Justice League, il film diretto da Zack Snyder e sceneggiato da Chris Terrio e Joss Whedon, si pone come primo traguardo del percorso iniziato nel 2013 con L’uomo d’acciaio e proseguito da Batman v Superman: Dawn of Justice nel 2016.
Senza riferire quanto accaduto durante la lavorazione della pellicola e precedentemente alla sua uscita nelle sale, evitando di entrare nella questione relativa ai meriti e ai demeriti dei due “nomi caldi” del progetto, consapevoli che Whedon è stato reclutato per girare alcune scene aggiuntive e modificare il lavoro già svolto da Snyder, si può tuttavia riscontrare un cambio di rotta rispetto ai due titoli che hanno gettato le basi per l’unione dei grossi calibri della DC Comics.
Partiamo proprio dai personaggi, dei quali Warner Bros. detiene i diritti cinematografici. Nel finale di Dawn of Justice Batman e Wonder Woman riflettono sulla necessità di riunire altri metaumani con lo scopo di contrastare le minacce imminenti. Esattamente da questo momento prende le mosse la trama, dopo aver mostrato con estrema efficacia, sulle note dell’ottima Everybody knows di Sigrid, i funerali di Superman.
Il primo a entrare in scena, con una sequenza che ricorda Batman di Tim Burton, è l’Uomo Pipistrello che tratta con pochi riguardi un criminale, per stanare un’orda di maligne creature alate attratte dalla paura, ossia i parademoni.
A Ben Affleck viene chiesto di sorridere più di quanto abbia fatto in Dawn of Justice e Suicide Squad, pur rimanendo fedele alla caratterizzazione del vigilante gothamita figlia della rivisitazione milleriana. In particolare, si riscontrano la volontà di sacrificarsi e l’accettazione della morte come liberazione, inclinazioni tipiche di un eroe sul viale del tramonto che sente la necessità di completare con esito positivo la propria missione. Le battute, perlopiù sarcastiche, denotano una difficoltà di aprirsi all’altro che si riduce soprattutto dinanzi a Wonder Woman.
Diana Prince, interpretata da una Gal Gadot sempre più padrona dello schermo (e dei cuori degli spettatori), è empatica, comprensiva, sempre pronta a fidarsi e a guadagnarsi la fiducia, senza perdere il carisma derivatole dalla battaglia contro Doomsday e, soprattutto, dal film Wonder Woman. Trascina tutti: in altri tempi, Omero non avrebbe esitato ad annoverarla tra i “pastori d’eroi“.
Sulle note del tema musicale a tratti tribale creato apposta per lei da Junkie XL e inserito efficacemente da Danny Elfman nella sua colonna sonora, l’Amazzone incrocia i bracciali e si getta nella mischia. La posa è tanto iconica quanto quelle di Batman, mostrato più di una volta “appollaiato” sulle sporgenze degli edifici. Inquadrature queste che, pur apparendo semplici dettagli di fronte a battaglie, esplosioni e superpoteri, rimangono impresse nella mente per la loro potenza.
E se il Cyborg di Ray Fisher sorprende positivamente, l’Aquaman di Jason Momoa delude. Il primo, al contrario della sua controparte fumettistica spesso in ombra, convince soprattutto per il ruolo che assume nell’economia della storia. A compensare la possibilità che si tratti di un mero deus ex machina è la caratterizzazione immediata ma profonda: se non si arriva a immedesimarsi in Victor Stone, senza sforzo se ne può comprendere il dolore. Dal canto suo, Arthur Curry viene ricordato solamente per la scena, già mostrata nei trailer, in cui fa surf su un parademone. Visivamente è spettacolare, ma è troppo poco per un eroe che gode della fisicità e della presenza scenica di Momoa.
Portavoce del cambio di marcia rispetto alle pellicole che hanno preceduto Justice League è sicuramente Flash. Ezra Miller è chiamato a pronunciare battute con la stessa rapidità con cui salva i civili, rischiando di rendere il Velocista Scarlatto una macchietta. Le attenuanti ci sono: Barry Allen è giovane ed è alle primissime armi, è estremamente insicuro e parla a raffica per nascondere le mille debolezze.
Nel primo tempo conosciamo i nuovi personaggi, dei quali abbiamo avuto un fugace assaggio in Batman v Superman, mentre vengono reclutati da quelli già familiari per contrastare Steppenwolf, un Nuovo Dio proveniente da Apokolips deciso a impadronirsi di tre manufatti nascosti sulla Terra utili a sottomettere il Pianeta al suo volere. Dall’aspetto poco incisivo, quasi involontariamente buffo e meno riuscito perfino di quello dei parademoni suoi servitori, Steppenwolf incarna perfettamente il villain monodimensionale, utile solamente per riunire i buoni.
L’arruolamento avviene velocemente, intervallato da altre scene. Da una parte abbiamo la discesa in campo di Steppenwolf, troppo prolungata quando ambientata sull’isola di Themyscira, troppo corta quando porta il nemico negli abissi di un’Atlantide solo abbozzata e un po’ posticcia. Dall’altra, assistiamo a un dialogo tra Lois Lane e Martha Kent che non riesce a trasmettere il pathos previsto. L’incisività latita anche nella caratterizzazione degli altri comprimari: oltre ad Alfred e alle due donne fondamentali per la vita Superman, compaiono Mera, nei fumetti compagna di Aquaman ma nel film non ancora coinvolta dal punto di vista sentimentale, e il commissario Gordon, ma nessuno di loro lascia il segno né brilla di luce propria.
Tutti questi elementi convergono in un montaggio caotico, forse dovuto alla necessità di rientrare nelle due ore di durata complessiva stabilite a progetto già in fase di compimento. Il risultato è una prima porzione discontinua e priva di mordente, eccezion fatta per un flashback ambientato nel passato remoto, che ricorda da vicino Il Signore degli Anelli, e in tono minore una sequenza in cui Wonder Woman sfoggia i propri poteri.
Spianata la strada, il secondo tempo è una corsa a perdifiato, avvincente e a tratti emozionante, verso la resa dei conti finale, frizzante ed epica. A fare da spartiacque nello squilibrio tra le due sezioni della pellicola è il ritorno di Superman. Egli rappresenta il cuore della Justice League, un messia in grado di unire definitivamente i supereroi e di colpire sia con delicatezza che con potenza l’immaginario dello spettatore.
Henry Cavill, penalizzato solo da una CGI che non riesce a risolvere in modo soddisfacente il problema dei baffi1, appare forte e sereno, riconciliato con l’essenza del personaggio fumettistico. La sceneggiatura, infatti, prevede un’evoluzione dell’Uomo d’acciaio confermata ulteriormente dalla scena posta a metà dei titoli di coda.
Come Superman si ammanta definitivamente di luce, così tutto l’Universo cinematografico DC sembra scrollarsi di dosso gli ultimi residui di oscurità. Testimonianza ne è il discorso pronunciato da Lois nel finale.
Al di là dell’umorismo calibrato Justice League si distingue da L’uomo d’acciaio e da Batman v Superman per i toni più leggeri, la trama più lineare ed essenziale come i dialoghi (alcuni riscritti da Whedon), la caratterizzazione decisamente centrata dei personaggi e l’uso di colori più vivi.
Quello che arriva nelle sale è un lungometraggio d’azione che può parlare a tutti, dagli appassionati della prima ora a coloro che si avvicinano per la prima volta al mondo di Batman e soci, dai ragazzini agli adulti. Per riuscirci, però, la produzione ha dovuto sacrificare l’identità impressa nel 2013, è stata costretta a semplificare e ad ammutolire le voci filosofiche, politiche, mitologiche e religiose, impoverendo la trama dal punto di vista contenutistico.
A parte il succitato discorso di Lois, i dialoghi non risuonano nella mente dello spettatore, le scene capaci di restare impresse sono poche: ci si accontenta di vedere i sei salvatori schierati uno di fianco all’altro. Della colonna sonora, che non aggiunge nulla di nuovo, convince soprattutto l’inserimento armonioso dei temi della trinità DC appartenenti alle vecchie pellicole. Lungo questo solco citazionista si collocano anche i numerosi richiami alle storie narrate nei fumetti, capaci stuzzicare la memoria dei fan più fedeli.
Giunti all’ottimo epilogo, si esce dalla sala con l’impressione di aver assistito a poco più di un prologo, ma anche con il desiderio genuino di essere subito partecipi di nuove gesta della Justice League.
Abbiamo parlato di:
Justice League
Regia di Zack Snyder
Con Ben Affleck, Gal Gadot, Henry Cavill, Jason Momoa
Warner Bros., novembre 2017
Durata: 120 minuti
Durante lo svolgimento delle riprese aggiuntive di Justice League, Henry Cavill aveva i baffi e non poteva tagliarli a causa del contratto stipulato per far parte del film Mission Impossible 6. Sono stati quindi rimossi digitalmente. ↩