La foresta millenaria: Taniguchi fra infanzia e rinnovamento

La foresta millenaria: Taniguchi fra infanzia e rinnovamento

“La foresta millenaria” costituisce il testamento artistico del maestro Jiro Taniguchi. Un'opera concepita in cinque volumi per il mercato francese e dedicata a un pubblico molto giovane, che stupisce per la volontà dell'autore di rinnovare il proprio stile.

La foresta millenaria è l’ultima opera, incompleta, del compianto maestro giapponese Jiro Taniguchi.
Il racconto si apre con un imponente evento cataclismatico: un devastante terremoto che lascia emergere dalla terra una parte “nascosta” della foresta vicino a un piccolo paese di montagna, oltre a un giacimento di materie minerarie pronto per essere sfruttato a discapito degli animali del luogo.
Wataru, protagonista del racconto, è un bambino di dieci anni che ha dovuto lasciare la città per andare a vivere proprio in quel paesino con i suoi nonni a causa della malattia della madre.

Una scelta ardita

Quest’ultima opera, pionieristica nel panorama giapponese per via di varie scelte editoriali, era stata pensata da Taniguchi in cinque tomi per il mercato francese come un manga dedicato a un pubblico molto giovane. L’esperimento è quasi un unicum, visto che nella vasta produzione dell’autore solo La montagna magica era stata concepita per dei bambini.
Dei cinque tomi ne è stato realizzato solo uno, con il soggetto e la sceneggiatura del secondo già definiti; del resto invece non sappiamo null’altro. Certo è che in quest’opera, seppur breve, risulta molto ferma ed evidente la volontà programmatica dell’autore.

Innanzitutto non è di poco conto la scelta del pubblico di riferimento da parte del maestro: con questo libro Taniguchi, nel suo ultimo periodo di esistenza, sembra voler tornare alle origini della sua vita, all’infanzia, e lo fa attraverso dei protagonisti giovanissimi e degli spettatori su cui fare affidamento come promessa di un positivo ed ecologico cambiamento futuro e come incarnazione di menti aperte all’ascolto e dall’animo incontaminato. È inoltre emblematica la scelta di ambientare l’opera a Tottori, il luogo nel quale è realmente cresciuto l’autore.

Fra tradizione e innovazione: il nuovo spirito di Taniguchi

Le tematiche portanti di questo racconto sono le più care all’autore, quelle che non ha mai abbandonato durante tutta la sua vita: l’ecologismo e la necessità di una convivenza più armoniosa con l’ambiente, una visione disincanta e al contempo ammirata della natura vista come fonte di meraviglie, ma anche nel suo aspetto più inquietante e distruttivo.

Ciò che sorprende però, e se ne può vedere chiaramente traccia nonostante la brevità del racconto, è la grande volontà di rinnovamento dell’autore, che continua a sperimentare in nuove forme e racconti e a mutare pelle.
Le doti camaleontiche di Taniguchi, che si è cimentato in tutti i generi narrativi, dall’avventura all’hard boiled di Tokyo Killers, dallo spokon di Blue fighter al divertissement culinario di Gourmet, sono ancora una volta evidenti in quest’opera, in cui l’autore condisce il suo racconto realistico con una inedita vena di magia e fantastico. Innumerevoli sono i rimandi visivi e tematici, alla produzione dello Studio Ghibli di Miyazaki, in particolare a Nausicaa della valle del vento, l’opera “d’inizio” dello studio, e a La principessa Mononoke.

C’è quindi molto del Taniguchi classico: a partire dalla delicatezza e il travaglio dei rapporti familiari, in cui di solito è un evento traumatico, una separazione, a dare impulso iniziale al racconto (Quartieri lontani, Al tempo di papà e L’olmo su tutti); qui possiamo allo stesso modo vedere, con l’espediente della malattia della madre per scoprire una vita rustica e semplice, un rimando a Il mio vicino Totoro di Miyazaki. Altro tema ricorrente è la contemplazione della natura (che ha da sempre affascinato Taniguchi sin dalle sue letture di Natsume Soseki a cui ha dedicato la lunga biografia Ai tempi di Bocchan, sfociando poi nel suo capolavoro L’uomo che cammina).

A questo terreno comune si aggiunge però una volontà di cambiamento che è dapprima immediatamente esteriore. Il manga è infatti pensato in un formato orizzontale simile a quello del carnet di viaggio, e ha creato molte difficoltà per la concezione di un’edizione giapponese, vista la problematica di collocare l’opera negli scaffali delle librerie giapponesi; una mossa che, come si fa notare nella postfazione, solo un autore ormai riconosciuto e rispettato come Taniguchi poteva permettersi. Ma il cambiamento è anche e soprattutto sostanziale: Taniguchi sceglie un pubblico nuovo, su cui ripone grandi speranze per il futuro.

Inizialmente il suo editor gli aveva consigliato di rifarsi nella storia a un episodio accaduto nella realtà: il rinvenimento di giacimenti di uranio nella zona di Tottori, ma immediatamente l’autore aveva declinato la proposta, facendo poi riferimento nella storia a un generico minerale; questo per evitare che il libro venisse idealmente collegato al recente evento disastroso di Fukushima e l’opera venisse recepita come un messaggio politico militante.

La scelta di Taniguchi è però tutt’altro che vile. Il suo intento non è quello di ignorare la situazione politica del suo paese, un evento contingente, ma quello di creare una storia universale e pura in cui il suo pubblico possa rivedersi, senza risultare invadente.

Il protagonista, Wataru, ha un rapporto ambiguo con la foresta: dapprima compie una sorta di battesimo di fuoco e sembra essere accettato dalla foresta stessa, che da quel punto inizia a parlargli, ma allo stesso tempo è intimorito da questo ambiguo legame che nasconde in sé le luci e ombre di una relazione con un’entità incontrollabile e spesso rovinosa – una tematica ben evidente sin da La vetta degli dei –.
Il linguaggio della foresta, con i suoi animali, è un linguaggio universale che solo pochi individui riescono a comprendere. Emblematico è in questo senso il soggetto della seconda storia (mai realizzata) in cui una bambina, seppur muta, avrebbe dovuto comunicare perfettamente con Wataru.
Questa consapevolezza dell’ambiente porta tali individui a un grado più elevato di sofferenza, per via della loro profonda empatia, ma al contempo costituisce un armonico equilibrio che li riporta ad una primitiva tranquillità e semplicità nell’animo. La natura è dunque vista come un farmaco:

“La foresta ti consolerà, la foresta ti aiuterà […] Wataru… Non sei solo… Sei nostro figlio”.

Una narrazione visiva e contemplativa

Ulteriore scelta che avvicina l’opera di Taniguchi al panorama europeo è poi la narrazione a colori. I paesaggi incantati della foresta vengono esaltati dalle tinte del maestro, dominate su tutte dal verde smeraldo delle chiome degli alberi e dall’azzurro del cielo, di cui tutte le tavole sono pregne. Le creature fantastiche rappresentate sono, di nuovo, un chiaro omaggio allo Studio Ghibli, e la narrazione è prevalentemente muta.

I dialoghi sono misurati e ridotti all’osso, quasi sempre superflui, a sottolineare la leggerezza effimera del discorso sviluppato con le parole.
La parte preponderante della narrazione scritta è affidata invece a brevi didascalie e a una sorta di voce interiore; per il resto il racconto è basato principalmente sulla componente visuale e contemplativa, esaltata dal formato orizzontale, ideale per rendere gli ampi paesaggi montani di una atemporale foresta magica, il tutto a comunicare una sensazione di estrema libertà e vastità nell’osservare le tavole.

L’edizione curata da Oblomov valorizza pienamente questo lascito, un vero testamento artistico dell’autore. Il libro è infatti corredato da una delicata introduzione scritta e illustrata di Vittorio Giardino, e dedica una vastissima sezione finale ai taccuini e agli sketchbook del maestro, oltre a una lunga postfazione in cui vengono spiegate dettagliatamente la gestazione dell’opera, gli intenti dell’autore e le difficoltà incontrate col suo editor nella pubblicazione.

Di grande utilità risultano inoltre i preziosissimi storyboard, a dir poco necessari per comprendere il talento innato di Taniguchi: la sezione mostra infatti come l’autore visualizzasse già nella sua mente i suoi fumetti, tanto da arrivare a non apportare alcuna aggiunta nella composizione delle tavole (salvo i dovuti perfezionamenti) fra lo storyboard originale e la tavola a fumetti; un processo creativo sorprendente e attraverso cui pochi autori sarebbero in grado di lavorare.

Abbiamo parlato di:
La foresta millenaria
Jiro Taniguchi
Traduzione di Stefano Sacchitella
Oblomov Edizioni, 2018
104 pagine, cartonato, colori – 23,00 €
ISBN: 9788885621213

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *