Maurizio Rosenzweig è un anarchico-rivoluzionario del fumetto, come lo definisce Giorgio Cavazzano in quarta di copertina de La sindrome di Leonardo di Feltrinelli Comics. Una di quelle schegge impazzite che si aggirano per il mondo della nona arte capace, al contempo, di non soffrire le regole e le apparenti limitazioni dettate dal fumetto seriale – come i canoni bonelliani – e di esprimere con irruenza e senza filtri tutta la propria autorialità in lavori più liberi e autonomi.
Tra questi ultimi si annovera proprio La sindrome di Leonardo, sua più recente fatica editoriale che è una sorta di atto d’amore esplicitato per il fumetto e il lavoro di fumettista, che oscilla tra toni amari e dolci, disperati e comici, psicoanalitici e poetici. Una riflessione diretta e senza mediazioni di sorta verso il lettore sulla bellezza e la fatica di creare storie, nella quale il fattore autobiografico si scioglie dentro una narrazione fittizia per dare luogo a un racconto particolare che tocca temi generali.
Leonardo Levitsch è un talentuoso autore di fumetti che da venticinque anni ha perso l’ispirazione. Dopo aver ottenuto un successo mondiale con una graphic novel incentrata sulle proprie vicende familiari, Topi, è stato incapace di creare nuove opere nonostante personaggi fantastici e spunti di nuovi racconti affollino la sua mente e spingano per uscirne sottoforma di nuovi fumetti. Separato, con una figlia prossima alla laurea e sua unica ragione di vita, Leonardo insegna fumetto in una scuola e osserva il tempo che passa inesorabile, incapace di dar vita a una nuova creazione e affogando in un oblio quotidiano sempre più profondo.
Usando Leonardo come propria voce e proprio alter ego, Rosenzweig mette in scena una storia che omaggia il mondo dei fumetti e l’universo della cultura pop in ogni sua componente. A partire da Topi, evidente riferimento al Maus di Art Spiegelman che negli anni ’80 del XX secolo aprì al fumetto i cosiddetti piani alti della cultura, tra le pagine ritroviamo Superman, Hulk, mantelli di supereroi, Jack Kirby sposato con Big Barda, Frankenstein, il Piccolo Principe, in una necessità quasi bulimica – ma oltremodo sincera – di inserire nella storia tutti quei riferimenti di un immaginario collettivo che hanno contribuito a formare il gusto e la passione del fumettista milanese. Questi omaggi si accompagnano a un altrettanto sincera e spietata esposizione del “lato oscuro” di una carriera creativa: la frustrazione economica, la delusione per storie iniziate ma mai concluse per incapacità di portarle a termine, lo sbilanciamento estremo tra ore passate al tavolo da disegno e risultati professionali, le occasioni perse, le fregature. Più di tutte ferisce però la poca considerazione intellettuale, l’incapacità anche degli affetti più cari di comprendere quanto il fumetto non sia un semplice passatempo da bambini mai cresciuti, ma un fuoco passionale e creativo che arde dentro.
Questa immediatezza di Rosenzweig, la sincerità senza filtri del suo racconto sono efficaci, colpiscono il lettore che si affeziona al protagonista e alle sue vicissitudini. Tutto questo nonostante la presenza di alcuni passaggi didascalici nei quali si rimarca in maniera eccessiva uno dei messaggi che la storia veicola (che il mondo del fumetto è spietato, frustrante, al pari di molte realtà professionali) e nonostante alcuni comprimari – la nuova compagna di Leonardo, la sua ex moglie, in parte la figlia e, ancora più colpevolmente, il padre – appaiano sulle pagine più come meccanismi narrativi che figure tridimensionali, svanendo troppo presto dalla memoria di chi legge.
Sembra quasi che il dramma creativo ed esistenziale del protagonista abbia fagocitato tutto il resto, anche nella scrittura di Rosenzweig, che non riesce a togliere l’occhio di bue dalla figura di Leonardo, lasciando in ombra tutto il resto. Dove invece il raccontare del fumettista resta efficace è nel bilanciamento dei toni, dolci e amari, sorrisi e tristezze che vanno a braccetto fino a un finale tutto sommato ottimista, ma non scevro dalle conseguenze di ferite e comportamenti.
Quell’atteggiamento punk con cui all’inizio ci riferivamo a Rosenzweig è assolutamente evidente nella sua cifra stilistica. La sindrome di Leonardo è composta da tavole rifinite a china che si affiancano a pagine di soli layout a matita, peraltro eseguiti ottimamente. A queste si accompagnano pagine sempre a matita rifinite nel minimo dettaglio, ricche di retinature e pattern tipici dello stile dell’autore, che poi lasciano spazio a tavole composte da una singola vignetta, dove il bianco del fondale prevale e il lettering – fatto a mano, sgraziato ma oltremodo adatto – trasmette l’urgenza di fermare su pagina sequenze e personaggi, la volontà di darsi completamente al lettore, quasi di sopraffarlo, ma sempre con l’opera e non con l’ingombro del suo autore.
Il bianco e nero contribuisce a questa atmosfera underground, nel senso di forza visiva dirompente che nasce da una necessità e capacità di fare convivere assieme stili grafici opposti, pagine in linea chiara accanto a pagine ricche di ombre e neri. Pochi autori sono capaci di confrontarsi con un’idea di fumetto così primigenia e anarchica: a chi scrive viene in mente Joachim Tilloca che, per una di quelle coincidenze casuali ma benedette, è uscito in libreria con il suo Lime negli stessi giorni di Rosenzweig. Questi due autori, apparentemente distanti, posti accanto assieme alle loro opere più recenti dimostrano di avere un’idea di fumetto e un amore per questo linguaggio che macina riferimenti per poi restituirli in uno stile originale capace di mettersi a totale servizio della storia da narrare.
Così Leonardo Levitsch va a fare compagnia a Zigo Stella, dimostrando una volta di più il talento di Maurizio Rosenzweig, un anarchico rivoluzionario che ama camminare sul crinale tra autorialità assoluta e fumetto seriale e che, con la prima, potrebbe essere una delle ancore di salvezza del secondo. Senza rinunciare, di tanto in tanto, a raccontare storie come questa.
Abbiamo parlato di:
La sindrome di Leonardo
Maurizio Rosenzweig
Feltrinelli Comics, 2023
224 pagine, brossurato con alette, bianco e nero – 22,00 €
ISBN: 9788807551239