Io, Paperinik: Paperopoli’s Knights

Io, Paperinik: Paperopoli’s Knights

Panini pubblica un altro pregiato volumetto monografico incentrato su un famoso personaggio di Topolino. Questa volta è il turno di Paperinik.

Io Paperinik è l’ultima aggiunta alla collana di pregiati volumi monografici incentrati di volta in volta su un diverso personaggio dell’universo Disney, raccogliendone le più belle storie scritte e disegnate dai grandi autori di ogni epoca. Altre uscite per questa serie sono Io Paperino, Io Topolino e Noi Qui Quo Qua, oltre a un’opera su Pippo e una su Zio Paperone.

Sono ristampate sette diverse storie dal 1969, data di nascita del personaggio, fino a oggi. Attenzione: si sta parlando di Paperinik, e non di PK! Quindi non aspettatevi Evroniani o il fedele Uno. Qui il protagonista non affronta paperi alieni ma la Banda Bassotti o avidi paperi multimiliardari – solo occasionalmente un villain d’eccezione. Forse, però, sarebbe meglio parlare dei protagonisti: non tutte le storie vedono al centro il diabolico vendicatore, tanto che si potrebbe quasi parlare di un volume non sul solo Paperinik ma piuttosto sulla Paperinik-Family, composta da Paperinika, da Tuba Mascherata e dal fido inventore, Archimede. Pesa l’assenza di Paperbat ed è un peccato aver perso l’occasione di mostrare un crossover con Superpippo, che pure ha avuto più occasioni d’incontrarsi col giustiziere di Paperopoli.

Peperinik il diabolico vendicatore

La prima storia in due parti tratta necessariamente delle origini del mito, creato da Elisa Penna e Guido Martina. Si parte da Villa Rosa e dal diario del ladro gentiluomo Fantomius che ispirerà Paperino ad assumere la nuova identità. Come ogni origin story che si rispetti gli elementi che poi diventeranno identificativi del personaggio già ci sono tutti (o quasi): il mantello, gli stivaletti gialli a molla, la cinturona e i vari gadgets. Allo stesso tempo, però, altra caratteristica delle storie dedicate alle origini è quella di proporre dei personaggi ancora grezzi, con aspetti che verranno poi limati e che, letti a posteriori, stonano con l’idea del personaggio che si afferma successivamente. Come il primissimo Batman portava con sé una pistola e non aveva remore a usarla, qui il papero vendicatore agisce in modo più controverso.

Paperinik nasce invero come diabolico vendicatore, aspetto che viene rappresentato anche nella resa grafica di Paperino, che ha qui qualcosa di antipatico, con un viso spesso corrucciato in un’espressione diabolica, persino a tratti meschina, e il suo alterego rientra più nei canoni dell’antieroe piuttosto che del supereroe. Se il Paperinik che conosciamo agisce perlopiù altruisticamente, ai suoi esordi egli incarna piuttosto lo spirito di vendetta di Paperino, pronto a prendersi la sua rivalsa non su qualche “malvagio” che mette in pericolo Gotham – ehm, Paperopoli – ma su chi durante il giorno vessa l’irascibile e sfortunato papero. Prime vittime dell’erede di Fantomius sono infatti lo zio Paperone, derubato del suo stesso materasso imbottito di dollari, e l’odiato cugino Gastone, che Paperino tenterà di incastrare e incolpare del furto.

Graficamente stona, per chi già conosce Paperinik, l’assenza della mascherina, fondamentale aggiunta successiva. Non mancano però le maschere per assumere l’identità di chiunque, uno dei trucchi a cui ricorre il personaggio che diventeranno successivamente iconici. Le immagini di Giovan Battista Carpi sono, come ogni avventura supereroica che si rispetti, frenetiche, in costante movimento, con pochissimi rallentamenti. I personaggi corrono, gesticolano, saltano quasi letteralmente da una vignetta all’altra, dando quasi un’impressione di urgenza che, infatti, culmina con un finale esplosivo.

Paperinika e il filo di Arianna

Scritta nel 1973 da Guido Martina l’origin story di Paperinika è certamente in parte influenzata – se non persino ispirata – alla seconda ondata femminista che, partita dagli Stati Uniti negli anni ’60, si propaga in Italia fino al decennio successivo. La storia, che vuole essere un inno alla forza femminile, appare oggi leggermente datata, per via di un approccio alla questione femminista antiquato che la pone come una lotta tra i sessi, uomini contro donne, paperi contro papere. Va quindi letta considerando il periodo e solo la giusta ironia che permetterà di sorridere di battute – volutamente estreme – che dipingono Paperino e Zio Paperone come due maschilisti impenitenti: le donne? “troppo linguacciute! Cervelli di gallina, esseri inferiori!” afferma convinto Paperone, mentre Paperino sghignazza pensando a donne guerriere e spiegando con sufficienza a Paperina che solo gli uomini sanno mantenere i segreti (un raro esempio di duck-splaining).
Nel confronto tra i sessi Paperina, nei panni di Paperinika, risulterà chiaramente vincente e si troverà a salvare (non senza poi punire) un Paperino farfallone adescato e rapito dall’affascinante Sirena Seducy. Anche la nuova vendicatrice di Paperopoli non sfugge però a numerosi stereotipi di genere. In ogni caso la missione del personaggio è stabilita: diventare “la paladina di tutte le donne!”

È Giorgio Cavazzano a delineare per la prima volta i tratti di Paperinika. Il talento comico di Cavazzano si concentra qui su Paperino, che viene in questa storia particolarmente vessato e che, senza il mantello, ritorna il papero pasticcione di sempre. Come per la nascita di Paperinik le espressioni di Paperino assumevano dei tratti maligni, qui anche lo sguardo di Paperina è spesso corrucciato, segnato però non dall’idea di piani diabolici ma piuttosto da una furia inarrestabile. Il costume che Cavazzano le fa indossare è solo vagamente ispirato alla sua controparte maschile: stivaletti non muniti di molle ma di rulli a scivolo, occhiali alla moda sostituiscono la mascherina e il mantello è più corto e chic. L’importante in un costume è “che sia elegante!”

Paperinik e il mistero di “Tuba Mascherata”

Chi è il nuovo supereroe di Paperopoli, paladino dei ricchi (anzi di un ricco)? Chi si nasconde dietro la tuba? La risposta… non vi sorprenderà. È chiaramente il multimiliardario Paperon de Paperoni che ha scelto, ispirandosi agli altri due vendicatori della città, di indossare il mantello, senza rinunciare – come d’altronde non rinuncia Paperino – al suo iconico cappello (un modo forse per risparmiare sulla maschera). Ma se mettersi gli occhiali funziona a proteggere l’identità di Clark Kent, perché mai una mascherina o una tuba calata sul volto non dovrebbero funzionare?
La storia, scritta da Massimo Marconi, vede lo zione alla disperata ricerca di un “mascherato qualsiasi” che con la sua sola presenza possa difendere, gratis, il suo super trasporto d’oro. Purtroppo per lui sia Paperino che Paperina si rifiutano di intercedere con i super “amici”, così Paperone è costretto a giocare d’ingegno e a crearsi lui stesso una nuova identità. Perché un papero che si guadagnò, nell’epica saga di Don Rosa, appellativi quali il cowboy delle Terre Maledette, il veleno di Pizen Bluff o il terrore del Transvaal debba ricorrere a una nuova identità mascherata per incutere timore non è chiaro ma poco importa. L’occasione per vedere un superpaperone vale qualche stonatura.

Non si può dire però che l’idea sia tra le sue migliori: se Paperino diventa abile e coraggioso nei panni di Paperinik, per Tuba Mascherata accade esattamente l’opposto. Il maldestro giustiziere fa una magra figura nel tentare di arrestare il fedele Battista, costretto a improvvisarsi ladro per lo spettacolo organizzato a beneficio della stampa. Stampa che, nonostante il ridicolo esordio di Tuba, tesserà le sue lodi (casualmente Paperone è anche il proprietario di diversi quotidiani). Il trasporto dell’oro non andrà liscio come lo Zione auspica e Paperinik e Paperinika saranno costretti a intervenire dopotutto.

I disegni di Massimo De Vita hanno uno stile brillante, con soluzioni grafiche molto cartoonesche e divertenti che ben si adattano al tono della storia. Anche le vignette contribuiscono a un’impressione visiva vivace e variegata: queste si stringono, si allargano, si piegano o sembrano sul punto di spezzarsi a seconda dei casi. La stessa varietà si riscontra nelle inquadrature, che spaziano da strette su un particolare a immagini a grandangolo. Tutti elementi che contribuiscono, nel complesso, a una lettura piacevole e mai noiosa.

Paperinik e il potere televisivo di Spectrus

Un villain finalmente! Se Il mistero di Tuba Mascherata era l’Avengers Assemble della Paperinik-Family, Spectrus potrebbe essere una sorta di Loki, anche se quel ghigno richiama alla mente un certo clown malvagio fissato con i pipistrelli. Spectrus è, seppur si tratti sempre di un villain Disney, angosciante, niente a che vedere con i pasticcioni Bassotti. Creato nel 1990 da Bruno Sarda e disegnato da De Vita, Spectrus fa in questa storia del 1993 la sua terza comparsa, narrato da Mario Volta e disegnato da Valerio Held. Graficamente la malvagità di Spectrus non potrebbe essere più enfatizzata, una presenza tale da intimorire persino Macchia Nera: il costume è di un diavolo, con la coda, corna, serpente sul simbolo, in più pizzetto, ghigno e chiaramente gli occhi malvagi, attraverso i quali può imporre su chiunque la sua volontà. È da questi che Paperinik dovrà difendersi, ma come?
I disegni e i colori danno un tono inquietante alla storia, che parte di notte al penitenziario di Paperopoli. Questo viene disegnato da Held come un piccolo fortino che sembra stato costruito per ospitare criminali ben più pericolosi a quelli a cui è abituato il lettore di Topolino. Al suo interno Held gioca molto con ombre e luci, un elemento che ritroviamo anche verso il finale, durante il confronto finale tra i due nemici. Qui le ombre dominano la scena e i personaggi ritratti spalle alla luna e con il viso oscurato danno sensazioni che ritroviamo più spesso a Gotham City che a Paperopoli. Nel complesso disegni e colori alla storia un tono molto cupo e quasi angosciante, insolito per un racconto del settimanale, ma di grande impatto.

Paperinik e la fortuna sotterranea

I toni cambiano completamente con la quinta storia del volume, a firma di Francesco Artibani e disegnata da Giorgio Cavazzano. Fino a qui il volume sembrava seguire l’idea di offrire racconti di Paperinik ma legati ad altre controparti “super” del mondo Disney. Purtroppo, di Paperbat non si vede la goffa ombra e Superpippo è il grande assente del volumetto. Non per questo, però, la storia di Artibani va mal giudicata, al contrario. Forse è proprio qui che molti lettori ritroveranno il Paperinik che conoscono, quello vendicatore verso riccastri con cilindro o bombetta e altruista verso i più deboli, un po’ pasticcione ma in grado di trionfare. Storia chiave anche perché segna il ritorno del papero mascherato sulle pagine di Topolino dopo un’assenza durata quattro anni e, in più, lo proietta letteralmente nel nuovo millennio, venendo pubblicata per la prima volta nel luglio 2000.
Sullo sfondo della storia una querelle tra i due rivali Rockerduck e Paperone. Sembra che l’eterno sfidante abbia dichiarato di essere finalmente diventato lui il più ricco del mondo. Impossibile? In ogni caso va verificato e quindi i due patrimoni vanno ricontati. Per vincere la sfida RK non ha però bisogno di avere più soldi di De Paperoni, basta che questi ne abbia di meno. E forse i Bassotti possono dare una mano a riguardo.
In ogni caso, a Paperino poco importa di questi battibecchi da miliardari, il suo scopo nella storia è quello di trovare dei fondi per sovvenzionare la squadra di basket dei ragazzi di quartiere, dove anche i nipotini giocano. Il campo – che finisce al centro della sfida miliardaria – andrebbe ristrutturato completamente. Come fare? Forse Paperinik saprà, in questo groviglio di personaggi, riuscire a giocarli tutti a proprio vantaggio per aiutare cinque bambini e un vecchio allenatore di basket.
Il racconto, che si dispiega nel corso di tre giorni e due notti, è pregno di azione e gags. Ritornano le maschere, utilizzate da Paperinik sin dalle sue origini, e lo fanno in grande stile, regalando non poche risate. I disegni di Cavazzano seguono fedelmente l’andamento concitato della storia, con rapidi cambi d’inquadrature e d’ambienti. I tre bassotti appaiono probabilmente i più buffi graficamente, anche se il volto sconvolto di Paperone, alla notizia della possibile vittoria di Rockerduck è forse una delle vignette più spassose della storia.

Mi chiamo Paperinik

E dal 1969 si arriva al 2021 con la penultima storia del volume. Scritta da Marco Gervasio è un’avventura di Paperinik che vuole portare il diabolico vendicatore nel mondo di oggi, affrontare tematiche contemporanee: i social, gli influencer, le fake news, lo streaming.
Gervasio vuole porre questa avventura come ultima di una grande narrazione del vendicatore di Paperopoli: infatti vengono citate, in funzione della storia, numerosi episodi passati, più o meno recenti, pubblicati su Topolino, tra cui la cattura di Spectrus. Va dato atto all’autore del buon lavoro di ricerca: vengono riprese storie che vanno indietro fino agli anni ’70, come ad esempio Paperinik torna a colpire, pubblicata nei numeri 788 e 789 del settimanale. Questo elemento è probabilmente quello di maggior spessore dell’opera e la rende una aggiunta al volume magari furba, ma indovinata. È forse nel rapportarsi con le tematiche più “giovani” che l’autore scivola un po’, raccontandole a tratti in maniera forse troppo stereotipata. I disegni di Davide Cesarello rimarcano, soprattutto in contrasto con le storie precedenti, il passaggio di epoche. Le vignette richiamano allo schermo televisivo mentre il personaggio dell’influencer appare il più antipatico, con il becco perennemente aperto a cianciare malignità o banalità e gli occhi da pazzo. I colori sono accesi quasi dovessero rivaleggiare con lo schermo dell’i-phone, che infatti è, se non protagonista, un comprimario importante che muove la trama. Il vero protagonista – potremmo quasi dire il villain – è piuttosto il fenomeno social. Nello specifico è contro una fake news che Paperinik si trova a combattere. E come tutte le seducenti fake news al tempo dei social questa si diffonde rapidamente e viene cavalcata in malafede od ottusamente, ma in ogni caso creduta a prescindere.

L’onda social che travolge Paperinik arriva a seguito dell’uscita dello pseudo docu-film Mi chiamo Paperinik, prodotto dal miliardario senza scrupoli Duckan e con l’aiuto dell’influencer da un milione di followers Quack Dellas. Duckan commissiona a Quack di intervistare vecchie conoscenze di Paperinik e di pilotare le conversazioni in modo da farlo apparire non come un eroe, ma come un criminale. Ecco allora che vecchie avventure vengono raccontate, ma da un altro punto di vista. Il docu-film è un successo virale e in meno di 24ore tutti hanno cambiato l’opinione che avevano sull’ex-eroe di Paperopoli.
La critica sociale, che vuole esserci, perde però una grande occasione: Paperinik si concentra solo a sconfiggere Duckan, che è uno dei cattivi della storia. Alla fine, lo scontro con lui è risolto in fondo senza troppi problemi. Eppure, il vero nemico, la facilità con cui una fake news viene creduta vera, sparisce nell’ombra, anche per colpa dello stesso Paperinik che riesce sì a riabilitare il suo nome, ma lo fa adottando metodi simili a quelli di Duckan, creando cioè uno spettacolo “semi-vero” da trasmettere in diretta in modo da far confessare il miliardario. Così i Paperopolesi che fino a ieri credevano a un Paperinik criminale, improvvisamente tornano a idolatrarlo come un eroe… almeno fino al prossimo post virale. Il demone social, la credulità ottusa dei cittadini non viene intaccata, ma solo provvisoriamente ridirezionata.

Paperinik in: missione vacanze

Un finale purtroppo sottotono per un volume altrimenti ben congegnato. Missione vacanze non è una brutta storia, ma è male inserita nel volume. La sensazione è un po’ quella che si ha, dopo aver aspettato la post-credit scene di un film Marvel, di essere ricompensati con una scena comica che non rivela nulla sul futuro del MCU. Divertente, ma vagamente deludente per via delle aspettative.
Scritta da Barbara Pellizzari, la storia vede un diabolico vendicatore concedersi una vacanza al mare, nei panni di Paperino, assieme ai nipotini. Purtroppo, lo sfortunato papero non avrà occasione di riposarsi perché ha scordato i suoi gadgets da combattente del crimine nella macchina, proprio accanto ai giochi da spiaggia. Non avrà altra scelta se non cercare di recuperarli rapidamente, prima che facciano troppi danni e mettano a rischio la sua doppia identità!
I disegni di Roberto Lauciello hanno dei tratti chiari e si concentrano molto sulle espressioni di Paperino. I colori, luminosi e variopinti, contrastano con i toni più cupi di alcune delle avventure precedenti. Nel complesso si tratta di una storia di Paperinik atipica, dove il diabolico vendicatore non indossa la sua maschera ma un’allegra camicia hawaiana. Una conclusione fuori posto che fa da riempitivo per le ultime pagine di un volume altrimenti molto ben congegnato.

Abbiamo parlato di:
Io Paperinik. Le più belle storie a fumetti!
Elisa Penna, Guido Martina, Giovan Battista Carpi, Giorgio Cavazzano, AA. VV.
Panini Comics, 2022
304 pagine, cartonato, a colori – 25,00 €
ISBN: 9788828708797

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