La storia di Tex e la Storia del West

La storia di Tex e la Storia del West

Il ranger bonelliano e la Grande Storia, quella realmente accaduta, sono come due rette parallele che, talvolta, si toccano. Breve guida ai personaggi realmente esistiti che hanno incrociato il cammino di Tex in settant’anni di storie.

Due parole di introduzione…

Sembrerà banale, e di sicuro lo è, ma la difficoltà di scrivere una storia ambientata nel passato è che, essendo le cose già accadute, tutti sanno come sono andate a finire e non si può barare. Certo, si può decidere di ignorare i grandi fatti storici, quelli che tutti conoscono, e di scrivere tra le righe dei grandi avvenimenti, in quegli spazi bianchi che la Grande Storia ignora.

Oppure si può scegliere la via dell’ucronia, del racconto di un passato alternativo, dove le cose sono andate dichiaratamente in un modo diverso. O ancora, si può decidere si inserire le avventure in un limbo atemporale, imprecisato e vago, dove si sa “più o meno” in che epoca sono ambientati i fatti, senza però scendere nel dettaglio; in questi casi però, bisogna evitare come la peste il contatto con personaggi molto noti al grande pubblico e avvenimenti perfettamente databili, perché come si diceva prima, non si può barare!

Le avventure di Tex spaziano non tanto in un’epoca quanto in un luogo: il vecchio West. È un luogo che, narrativamente, appartiene più al mito che alla realtà storica, che può essere modificato, dilatato oppure contratto, per adattarlo a quel che si vuol raccontare. Perché non lo si può nascondere: per noi tutti lettori di Tex, il West è una terra di sogno, geograficamente e temporalmente imprecisa, piuttosto che una delimitata porzione del continente nordamericano (la Frontiera) in un determinato periodo storico, che va dal 1804 (inizio della spedizione di Lewis e Clark) al 1892 (strage di Wounded Knee).

In questa terra di sogno, Tex può permettersi quello che vuole: essere il capo bianco dei Navajos; partecipare sia alla guerra contro il Messico (1846) che all’uccisione di Butch Cassidy e Sundance Kid (1908); liquidare migliaia di avversari, e tutti lealmente; raddrizzare torti lungo l’intera nazione; ma, sopra ogni altra cosa, regalarci emozioni.

Tex e i suoi pard – Fabio Civitelli ©Sergio Bonelli Editore 2018

Forse sono più di due, le parole…

La storia di Tex, dunque, non è la storia del West. Non può esserlo: per quello c’è l’omonimo capolavoro di Gino D’Antonio, oppure la serie de I Protagonisti di Rino Albertarelli (entrambe le opere, per quanto accuratissime, qualche imprecisione storica la contengono: è inevitabile).

Tex vive il “suo” West, ed è meglio che quello vero lo veda il meno possibile perché quando ciò accade, o si trovano le condizioni per cui l’incontro tra Tex e la Storia della Frontiera possa essere sia plausibile che emozionante, oppure si scivola fatalmente in una vicenda inattendibile o, ancora peggio, noiosa.

Perché se Tex non può cambiare fatti che già sappiamo come sono andati a finire, allora il suo ruolo di eroe si smarrisce nella confusa veste di semplice testimone. Come se invece di un protagonista attivo della vicenda, fosse una banale GoPro montata sopra una sella. Allora meglio evitare episodi reali oppure usarli a margine della storia, come pretesto per raccontarci intorno un racconto di fantasia. Identico discorso per i personaggi storici che, quando s’incontrano, o sono snaturati per piegarli alla sceneggiatura, oppure sono molto diversi dagli originali. Il caso limite è Kit Carson.

Teoricamente Tex ha circa quarantacinque anni e vive negli anni intorno al 1880. Partendo da questi dati, una narrazione della storia della Frontiera americana, che, come detto è compresa (e anche qui ci sarebbe da discutere) tra il 1804 e il 1892, è fortemente limitata. Con il passare degli anni, curatori e sceneggiatori di Tex hanno fatto molta più attenzione alla regola aurea di rispettare la Storia.

Qualche contraddizione, comunque, permane, soprattutto perché viziata dal fatto di essere stata generata agli inizi della serie: Tex, per esempio, è stato un giovane fuorilegge, ingannato da Mefisto e sua sorella Lily, durante il conflitto bellico tra Stati Uniti e Messico (1846-48) e un ancor più giovane cowboy vent’anni dopo, durante la guerra di Secessione (1861-65). Senza contare la sequenza dove appare una Ford T che è stata fabbricata solamente a partire dal 1908. Non importa: sono dettagli.

All’epoca si scriveva di getto e i lettori non si facevano troppe domande: era bello così. Oggi gli sceneggiatori non se lo possono più permettere: devono essere più cauti, e valutare bene quali fatti storici far vivere al ranger e ai suoi pards. Con le dovute licenze poetiche, perché per una buona avventura prima viene la storia (con la s minuscola) e poi la Storia (con la S maiuscola).

 Tex e la Storia

Un elenco di tutti i personaggi storici incontrati da Tex e degli avvenimenti realmente accaduti da lui vissuti o solamente visti, è impossibile (per motivi di spazio, che, anche se è Bianco, è comunque limitato: perdonate la battutaccia) e probabilmente sarebbe anche noioso. Ciò che segue è dunque un elenco incompleto e impreciso, dove affastello qualche idea e qualche commento sui più celebri personaggi incontrati da Tex, o magari soltanto su quelli per me più interessanti.
Partirei, perciò, dai personaggi, che da bambino maggiormente attirarono la mia attenzione: i temibili fratelli Dalton.

Fratelli di sangue (l’altrui sangue…)

I Dalton più celebri, fumettisticamente parlando, sono senza dubbio i quattro fratelli in scala (nel senso di altezza) che vengono regolarmente catturati dal “lonesome cowboy” Lucky Luke. Ma anche Tex dovette affrontare questa banda di scalmanati fuorilegge, nei primissimi numeri (#8 e #9) della sua lunga serie.
I Dalton furono davvero dei “fratelli terribili” che insanguinarono la Frontiera nei due anni compresi tra il 1890 e il 1892, sebbene, a voler essere pignoli, Bill Doolin, ultimo membro della banda, è stato accoppato quattro anni dopo, nel 1896.

Potrebbe essere questo, dunque, l’anno della definitiva fine della banda. La gang venne chiamata “banda Dalton” perché fondata da quattro fratelli, su cinque in totale, come a dire che quella famiglia aveva davvero il crimine nel sangue. Erano Bob, Grat, Bill ed Emmett: quattro, appunto; e questo dimostra anche che il numero scelto da Morris (autore di Lucky Luke) non era affatto casuale. Secondo le cronache, anche due ragazze – Annie Cattle e Little Brioches – facevano parte della banda, perché per quanto i fuorilegge siano uomini soli, molti uomini preferiscono non rimanerci troppo tempo, soli.

Notando la cosa forse, Gianluigi Bonelli volle inserire una ragazza nella sua storia. Si tratta di Eugenia Moore. Tutt’altro che una semplice comparsa, è anzi l’unica della banda che riesce a mettere Tex nel sacco. Forse distratto dalle sue curve, Tex viene preso al laccio e non esita ad ammettere: “Senza di lei avreste già perso la partita!”. Una figura affascinate e drammatica, la cui vicenda personale s’inserisce alla perfezione nelle trame tessute da Bonelli, e cattura fatalmente l’attenzione del lettore.

La sua fine è, comunque, terribile: risparmiata da Tex, “che non spara alle donne”, e lasciata libera nel deserto, fugge sconvolta, con la mente affollata da sensi di colpa e immagini d’incubo sulla morte dell’amato, e finisce per lanciarsi in un burrone. Il gesto estremo per espiare le proprie colpe? O l’unica soluzione a un sogno d’amore infranto? Perché lei aveva intrapreso la strada del crimine soltanto per l’amore, quello che le covava nel petto per Bob Dalton, il capo dei fuorilegge.

Tex e i Dalton

Un destino funesto, quella di Eugenia, come d’altronde quello cui i Dalton, nella realtà storica, andarono incontro a Coffeyville (Kansas): un’ambiziosa rapina andata storta li trascinò in un violentissimo scontro a fuoco con i cittadini. Il risultato fu un vero e proprio massacro, cui sopravvisse il solo Emmett, comunque crivellato da ventitre proiettili (e non coltellate, attenzione: quello era un altro personaggio storico). Scampò alla morte, ma non alla galera, Emmett: un ergastolo, del quale scontò comunque appena quattrodici anni.

Il destino dei fratelli Dalton è molto diverso da quello raccontato da Bonelli, soprattutto per quanto concerne la loro fine: una sparatoria, breve e ferocissima, in luogo della lunga caccia all’uomo condotta da Tex, che decima la banda, in una delle storie più brillanti e avvincenti della serie. In ogni caso, poiché i Dalton iniziarono a delinquere nel 1890, Tex non avrebbe potuto incontrarli all’inizio delle proprie avventure.

Un analogo discorso si deve fare con i membri del “Mucchio Selvaggio”, la banda capeggiata da Butch Cassidy e Sundance Kid, che operò alla fine dell’Ottocento, venendo poi sciolta nel 1901.

Bonelli non resiste alla tentazione di contrapporre un gruppo di criminali così famoso e dal nome tanto iconico, al suo personaggio, in una storia intitolata L’orda selvaggia, ma le date non possono coincidere. Soltanto un Tex molto anziano avrebbe potuto sventare quella minaccia (forzando, comunque, la storia perché la banda, come detto, si sciolse), visto, oltretutto, che la conclusione della vicenda, nella quale Butch Cassidy e Sundance Kid vengono uccisi in Sudamerica, è ispirata alla realtà dei fatti, ma che questo accadde nel 1908. L’Agenzia investigativa che incarica Tex e Kit di braccare i criminali, ovvero la Pinkerton, fu realmente l’acerrima nemica del “Mucchio Selvaggio”, e, storicamente, rappresentò la più grande, ed efficiente, agenzia privata di investigazioni degli Stati Uniti. Plausibile, dunque, che abbia convocato la più infernale delle coppie di sbirri americani per risolvere il proprio problema.

Cochise e gli altri

Cochise è unanimemente considerato uno dei più grandi leader del popolo apache, insieme a grossi calibri come Geronimo, Victorio e Mangas Coloradas (di quest’ultimo, per inciso, era il genero): alto e atletico, un uomo che si faceva immediatamente notare; capeggiò una grande rivolta, avviatasi nel 1861, e morì, per cause naturali, all’interno di una riserva sulle Dragoon Mountains, nel 1874.

Nella serie di Tex, è fratello di sangue di Aquila della Notte, un capo saggio non asservito ai bianchi ma, comunque, in cerca di una pace stabile tra i due popoli. Essendo morto nel 1874, è anacronistica la sua presenza nelle storie di Tex, ma il personaggio che Aquila della Notte incontra nei fumetti corrisponde perfettamente alla sua immagine storica: saggio, comprensivo, leale e assennato, ma anche indomito e coraggioso. Lo dimostra sin dalla sua prima apparizione, nel numero 83, L’enigma della lancia.

La sua raffigurazione fisica è quella di un uomo non più giovane, dai candidi capelli e con uno sguardo lucido ed energico: lo si può supporre la versione alternativa di un universo dove non è morto nel 1874 ed è serenamente invecchiato insieme alla sua gente, sviluppando ancor più le già grandi qualità morali che possedeva.

A proposito di celebri capi indiani, Tex ha modo di conoscere anche Capitan Jack, nome “da bianco” del Modoc Kintpuash, un uomo buono e pacifico, sopraffatto dalle responsabilità del proprio ruolo di capo e dalle prevaricazioni di guerrieri troppo inclini alla lotta, e che per questa ragione scivolò in una guerra contro l’esercito che lo consegnò a un’immeritata fama di traditore, visto che assassinò il generale Canby durante una trattativa di pace.
Lo fece per compiacere l’ala estremista del suo popolo, annidato da tempo nella roccaforte delle Lava Beds, da dove i soldati cercavano invano di stanarli, e venne convinto da quegli stessi guerrieri che poi gli volteranno le spalle per salvarsi la pelle, lasciando lui solo a rispondere del vile gesto compiuto.

Aquila della Notte incrocia la sua pista nel Texone del 2016, disegnato dall’argentino Enrique Breccia, in una storia recentissima e dunque assai rispettosa della verità storica, molto più di tante altre. Per forza di cose, dunque, Tex deve svolgere quel ruolo di testimone dei fatti impossibilitato a correggere la rotta della Storia di cui si parlava in apertura, elemento che rafforza la credibilità della narrazione ma, nel contempo, le sottrae fascino. Kintpuash, perciò, non può sfuggire al proprio destino, per quanto iniquo.

Di segno diametralmente opposto è la storia Il profeta rosso, dove si parla del misterioso Wovoka, che fu realmente l’ultimo grande profeta del popolo rosso, latore di un messaggio di speranza, che era tutto ciò che rimaneva agli indiani, spogliati d’ogni altro bene dai visi pallidi.

La storia di Tex lambisce soltanto la realtà storica, per esempio nell’omicidio del tenente William Casey da parte del Sioux Plenty Horse (il vero nome era leggermente diverso: Plenty Horses), un mestamente splendido affresco riportato nell’albo Morte di un soldato, e spazia in territori dove la fantasia si sprigiona libera. Gli elementi storici come la Ghost Dance e, soprattutto, la fola sulle camicie invulnerabili ai proiettili, servono da condimento pepato a una vicenda davvero ben scritta.
Ma improbabile per Tex, perché gli insegnamenti di Wovoka iniziarono nel 1889 e il massacro di Wounded Knee, che affogò nel sangue le sue profezie, è del 1892, date entrambe posteriori al periodo in cui il nostro Ranger dovrebbe vivere le proprie avventure.

La fine del capo apache Victorio, assediato a Tres Castillos dai soldati messicani, è narrata in modo abbastanza preciso (sebbene non si faccia alcuna menzione dello scout tarahumara che lo avrebbe ucciso né della barbarie cui si abbandonarono i messicani sui corpi degli Apaches) ed è plausibile che accada ai tempi di Tex: la battaglia è infatti datata 1880. Anche il fatto che Nana si sia messo a capo di ciò che restava della banda di Victorio è vero. Ma non ciò che viene raccontato successivamente, nella storia Il tesoro di Victorio, dove Nana viene dipinto come uno stregone con reali poteri magici  – scaglia una maledizione che poi ottiene sul serio il proprio tragico obiettivo – che difende il segreto di un fantomatico tesoro e che viene ucciso da un avido delinquente, Ben Haring, laddove il vero Nana, dopo aver intrapreso numerosi e vittoriosi raid, venne esiliato in una riserva in Oklahoma dove morì nel 1896.

Miti a confronto

Nel numero 82 della serie regolare, appaiono i baffi e pizzetto più celebri del West, dopo quelli di Kit Carson, ovvero quelli appartenenti a Buffalo Bill, alias William Cody. L’uomo è stato una delle più grandi icone del Far West, una leggenda vivente, anche grazie alla sua astuzia nel promuovere la propria immagine e alla fantasia nell’ingigantire gli episodi della sua vita (o nell’inventarli di sana pianta).
Fu un massacratore di bisonti (si guadagnò così il soprannome), guida dell’esercito e imprenditore. Fu sua l’idea di “vendere” il mito del West ai cittadini delle metropoli americane, e poi europee, attraverso uno spettacolo itinerante chiamato “Wild West Show”.

Quando lui e Tex s’incontrano, e il nostro Ranger è costretto a estrarre la Colt per difendersi da un aggressore, Buffalo Bill, nell’osservarne il gesto, si sorprende, pensando: “Accidenti, che sveltezza!”. Un attestato di stima degno di nota, che richiede però una conferma. E, infatti, il celebre Cody sfida (ma bonariamente, s’intende) Tex a una gara per verificarne l’abilità anche con il fucile.

La sfida consiste nel colpire sei monete poggiate su altrettanti pali posti a venti passi di distanza dal tiratore, e, attenzione, galoppandogli davanti!
Inizia Buffalo Bill e il risultato è ottimo: tre centri su sei. Quando tocca a Tex, però, il nostro ranger non soltanto compie evoluzioni da brivido sulla sella, sparando alla maniera degli indiani, ma centra tutti e sei i colpi! Inarrivabile.

I due torneranno a incontrarsi molto tempo dopo, a New Orleans, durante una delle tappe del “Wild West Show”. In questo caso facciamo anche la conoscenza di Annie Oakley, infallibile con la carabina, una giovane donna minuta e molto attraente, che si aggregò al circo di Cody insieme al marito, meritandosi il soprannome, coniato niente meno che Toro Seduto, di “Piccolo Colpo Sicuro”. Divenne straordinariamente celebre, tra fine Ottocento e primi del Novecento, entrando anche lei nel mito del West, pur non avendo mai veramente condotto la vita di Frontiera.  Giovane, bellissima e tiratrice eccezionale: era inevitabile che “il vecchio reprobo” Kit Carson le facesse gli occhi dolci!

Il Presidente degli Stati Uniti che viene menzionato nelle avventure di Tex è Ulysses Grant, il quale, però, rimase in carica dal 1869 al 1877; quindi, ai tempi di Tex, avrebbe dovuto esserci il suo successore, Rutheford Hayes. Ma volete mettere quanto più è carismatico (e conosciuto) Grant? Soprattutto per renderlo protagonista di storie come Intrigo a Santa Fe (# 393, 394 e 395) o, soprattutto, Gli uomini che uccisero Lincoln (#449 e 450). Non c’è storia: Grant vince facile su Hayes (nonostante, storicamente, quest’ultimo sia stato un presidente decisamente migliore).

Nella storia Agguato a Washington (#219 e 220) fa la sua comparsa Ely Donehogawa: si tratta anche in questo caso di una figura storica, un pellerossa della tribù dei Seneca nominato da Grant come Commissario per gli Affari Indiani, e anche lui, ai tempi di Tex, non avrebbe più dovuto ricoprire quel ruolo.
Nei numeri 490, 491 e 492, Tex racconta al giornalista Thomas Farrell la vicenda della sua partecipazione alla spedizione nelle Paha Sapa, le Colline Nere sacre ai Lakota, insieme al generale Custer.

Il fatto storico è importantissimo, perché la “pista dei ladri”, tracciata dai militari nel territorio riservato unicamente ai pellerossa in virtù di un trattato inviolabile, apre a eventi decisivi per la storia del West, come la scoperta dell’oro, la guerra contro le tribù delle pianure e la battaglia di Little big Horn. Quest’ultima è la più famosa delle battaglie indiane, soprattutto perché ebbe un esito sfavorevole all’esercito: il Settimo Cavalleggeri di Custer – arrogante ma coraggioso ufficiale, molto impulsivo e letteralmente ossessionato dall’idea di conquistarsi imperitura gloria militare – venne annientato da Sioux e Cheyenne nel 1876.
Il primo incontro Tra Tex e Custer non è dei migliori: il generale li apostrofa, con la sua nota altezzosità, come spie al soldo del generale Davis. Ma non c’è malizia nelle sue accuse, e tutto finisce con una sbicchierata. Tex, naturalmente, non può stare dalla parte di Custer (massacratore di indiani sul Washita), ma nemmeno schierarsi apertamente contro di lui.

Il suo ruolo è di osservatore, non può intervenire per non modificare il corso della Storia, esattamente come accade per la sorte di Kintpuash. Per questo, nell’avventura, Tex rimbalza avanti e indietro, tra bianchi e indiani, come una pallina da ping pong, tentando una mediazione impossibile (e lo si sa già in partenza, dunque è impossibile restare in tensione), rimediando anche figure non eccezionali, visto che viene prima messo agli arresti da Custer (quando cerca di avvisarlo del pericolo cui va incontro) e poi addirittura stordito da un indiano, Lupo-che-Corre, che vuole vendicare i morti del Washita.

Insomma, se la Storia non si può cambiare, neanche un eroe come Tex può far nulla. In questo caso la plausibilità storica degli eventi e la sua collocazione temporale sono perfetti: la storia viene rispettata e Tex racconta il fatto come un aneddoto del passato.

Una delle conseguenze accidentali della creazione della “pista dei ladri” fu l’edificazione di insediamenti abusivi di cercatori d’oro sulle Black Hills, come per esempio la celebre cittadina di Deadwood. Nei numeri 593, 594 e 595 anche Tex passa da quelle parti, ma alcuni anni dopo la sua creazione. Dunque, anche in questo caso, la cronologia degli eventi è compatibile con quella texiana.

Il nostro Ranger non incontra il famoso pistolero Wild Bill Hickok (è morto anni prima, nell’agosto del 1876) ma le sue indagini, sulla morte di un amico, lo conducono incidentalmente sulle tracce dei responsabili della morte del gunman. La raffigurazione di Calamity Jane – avventuriera e conduttrice di carri, una delle pochissime donne entrate nel mito del West –  che Tex incontra durante uno scontro a fuoco, è abbastanza verosimile: un terribile “maschiaccio”, dal volto duro, la mascella volitiva, lo sguardo arcigno e incline ad alzare il gomito. Non identica all’originale, certo, ma qualche concessione all’avventura bisogna pur farla.

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