Milk War con JLA/Doom Patrol Special in First Issue #18

Milk War con JLA/Doom Patrol Special in First Issue #18

Tantissime le nuove uscite di cui si parla in questa nuova puntata di First Issue, con i fari puntati, tra le tante novità, sugli Annual della DC Comics, l’esordio della serie firmata da John Romita jr e Dan Abnett e il primo albo della linea della Dark Horse curata da...

Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica bisettimanale de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! Questa puntata numero diciotto si focalizza sulle novità pubblicate gli ultimi due mercoledì di gennaio 2018, il 24 e il 31.

Marvel Comics

Per la Casa delle Idee arrivano due novità in salsa mutante. Debutta il primo Annual della testata X-Men Blue che segna l’avvio di Poison-X, il crossover tra figli dell’atomo e Venom. Gli autori sono Cullen Bunn ai testi, Edgar Salazar ai disegni e Matt Milla ai colori.
Prende poi il via una nuova miniserie dedicata a David Haller, il mutante Legion: ce ne parla Federico Beghin che ha letto l’albo.

Legion #1

Perennemente in fuga da se stesso, David Haller è un mutante noto come Legione perché la sua mente è affollata da numerose personalità alternative. Sull’onda del successo della serie televisiva Legion, la Marvel ha affidato una miniserie di cinque numeri dedicata al personaggio a Peter Milligan, già autore dello psichedelico fumetto Shade, l’uomo cangiante per l’etichetta Vertigo della DC Comics.
Deciso ad alzare la posta in gioco in tema di follia, lo sceneggiatore estrae dalla mente di David la personalità più pericolosa, rendendola apparentemente onnisciente. Subito si coglie quanto la situazione sia delicata e la curiosità aumenta nel tentativo di prevedere i tanti sviluppi possibili.
La narrazione poggia principalmente sulle didascalie efficaci ed esplicative che riferiscono i pensieri del protagonista e della sua alleata, la Dottoressa Jones. Purtroppo il potenziale di David e della trama non viene espresso dalle matite di Wilfredo Torres, dal momento che il disegnatore non si dimostra creativo quando è chiamato a rappresentare lo scatenarsi della follia, né spinge sull’espressività di Legione.
Da una generale scansione delle tavole senza sussulti si salvano le vignette finali che godono di una disposizione più accattivante. Tra le note visive più liete si inserisce la colorazione vivace di Dan Brown, apprezzabile soprattutto nelle sequenze dedicate alla Dottoressa Jones e nei due momenti in cui emerge l’eterocromia di David.

Con Io one shot Inhumans – Judgement Day, Al Ewing tira le fila e porta a conclusione le vicende da lui narrate nella serie The Royals – dedicata ai membri della (ex) famiglia reale inumana – conclusasi il mese scorso. Accanto allo sceneggiatore, ai disegni troviamo Mike Del Mundo e Kevin Libranda (con Marc Deering a inchiostrare alcune tavole), con colori di Josè Villarrubia. Questo albo pare segnare il canto del cigno, almeno per il momento, delle avventure inumane con la sola testata dedicata a Black Bolt che continua il suo cammino mensile.

Chiudiamo lo spazio Marvel segnalando una nuova uscita a fumetti legata al franchise di Star Wars e all’ultima pellicola cinematografica arrivata nei cinema a fine 2017. DJ: Most Wanted, firmato da Ben Acker e Ben Blacker ai testi, Kevin Walker ai disegni, Marc Deering alle chine e Java Tartaglia ai colori, con protagonista il personaggio interpretato nel film da Benicio Del Toro.

DC Comics

The Silencer è la seconda nuova testata ad esordire per la nuova ambiziosa etichetta New Age of Heroes della DC Comics. Ambiziosa innanzitutto in quanto cerca di lanciare nuovi personaggi in un panorama editoriale che preferisce arroccarsi su franchise ben collaudati, e secondariamente anche perché sposta il “peso creativo” dalla parte dei disegnatori in un periodo storico in cui la figura dello scrittore è quella maggiormente sotto i riflettori. Di questo esordio ci parla Andrea Gagliardi.

The Silencer #1

The Silencer #1 è un buon fumetto d’azione in cui viene introdotto il personaggio di Honor Guest, questa l’identità fittizia della protagonista, e quelli che sono gli ostacoli che dovrà affrontare in futuro. Questo nuovo personaggio ideato da John Romita Jr e Dan Abnett, pur ricadendo nella famiglia dei giustizieri solitari sulla falsariga del Punitore, ha indubbiamente le potenzialità di offrire al pubblico qualcosa di nuovo e interessante.
Il racconto scorre bene e il disegnatore italo-americano adotta una composizione ordinata facendo ben recitare i suoi personaggi, tanto che, anche senza leggere i testi, è sempre facile intuire cosa questi stiano pensando. Ma è proprio qui che la narrazione si inceppa maggiormente: sebbene Abnett sia uno scrittore dalle capacità indiscusse, sembra aver trovato delle difficoltà ad adattarsi a questa impostazione che richiama molto il Marvel-style (che non prevede una sceneggiatura dettagliata ma solo delle indicazioni di massima per il disegnatore che poi renderà allo scrittore le tavole per l’aggiunta dei dialoghi).
L’abilità dello scrittore nel far emergere l’umanità dai personaggi “duri e puri” risulta, in questo caso, quasi un ostacolo: in alcune pagine i testi appaiono fin troppo invasivi ribadendo quanto già espresso dai disegni di Romita. Laddove invece riesce ad essere misurato, l’albo offre degli momenti di ottimo intrattenimento lasciando così ben sperare per il seguito.

Sono ben tre gli Annual legati alle testate mensile che hanno esordito nelle due settimane passate.
Su Deathstroke Annual #1 troviamo ai testi lo scrittore regolare del mensile Christopher Priest mentre ai disegni spiccano tre nomi importanti del panorama fumettistico: Larry Hama ai layout, Dennis Cowan alle matite e Bill Sienkiewicz alle chine. Il tutto per i colori di Jeromy Cox.

Di The Flash Annual #1 e Detective Comics Annual #1 ci parla Marco Marotta.

The Flash Annual #1

Concepito come preludio a Flash War, la nuova saga che terrà banco sulla testata del velocista scarlatto a partire dal prossimo maggio, questo primo annual dell’era Rebirth è prima di tutto un’occasione per Joshua Williamson di omaggiare il personaggio che sta scrivendo ormai da tre anni, la sua storia e soprattutto la sua legacy. Molti sono infatti i richiami al passato editoriale di Flash, tra semplici easter egg nel Flash Museum del 25° secolo, al ritorno di alcuni importanti personaggi da tempo dimenticati. Ma non di sola nostalgia vive l’albo.
Mettendo in secondo piano l’azione (presente ma limitata a un paio di brevi sequenze), l’autore preferisce esplorare il rapporto che lega i tre Flash e in particolar modo si concentra sull’approfondimento psicologico del Wally West pre-Flashpoint (a cui è dedicata la maggior parte dell’annual). Quello che Williamson presenta ai lettori è un ritratto intimista del personaggio; quello di un ragazzo perso in una realtà che non sente più come propria e in cui molti dei suoi affetti lo hanno dimenticato, ma anche quello di un eroe risoluto e determinato a riprendere in mano le redini della propria vita.
Una storia scorrevole, dal buon ritmo e con dialoghi efficaci, impreziosita dal tratto preciso e dettagliato dei disegnatori Howard Porter e Richard Duce, infusa di amore per i personaggi e in grado al contempo di avvincere grazie a interessanti spunti narrativi che preparano il terreno per gli eventi futuri.

Detective Comics Annual #1

Clayface, l’ex supercriminale ora membro della squadra di eroi guidata da Batwoman, diventa il protagonista assoluto in questo primo annual di Detective Comics. James Tynion IV si concede una digressione dalle trame della testata per raccontare le origini del personaggio, dall’infanzia, alla sua carriera di attore, fino all’incidente che lo ha trasformato nel mostro d’argilla che i fan ben conoscono.
Personaggi credibili e dialoghi che non scadono mai nel banale arricchiscono una sceneggiatura attenta, attraverso la quale l’autore dipinge Basil Karlo come una figura tragica, un personaggio umano, dalla personalità sfaccettata e per il quale si riesce a provare empatia.
Decisamente apprezzabili anche i disegni di Eddy Barrows (con chine di Eber Ferreira), il cui tratto fine e iper dettagliato garantisce anatomie perfette in ogni circostanza, espressioni facciali convincenti e una discreta cura nella rappresentazione degli sfondi. Il disegnatore si prodiga poi per offrire un’impostazione delle tavole non scontata, ad esempio facendo rientrare in più occasioni le vignette nei frame di una pellicola cinematografica. Contribuisce infine al comparto artistico una colorazione d’atmosfera ad opera di Adriano Lukas, vibrante nei toni, che fa massiccio uso di neri e che gioca sul contrasto tra luci e ombre.

È iniziato Milk Wars, il crossover tra le testate dell’universo supereroistico DC Comics e quelle dell’etichetta Young Animals gestita da Gerard Way. Il primo albo a essere uscito è JLA/Doom Patrol Special #1 e lo ha letto per noi Andrea Gagliardi.

Milk Wars: JLA/Doom PAtrol Special #1

Everything is Art”.
È la frase pronunciata da una delle personalità di Jane per spiegare questa felice commistione tra fumetto mainstream ed editoria indipendente o alternativa (sebbene l’etichetta Young Animal sia di proprietà DC e quindi non letteralmente indipendente).
A guardarlo in superficie l’incontro presente nell’albo scritto da Gerard Way e Steve Orlando segue la canonica struttura dei team-up supereroistici: i due gruppi si incontrano, si picchiano e poi scoprono di avere un nemico comune che, in questo caso, combatteranno nell’ultimo albo del crossover. In effetti tutta la prima parte, sebbene pervasa da quel senso di “stranezza” tipico delle testate Young Animal, sarebbe abbastanza ordinaria se non si avvalesse delle tavole densamente strutturate di ACO. L’artista spagnolo gioca con i layout, riempie le tavole di bellissime onomatopee, impagina una quadrupla splash page di sterankiana memoria e in generale costruisce un design pop attorno a tutto il racconto.
Racconto che da “ordinario” si trasforma, nella seconda parte, in uno straordinario metafumetto nel quale lo “sfondamento della quarta parete”, una volta tanto, non è finalizzato a scopi umoristici o decorativi ma è strettamente narrativo e collegato alle storie dei personaggi. La coscienza che questi ultimi hanno di essere delle “creature” permette loro di sovvertire lo status quo creato dalla perfida Retconn: una corporazione multiversale dell’entertainment che cerca di trarre profitto dal concept di supereroe.
Interessante anche la metafora della corporazione che utilizza un simbolo – il supereroe – per offrire sicurezza in cambio di una devozione assoluta che evidenzia quanto a volte sia sottile il confine tra realtà e narrativa.
“Everything is Art”.

Debutta anche la maxi serie dedicata a Raven, membro storico dei Giovani Titani, scritta dal suo creatore Marv Wolfman. Ce ne parla Simone Rastelli.

Raven Daughter of Darkness #1

Il debutto della serie in dodici numeri a lei dedicata – Marv Wolfman (testi), Pop Mahn (disegni) e Lovern Kindzierski (colori) – ci propone Raven inserita in una ordinaria comunità di provincia, ospite degli zii, che se ne prendono cura dopo che la ragazza è fuggita dalla setta religiosa nella quale viveva la madre. A questa prima sfumatura che incupisce l’atmosfera di quotidianità adolescenziale del racconto, si aggiungono altre due vicende: la prima mostra le riflessioni di Baron Winters sulla stessa Raven; la seconda ruota intorno a una figura femminile, tenuta prigioniera da una misteriosa organizzazione, e dotata di poteri telepatici.
In questo primo numero, Wolfman ci offre le coordinate generali della storia e accumula molte informazioni senza però riuscire a creare un efficace senso di mistero o empatia con la protagonista. La sensazione è che, più che sulla trama di enigma e azione, l’intreccio giocherà sulla relazione fra elementi religiosi e fantastici, nello scenario della provincia statunitense. Indizio in questo senso, oltre ovviamente alla natura della protagonista, la messa in evidenza del rapporto stretto fra gli zii/tutori di Raven (anzi di Rachel, come è conosciuta da parenti e amici) e il pastore della comunità. Il contesto di sviluppo, inoltre, dovrebbe ragionevolmente riguardare i rapporto di Rachel con la comunità umana. Il suo primo atto che Wolfman mette in scena è un atto di fiducia nei confronti dei ragazzi che frequenta, e ai quali confessa qualcosa del suo passato.
Curiosità: le nostre aspettative sono influenzate dalla specifica suggestione che scaturisce dall’utilizzo, per la prima tavola del racconto, della griglia 3×3. Ci appare infatti come un esplicito rimando al Mister Miracle di King e Gerads e, se lo svolgimento confermerà questa ipotesi, ci consente di inserire Wolfman nella schiera dei “niners“.
Il lavoro di Mahn è professionale, ma non aggiunge quel fascino o senso del mistero che sono i maggiori assenti in questo debutto.

Chiudiamo con la segnalazione dell’esordio di una nuova testata dell’etichetta Vertigo, Motherlands #1, serie scritta da Si Spurrier per i disegni di Rachael Stott e i colori di Felipe Sobreiro.

Image Comics

Solo una segnalazione per la Image a questo giro: il debutto di Dissonance #1 scritto da Singgih Nugroho e Ryan Candy con disegni di Sami Basri e colori di Sakti Yuwono, altra serie del Glitch Network dopo God Complex e Bone Head.

Dark Horse Comics, BOOM! Studios e IDW Publishing

In Dark Horse Comics è arrivato finalmente il momento dell’esordio di Berger Books, la linea editoriale curata dalla storica editor Vertigo Karen Berger. La prima serie presentata ai lettori è l’antologico Hungry Ghosts, nel quale lo chef di fama mondiale Anthony Bourdain, coadiuvato dallo sceneggiatore Joel Rose e dai disegnatori Alberto Ponticelli e Vanesa Del Rey, adatta dei racconti dell’orrore del folklore giapponese che hanno come tema comune quello del cibo.

Per BOOM! Studios arriva la miniserie Abbott dell’autore in ascesa Saladin Ahmed e di cui ci parla Andrea Gagliardi.

Abbott #1

Saladin Ahmed, dopo la bella prova in Marvel su Freccia Nera e pronto per il prossimo esordio della nuova incarnazione di Exiles, racconta una storia thriller con sfumature horror ambientata nella sua Detroit del 1972. Una città divisa dai conflitti razziali nella quale si muove la giovane reporter di colore Elena Abbott.
Nonostante l’albo presenti delle idee interessanti e abbia almeno una svolta narrativa ben congegnata, il racconto è appesantito da lunghi dialoghi/spiegoni messi in bocca a personaggi fin troppo stereotipati: il lavoro di caratterizzazione sembra superficiale e mostra un Ahmed involuto rispetto a quanto sta facendo su Black Bolt. La speranza è che la scrittura si snellisca una volta superata la fase introduttiva.
I disegni di Sami Kivelä si fanno notare per pulizia e leggibilità; anche dove la gabbia narrativa è più destrutturata la narrazione è sempre solida. Il disegnatore è bravo anche a nel lavoro di ricostruzione degli ambienti e del vestiario dell’epoca, anche se – a voler essere pignoli – si può evidenziare qualche incertezza qua e là nei volti.

Per Dark Horse esce anche il primo albo di Vinegar Teeth di Damon Gentry e Troy Nixey con colori di Guy Major.

IDW Publishing continua lo sfruttamento di vari franchise e stavolta si butta sul settore videoludico con Gears of War di cui ci parla Marco Marotta.

Gears of War: The Rise of RAAM #1

L’universo narrativo di Gears of War, la fortunata serie di videogiochi TPS sviluppata da Epic Games, si arricchisce di un nuovo tassello con The Rise of RAAM, nuova serie a fumetti scritta da Kurtis Wiebe per i disegni di Max Dunbar.
Ambientato diverso tempo prima dello scoppio della guerra tra umani e Locuste, il fumetto si propone di raccontare le “origine segrete” del Generale RAAM, uno dei più iconici antagonisti di Gears of War, e la sua scalata nella gerarchia delle Locuste.
Molti elementi del background narrativo della serie vengono dati per scontati dall’autore ed è quindi palese che il pubblico a cui l’opera si rivolge sia proprio quello costituito dagli appassionati dei videogiochi. Sono loro che possono sicuramente apprezzare il cambio di prospettiva, il poter assistere ai retroscena dell’imminente conflitto dal punto di vista dei cattivi, cosa che riesce a gettare nuova luce sui già noti eventi del videogioco, cronologicamente successivi, e a dare un inedito spessore ad alcune figure chiave della mitologia del franchise. Più concretamente, tuttavia, l’approccio di Wiebe alla narrazione è altalenante. Tolti pochi momenti interessanti, l’albo si trascina pigramente senza offrire particolari guizzi di sceneggiatura, complici anche un incedere lento e dialoghi troppo didascalici – a tratti forzati – e proprio quando sembra che la storia possa cominciare a ingranare, ecco che compare la didascalia che rimanda al prossimo numero.
I disegni, che offrono un colpo d’occhio nel complesso gradevole e riescono a riprodurre fedelmente i tratti e le espressioni dei mostruosi abitanti del sottosuolo protagonisti del racconto, adottano un tratto essenziale e uno storytelling abbastanza ordinario. La colorazione di Jose Luis Rio, opaca e declinata sui toni caldi dell’arancione, restituisce efficacemente l’atmosfera delle anguste gallerie, illuminate solo dalla luce delle torce, in cui si muovono i personaggi.

Sempre per IDW, segnaliamo altri due one shot per un pubblico di ragazzi legati a Star Wars:

Esclusive Comixology

Simone Rastelli come sempre ci illustra alcune interessanti novità indipendenti presenti sulla piattaforma digitale Comixology.

Denver Moon #1 - Murder on Mars

Denver Moon è il nome della protagonista di questa miniserie prevista in tre episodi – scritta da Warren Hammond e Joshua Viola e illustrata da Aaron Lovett, pubblicata da Hex Publishers – che si presenta come hard-boiled fantascientifico, costruito con elementi tradizionali dei due generi.
Siamo su Marte – ultima speranza dell’umanità, secondo lo slogan della serie – e qualcuno sta massacrando androidi che sul pianeta rosso sono profondamente integrati nella comunità, al punto che questi atti sono vissuti non come semplici crimini contro la proprietà, ma come veri e propri assassinii. Denver Moon, investigatrice privata, è stata chiamata a indagare su questi atti da Jard, proprietario di un’agenzia di androidi di piacere. Un soggetto pienamente canonico, quindi, che prende vita grazie all’efficacia della scrittura e delle illustrazioni.
Il racconto si svolge cadenzato da dialoghi stringati e accompagnato da due voci narranti, una della stessa Denver Moon e l’altra (apparentemente) extradiegetica. I primi danno profondità ai personaggi, alludendo a loro relazioni pregresse, le seconde forniscono dettagli sullo scenario, senza tuttavia ridursi al mero didascalismo. La tensione della vicenda è trasmessa dall’espressività dei volti dei personaggi – i cui primi piani dominano le inquadrature – e amplificata dai cromatismi caldi e cupi e dalle ombre che pervadono gli ambienti.
Caldamente consigliato agli appassionati di genere, Denver Moon uscirà in volume a giugno e intanto si possono trovare ulteriori – sebbene scarne – informazioni sul sito dedicato alla serie.

Long Lost #1

Nel bosco vagava una vecchia e grande bestia“: Long Lost, serie scritta da Matthew Erman, illustrata in bianco e nero con inserti di rosso e influenze espressive manga da Lisa Sterle e pubblicata da Scout Comics, inizia con queste parole che sanno di fiaba e una carrellata che scorre dal folto degli alberi a un pozzo, e chiude su due bambine che si tengono per mano. Poi la scena sembra compiere un balzo temporale in avanti – almeno questa è la ricostruzione alla quale ci guidano le immagini – e troviamo le due bambine diventate adulte: Francis e Piper, sorelle. Piper vive in una casa vicino al bosco, isolata e in cerca di tranquillità e ha un appuntamento con Francis. Ma qualcosa dal bosco sembra introdursi nella vita tranquilla di Piper.
In questo primo numero, Erman e Sterle tratteggiano in maniera ordinata ed esauriente atmosfere e personaggi, con l’unica sbavatura di una certa disomogeneità nei volti delle due protagoniste.  Ci mostrano quindi Piper nei gesti della sua routine quotidiana, svolti nel silenzio o accompagnati da qualche chiacchiera con il cane Pockets, e Francis che stordisce una vicina di posto sull’autobus con discorsi a ruota libera su sé stessa. Il racconto scorre lineare e veloce e questa velocità è alla fine il fattore determinante nella mancata resa del senso di minaccia: il risultato è che Long Lost incuriosisce ma non suscita particolari inquietudini.

Welderkin#1

I colori accesi e lo stile caricaturale usato per la rappresentazione dei personaggi non impediscono al primo capitolo di Welderkin – ideato e realizzato da Jordan Alsaqa (testi) e Joni Miller (disegni), pubblicato da Comicker – di costruire un’atmosfera carica di tensione, nutrita da una leggenda locale di demoni o uomini che si sono a essi associati, a incendi di edifici, morti di donne e strane statue (?) metalliche presenti nei boschi intorno alla cittadina dove Jessica e il compagno si sono trasferiti. Ad illustrare a Jessica – giornalista freelance – il folklore locale, Annie e Kim, due ragazze lì trasferitesi dalla città sette anni prima. Il buon ritmo e soprattutto lo stile dei disegni lontano da ogni naturalismo, una scelta che richiama La Fortezza di Trondheim, danno al racconto un sapore gradevole che mescola commedia e fantastico con venature orrorofiche.

Anche per questa puntata è tutto. L’appuntamento con First Issue come sempre si rinnova tra due settimane, il 21 febbraio, con tante nuove uscite a stelle e strisce.
Ma non perdete il prossimo mercoledì 14 febbraio il nuovo appuntamento di
First Issue Presenta, con la recensione di Swamp Thing Winter Special #1.
Stay tuned!

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