al servizio dell’artista. In questa intervista l’autrice ci prende per mano e ci accompagna nel suo mondo creativo, attraverso i commenti alle sue opere fumettistiche più importanti.

    Arte, Perché?Buongiorno Eleanor, benvenuta su Lo Spazio Bianco, siamo molto felici di averti tra noi. Ringraziamo anche add editore che ha pubblicato la tua opera Arte, perché? e ci ha messi in contatto.
    Sono molto felice di parlare con voi!

    Partiamo proprio da lì. Arte, perché? si presenta come un percorso filosofico che cerca di spiegare le innumerevoli e sfaccettate implicazioni dell’arte e delle motivazioni che spingono le persone a crearla. Come è nata l’idea di questo progetto?
    Arte, perché? si è sviluppato da un’idea di base che ho presentato a ICON9, una conferenza a tema illustrazione che si svolge negli Stati Uniti. Quello spazio tende ad essere molto commerciale ma anche attento all’importanza che noi illustratori diamo al tema al di là dell’aspetto commerciale, quindi ho voluto, diciamo, esplorare la tematica e anche scherzarci un po’ su.

    Nell’opera utilizzi un percorso per immagini a cavallo tra fumetto e illustrazione. Come ti poni tu, in qualità di artista, rispetto a queste due modalità narrative per immagini?
    Non ritengo di fare una netta separazione nella mia testa tra fumetto e illustrazione. La separazione più netta è  tra ciò che faccio per guadagnare soldi – che solitamente, ma non sempre, proviene dall’illustrazione, – e il mio lavoro personale che è un mix tra illustrazioni e storie sequenziali, sia mute che con dialoghi. La maggiore differenza tra illustrazione e fumetto per me è che il fumetto necessita di maggior lavoro; ed è anche meno flessibile.

    In Arte, perché? non emergono vere e proprie risposte alla domanda del titolo, piuttosto alcune riflessioni atte ad ampliarne il concetto. E’ davvero impossibile dare una risposta?
    Per me Arte, perché? è stata la risposta più eloquente che potessi dare! Mi sento di esserne uscita veramente vincitrice!

    Il futuro non promette beneIl futuro non promette bene è un racconto distopico che, a tratti, mano a mano che lo realizzavi, la realtà ha trasformato quasi in un racconto del reale, di quello che accadeva negli USA: come ti sei sentita mentre questo avveniva, quanto ne avevi la percezione e quanto ha influito sulla forma finale dell’opera?
    Ho scritto Il futuro non promette bene nel 2012 e l’ho concluso nel 2019, e nonostante in America in quell’anno le cose fossero un po’ peggiorate, non eravamo ancora al nostro punto più basso. Quel tipo di cose sono praticamente accadute sempre in qualche modo. Le proteste e gli arresti di Il futuro non promette bene sono basati approssimativamente su un corteo notturno a cui partecipai, se ben ricordo, mi pare nel 2014 nel centro di Atlanta, dove un numero enorme di poliziotti antisommossa ci ha bloccati e ha arrestato un sacco di gente. Le proteste Black Lives Matter e la conseguente violenza da parte della polizia nell’estate del 2020, subito dopo l’uscita del libro, sono state solo una versione allargata e molto più visibile di quanto già stesse accadendo. Sicuramente io mi sono messa dalla parte della protesta e di chi stava protestando ma vedere in cosa sono sfociati quegli atti di violenza è stato orribile e mi ha spezzato il cuore. Quando si scrive una fiction distopica l’ultima cosa che si vorrebbe al mondo è che questa diventasse realtà.

    Le ultime 5 tavole della graphic novel, mute e identiche tranne per un particolare fondamentale, rappresentano una chiusura piena di ottimismo e anche di sfida al mondo. Quel mondo che da allora non sembra certo migliorato, anzi, che peggiora giorno dopo giorno sempre più velocemente. Allora ti chiedo: credi ancora che l’unico gesto di resistenza e coraggio che possiamo fare è avere una speranza per il futuro e che tale speranza vada incarnata nei nostri figli?
    Nel 2015, quando io e mio marito abbiamo deciso di provare ad avere un bambino, ho detto che sarebbe stato un “un nuovo fragile ramoscello da aggiungere a questo fuoco”. Alla fine abbiamo avuto un bambino nell’estate del 2019. E il fuoco continuava a crescere.
    E’ una costante causa di frustrazione e imbarazzo per me che così tante persone interpretino il finale di Il futuro non promette bene come ottimista. Spero di non mancare di così tanto il bersaglio con il prossimo libro. Ovviamente un bebè è una bellissima cosa, ma non è un concetto, non è qualcosa su cui noi persone vecchie, stanche e spaventate dobbiamo proiettare le nostre speranze o i nostri rimpianti. Un bebè è un nuovissimo essere umano, indifeso, con nessun controllo sul mondo nel quale è nato. Non è completamente separato dai nostri casini. Ci è dentro fino al collo.

    In How to be happy, la tua raccolta di storie brevi, utilizzi molto il colore e tecniche diverse. In Il futuro non promette bene e in Arte, perchè? sei invece passata al bianco e nero o sporadiche monocromie. Cosa cambia per te nell’utilizzare le due tecniche, quali possibilità espressive ti danno? Come mai nelle tue ultime opere hai scelto di ridurre i colori al minimo?
    Esteticamente amo molto il bianco e nero ed è anche molto più semplice da fare. Sono più brava con le linee che con le forme, e i colori tendono a sovrastare le linee in un modo che mi infastidisce proprio.Però, il bianco e nero è per definizione solamente bianco e nero – ci sono un sacco di sottigliezze che vanno perse, in particolare con la tonalità della pelle e quindi per estensione le differenze legate all’etnia. E’ qualcosa che sto cercando ancora di capire. Forse il colore è davvero l’unica soluzione.

    How to be happy

    In tutte le tue opere, i personaggi hanno delle teste non proporzionate con i loro corpi, che spesso sono piuttosto massicci, pur essendo realizzati con linee molto sinuose che li rendono contemporaneamente leggeri. Questa è una cosa che si vede molto nel fumetto d’autore contemporaneo, penso a Lee Lai, Tommi Parrish o la nostra Zuzu. Come mai questa scelta?
    Penso che sia molto figo. Personalmente, io ho una testa piccola. Immagino che uno stile con teste piccole sia in opposizione con lo stile teste-grandi, che è più associato all’infantilizzazione, presessuale o asessuale, considerato  “carino”, e mentale piuttosto che fisico.

    Come si inserisce questo nella riflessione sul corpo, che ha un grande spazio soprattutto ne Il Futuro non promette bene?
    I corpi mi piacciono moltissimo. Sono molto interessanti, e le persone sono strane nei confronti del corpo essi, abbiamo desideri intensi e sofferenze e paure legate ai nostri corpi e a quelli delle altre persone. Viviamo nei nostri corpi e siamo i nostri corpi. Ed è molto divertente disegnarli. In qualche modo i fumetti rappresentano molto più l’esteriorità di quanto faccia la prosa. Quindi sto provando a rappresentare qualcosa di interiore disegnando quello che c’è al di fuori.

    Mi ricollegherei alla precedente domanda, sul futuro e il coraggio: i tuoi fumetti affrontano temi molto profondi, alternando momenti drammatici ad altri molto leggeri e ironici. I finali però li trovo sempre molto speranzosi, non in termini di affidamento alla provvidenza, ma una speranza concreta e attiva: è questo il fine ultimo della tua arte e dei tuoi fumetti?
    Sono abbastanza d’accordo con questo, il che è piuttosto strano dato che ho insistito brontolando che il finale di Il futuro non promette bene non è pensato per essere pieno di speranza (non lo è). Ma allo stesso tempo non è nemmeno pensato per esserne completamente privo. Secondo me, scrivere qualcosa senza speranza è come sparare ai pesci in una botte. La metà delle storie che si formano nella mia mente sono senza speranza. Non sono altro che un esercizio autolesionista di “il mondo fa schifo e lo proverò scrivendo questo”. Alla fine, però, non concludo mai quelle storie. Perché dovrei farlo? Non penso che quel modo di pensare sia reale, o utile per me stessa, o interessante, o bello, o complesso, o divertente. Penso che una buona storia debba essere complessa e abbastanza divertente, come la vita. Una buona storia deve prevedere dello spazio all’interno della stessa. E lo spazio, penso che rappresenti la speranza.

    Grazie mille Eleanor per il tuo tempo!
    Grazia ancora per avermi intervistata! Mi sono sentita molto onorata di poter parlare su Lo Spazio Bianco. Auguro il meglio a tutti voi.

    Intervista realizzata via mail nell’aprile 2022

    Eleanor Davis

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    © 2019 Larry D. Moore. Licensed under CC BY-SA 4.0.

    Eleanor Davis è una fumettista e illustratrice statunitense. Ha pubblicato una raccolta di racconti brevi How ti Be Happy, inedita in Italia. Ha pubblicato due fumetti per bambini: The Secret Science Alliance e Copycat Crook (2009), creato con il marito Drew Weing, anch’essi inediti in Italia.
    Per Rizzoli Lizard nel 2019 ha pubblicato nel nostro Paese Il futuro non promette bene, un racconto distopico di un futuro non troppo distante, e nel 2022 Arte, perché?, una dissertazione filosofica sull’arte tramite giochi d’immagini. Davis è anche vignettista e illustratrice per importanti testate negli Stati Uniti, quali The New Yorker, The New York Times, The Wall Street Journal, Time Magazine e molti altri. Vive con la sua famiglia a Athens, Georgia.

    Arte, perchè?: la risposta di Eleanor Davis

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