Sono numerose le figure storiche che acquistano nel tempo un fascino tale da essere utilizzate in opere narrative come comprimari o addirittura protagonisti di vicende di fantasia.
Tra queste, anche alcuni artisti e scrittori – creatori a loro volta di storie – sono assurti alla dimensione del mito, magari perché oltre alle loro qualità autoriali hanno vissuto un’esistenza originale o movimentata, o ancora, con risvolti misteriosi. Tra gli esempi che possono venire in mente troviamo Agatha Christie, Philip Lovecraft, Charles Dickens e Walt Disney, ma la lista potrebbe essere molto più lunga e in essa figura a buon diritto Jack London.
Il giornalista e romanziere americano, celebre per libri come Il richiamo della foresta e Zanna Bianca (ma anche apprezzato autore di fantascienza), ha infatti avuto una vita piuttosto interessante, partecipando nel 1897 alla corsa all’oro del Klondike e recandosi in Corea nel 1904 durante la guerra russo-giapponese.
Anche le sue idee socio-politiche erano degne di nota, e nel loro mischiare darwinismo e socialismo vennero nel tempo usate come una bandiera sia dalla Russia sovietica che dal fascismo italiano, a seconda degli aspetti su cui ci si voleva concentrare. Infine la sua morte, avvenuta per una probabile overdose di antidolorifici, lascia aperto il dibattito se sia stata conseguenza di un incidente o di un atto volontario.
Tutte queste caratteristiche rendono London una figura che attira l’attenzione, ottima da inserire in diversi racconti, e questo anche per quanto riguarda i fumetti: lo scrittore californiano è apparso nei comics in diverse occasioni, e addirittura è stata recentemente realizzata una biografia a fumetti su di lui per l’editore francese Le Lombard, ma in questo pezzo vogliamo concentrarci su quattro esempi in particolare.
Il Jack London di Don Rosa
Se si parla di corsa all’oro del Klondike, uno dei primi riferimenti che vengono in mente (perlomeno all’appassionato di fumetti) è la giovinezza di Paperon de’ Paperoni.
L’idea che il decano della famiglia dei paperi disneyani si sia arricchito tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento nella zona fra Canada e Alaska percorsa dal fiume Yukon deriva dal creatore di Zio Paperone, Carl Barks, che vi accenna per la prima volta in un aneddoto raccontato in Zio Paperone e la disfida dei dollari, riprendendo poi tale concetto in altre occasioni (ricordiamo tra le storie più rappresentative sull’argomento Zio Paperone e la Stella del Polo e Zio Paperone a nord dello Yukon).
Da allora in poi diversi autori hanno riutilizzato questo elemento nelle proprie opere, che è così diventato un punto fisso nella mitologia di Scrooge McDuck; il fumettista del Kentucky Don Rosa, in particolare, ha subito una certa fascinazione per questo momento della vita di Paperone, tanto da renderlo uno snodo fondamentale per la maturazione del personaggio all’interno della sua lunga $aga di Paperon de’ Paperoni ed esplorandolo in diverse altre storie ambientate nel passato del miliardario, tra cui Cuori dello Yukon.
Si tratta, quest’ultima, di una storia nella quale a farla da padrona è la difficile storia sentimentale tra Paperone e la sua fiamma dell’epoca, Doretta Doremì, ma Don Rosa non manca come sua abitudine di inserire personaggi storici per aumentare la credibilità della vicenda. In questo caso compaiono il colonnello delle giubbe rosse Samuel Benfield Steele e, guarda caso, Jack London.
Lo spazio dell’autore di Zanna Bianca nella trama non è predominante, invero, ma assume comunque una parte interessante sullo sfondo: come giornalista segue il colonnello Steele aiutandolo nei discorsi e nelle pubbliche relazioni e ponendosi come cronista delle sue imprese, dimostrando entusiasmo e voglia di fare e rivelando la sua attenzione verso la mitologia popolare di quegli anni, dove non di rado romanzi a puntate e quotidiani riportavano, arricchite di particolari fantasiosi, vicende di uomini d’azione realmente esistenti: non appare quindi strano che tale sorte sia toccata anche allo stesso Paperone, nella dimensione narrativa di Don Rosa, e che il giornalista ne abbia quindi già sentito parlare.
Non solo: London appare entusiasta dall’assistere a un probabile scontro tra titani come quello tra Steele e Scrooge, forse perché affascinato dal verificare la veridicità della “legge del più forte” mutuata dalle teorie darwiniste e in cui tanto credeva.
Come nota di colore, è interessante notare che viene assegnata a Jack London la creazione del motto “catturiamo sempre il nostro uomo” e che l’autore ammette di stare scrivendo un romanzo dal titolo Il richiamo del papero…
Graficamente Don Rosa lo ritrae in maniera essenziale, con il classico aspetto da canide tipico dei comprimari delle storie Disney. Il naso a tartufo, la zazzera mora, il sorriso e un viso perfettamente rotondo trasmettono comunque istantaneamente simpatia verso il personaggio, così come l’abbigliamento semplice.
Il Jack London di Carlo Recagno
Sul decimo numero di Storie da Altrove – spin-off di Martin Mystère incentrato su avventure ambientate nel passato che coinvolgono l’omonima base governativa segreta – Carlo Recagno e Sergio Giardo mettono al centro della vicenda Harry Houdini, che aiuta il direttore di Altrove nella risoluzione di un mistero legato a un automa apparentemente dotato di anima propria.
Le indagini del celebre escapista lo portano a consultare il diario del suo amico Jack London, morto da un paio d’anni, il quale riporta che durante la corsa all’oro si trovò alle prese con uno strano essere mutaforma, decidendo di aiutarlo nel gestire l’arcano potere che lo possedeva e sopraffaceva, grazie all’aiuto di uno sciamano di sua conoscenza.
Recagno pone l’accento sul lato avventuroso e coraggioso di London, pronto ad affrontare una creatura mostruosa senza scomporsi più di tanto e determinato ad aiutare la vittima della strana “maledizione”. Un uomo che nel Grande Nord ha visto di tutto e che quindi riesce ad affrontare anche ciò che pare impossibile, con gli strumenti a sua disposizione per comprendere e risolvere. Un animo combattivo e perspicace.
Giardo lo ritrae in modo semplice: volto giovanile e volitivo, berretto da garzone, sguardo furbo e vissuto. I pochi tratti con cui connota il viso sono sufficienti per restituire immediatamente l’aspetto dello scrittore a chi lo abbia già visto in fotografia.
Alcune curiosità contenute nella storia sono il riferimento al racconto di London Il richiamo della notte del 1910, che parla di una vicenda simile a quella qui esposta, e la citazione diretta al Paperone di Don Rosa di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente: in questa avventura infatti il romanziere è accompagnato dal colonnello Samuel Benfield Steele (proprio come in Cuori dello Yukon) e nel loro dialogo si allude direttamente a Doretta Doremì (chiamata con il suo nome originale, Goldie O’Gilt), al saloon Blackjack nel quale si esibiva e a un certo “cercatore d’oro scozzese” a cui la ragazza sarebbe interessata, che altri non è se non il giovane Scrooge McDuck.
Il Jack London di Hugo Pratt
Quando Hugo Pratt volle raccontare uno scorcio di passato del misterioso e romantico marinaio Corto Maltese, dopo aver scritto e disegnato numerose avventure lunghe e brevi su di lui, decise di ambientare La giovinezza nel periodo della guerra russo-giapponese svoltasi in Corea nei primi anni del Novecento.
Come abbiamo visto nell’introduzione, in quel tempo e in quel luogo Jack London era ben presente in veste di giornalista e Pratt – al contrario di Don Rosa in Cuori dello Yukon – lo rende addirittura co-protagonista a tutti gli effetti del suo fumetto. Per buona parte della storia, infatti, Corto Maltese non compare proprio, mentre seguiamo invece le vicende del suo futuro amico-nemico Rasputin.
E, tra l’altro, è proprio London a favorire l’incontro tra i due personaggi.
Lo scrittore viene qui descritto come uno spirito affine a Corto, dal punto di vista caratteriale, e forse non si sente la mancanza del titolare della storia non solo per la capacità affabulatoria di Pratt ma anche per le convergenze tra i due. Il London che vediamo in La giovinezza è ironico e sarcastico, ma anche riflessivo e malinconico.
Di contro, dimostra anche il coraggio necessario per essere un inviato in zone di guerra (ma anche per imbarcarsi in un’esperienza come quella della corsa all’oro in un territorio inospitale come il Klondike, del resto) e pur non apparendo strettamente come un uomo d’azione riesce a fare la cosa giusta al momento giusto per cavarsela in situazioni complicate.
Esteticamente Hugo Pratt disegna London con maggior dovizia di particolari rispetto a Don Rosa e a Sergio Giardo: biondo invece che moro, appare dotato di lentiggini sulle guance e di orecchie a sventola. Anche in questo caso, l’aspetto contribuisce a rendere il personaggio immediatamente simpatico al lettore.
Il Jack London di Bonvi
Anche Bonvi racconta in un suo fumetto della guerra russo-giapponese di inizio Novecento: ritroviamo quindi la versione disegnata di Jack London in L’uomo di Tsushima, volume facente parte della collana Un uomo, un’avventura, che si concentra sulla cronaca di quell’avvenimento storico mettendo in primo piano l’osservazione delle ragioni di politica interna russa che furono dietro alla disfatta dell’esercito zarista contro la flotta del Giappone. Si tratta di un resoconto freddo e senza sconti che, a dispetto del tratto morbido e cartoonesco di Bonvi, trasmette tutta la crudeltà di una vicenda in cui gli uomini sono trattati come vera e propria carne da cannone in una missione suicida.
In tutto questo a London spetta il ruolo di osservatore: non ha una vera parte attiva nello svolgimento della trama, ma il lettore può vedere attraverso i suoi occhi e la sua mente lucida la cruda realtà di quel conflitto. Bonvi ci consegna un personaggio scaltro e pienamente consapevole delle dinamiche internazionali, a dispetto della miopia del direttore del giornale per cui lavora, capace di prevedere le mosse militari dei due Paesi in guerra e di agire di conseguenza nel suo lavoro di reporter.
Al contempo questo Jack London appare vagamente cinico e dedito all’alcool e al gioco d’azzardo, un uomo che vive alla giornata senza preoccuparsi troppo. Una visione che, ancora una volta, lo rende accattivante verso il lettore, anche grazie all’aspetto: sguardo sprezzante, barba poco curata, vestiti logori, capelli biondi scompigliati. Una “simpatica canaglia” ma irrimediabilmente nel giusto e dotato di una buona dose di intelligenza. Il mix perfetto per un solido personaggio d’avventura.
Per completezza, è bene ricordare che Bonvi (in collaborazione con Guido De Maria) ha inserito Jack London anche in La pista dei molti soli, episodio di Nick Carter in cui l’omonimo detective e i suoi assistenti inseguono un ladro di concessioni minerarie nel Klondike della corsa all’oro. Durante la “caccia” Carter si imbatte in un certo Jack con velleità di scrittore, che nell’ultima vignetta rivela anche il proprio cognome, se ancora ci fossero stati dubbi sulla sua identità. La presenza dell’autore è però ridotta qui al rango di cammeo, anche in considerazione della brevità della storia.
Jack London ha quindi avuto diverse occasioni per vivere una seconda vita, anche tra le pagine fittizie di alcune avventure a fumetti: in questo pezzo abbiamo tracciato solo una breve panoramica al riguardo senza nessuna pretesa di completezza, concentrandoci su quattro degli esempi più noti con lo scopo di dimostrare quanto il carisma di quest’uomo abbia influenzato diversi fumettisti e come le sue caratteristiche siano state trasferite nelle vignette.