La gabbia: una seduta di analisi con Silvia Ziche

La gabbia: una seduta di analisi con Silvia Ziche

Silvia Ziche con “La gabbia” si dimostra autrice capace di raccontare una storia drammatica e universale, senza rinunciare alla positività del proprio stile.

“Non è certo che la depressione sia ereditaria. Ma di sicuro è una modalità che si apprende. Il dolore non nasce dal nulla. È una catena.”

La gabbia_coverPuò un libro essere al contempo un fumetto, il testo di un monologo/dialogo teatrale e una seduta psicoanalitica? Leggendo La gabbia, il più recente lavoro di per , la risposta non può che essere affermativa.

Serena, una figlia che vive lontano, torna a casa per occuparsi delle esequie della madre Letizia. Ma quella che normalmente è la separazione definitiva sul piano della vita si rivela tutt'altro: all'improvviso la madre, con una scopa in pugno e tono di rimprovero, compare nella mente della figlia, un luogo metafisico rappresentato come una soffitta disordinata stracolma di ciarpame, oggetti vecchi, rotti e dimenticati, pochi ricordi positivi che annaspano in sagome nere e informi di pensieri negativi.
Letizia in vita si era chiusa in sé stessa e, incapace di essere felice, non aveva mai condiviso con la figlia momenti di tenerezza, nonostante i numerosi tentativi di quest'ultima. E la depressione, come una sorta di bagaglio che si trasmette di generazione in generazione, aveva finito per travolgere anche Serena.
Tra madre e figlia comincia un dialogo, fatto di reciproche accuse feroci e senza esclusione di colpi, che ricostruisce a scampoli la vita e il rapporto tra le due donne. Serena imputa a Letizia la responsabilità di averle trasmesso il pensiero distorto che per farsi amare si deve star male, un comportamento che l'ha portata all'incapacità di avere relazioni sentimentali stabili e normali. A sua volta, la madre continua a giustificare il proprio comportamento anaffettivo, incapace di vedere oltre la propria autocommiserazione.
A questo dialogo si aggiunge una terza figura – che lasciamo scoprire al lettore – che va ad acuire ancora di più lo psicodramma messo in scena.

Ziche mette da parte il mondo disneyano e i suoi alter ego fumettistici, come Lucrezia, per dare vita a un racconto drammatico – soprattutto nelle battute iniziali – all'apparenza privo di ironia e leggerezza, ma che invece racchiude in sé la capacità di far spesso sorridere, senza per questo tirarsi indietro nel mostrare la tristezza, lo sconforto e l'amarezza. Due toni narrativi che convivono, efficacemente intrecciati e coesi.
Partendo da un nucleo autobiografico, la fumettista mette in scena – letteralmente e in pochi luoghi, come in una pièce teatrale – un racconto che da particolare si trasforma in universale e che, come nelle più riuscite sedute di psicoanalisi, permette di elaborare lutto, traumi e drammi pregressi per intraprendere un cammino di crescita e riappacificazione, con sé stessi e con i legami familiari più stretti.

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La gabbia è dunque una storia di malessere, che non fa certo star comodo il lettore mentre vi è immerso, e che rivela un lato drammatico di Ziche profondo e per certi versi anche sorprendente, senza che l'autrice perda il suo efficace e consueto tratto autoriale. La scelta ossimorica, ma ironica, dei nomi delle protagoniste – Letizia per una donna che non ha mai voluto o saputo essere felice e Serena per una che la serenità con sé stessa e con gli altri ancora la sta ricercando – dimostra un profondo ragionamento da parte dell'autrice, capace di raccontare una storia certo non leggera e divertente dandole però una forma coinvolgente e non negativa.

Il disegno arriva a una sintesi estrema, senza venir meno quella forte capacità di rendere le espressioni dei personaggi, i loro stati d'animo, con smorfie e occhiate precise, con minimi spostamenti da una vignetta all'altra. Il minimalismo è il tratto peculiare di tutto il racconto, con un uso della struttura di pagina che predilige il bianco ed è capace di dettare i ritmi del racconto e dei dialoghi, le pause e le accelerazioni. In pratica Ziche costruisce le pagine in modo che il lettore percepisca quello che, a teatro, viene trasmesso dalla recitazione degli attori: silenzi, sovrapposizione di voci, variazione dei toni.
Quando poi il nero arriva sulla pagina fagocita tutto, sia che si tratti della personalizzazione dei pensieri negativi, (simpatiche) amebe nere con occhietti espressivi, sia che si tratti della depressione che tutto avvolge.
Ziche non rinuncia al proprio tratto cartoonesco, a cui applica un segno più realistico e meno grottesco come già fatto nei volumi della serie bonelliana Noi due. Proprio grazie a questo stile, allo scarto tra temi trattati e la resa dei personaggi che di questi temi dibattono, l'autrice aiuta i lettori ad avventurarsi con più leggerezza in un racconto emotivamente impegnativo.

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E con il sorriso i lettori si accomiatano da La gabbia, insieme a un piccolo colpo di scena finale, e con la sorpresa di Serena che inizia a vedere la madre con gli occhi degli altri, liberandosi di una autoreferenzialità che per tutta la vita l'ha costretta a vedere una Letizia, quella nella sola accezione di madre. Perché “incidentalmente ero anche tua madre. Ma non solo tua madre. Proprio come te, che non sei solo figlia.”

Abbiamo parlato di:
La gabbia

Comics, 2022
144 pagine, brossurato, bianco e nero – 17,00 €
ISBN: 9788807551222

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