Tuono Pettinato, fumettista pisano classe 1976, è noto all’anagrafe come Andrea Paggiaro. Agli inizi della sua carriera, collabora con la casa editrice Campanila per la realizzazione di libri per l’infanzia. In seguito, oltre a pubblicare strisce su riviste come XL di Repubblica e Animals, realizza storie per antologici come Canicola e Mono e per volumi come Wonderland – Quando Alice se ne andò. Alcune delle sue storie brevi di inizio carriera sono state raccolte in volume da Coniglio Editore nel 2009 in Apocalypso! Gli anni dozzinali. Da citare anche la sua appartenenza al collettivo fumettistico dei Superamici, insieme ad artisti quali Ratigher, Maicol & Mirco, Dr. Pira e LRNZ con cui partecipa a mostre ed incontri e fonda la rivista Hobby Comics, recentemente giunta al volume conclusivo. Tuono Pettinato intraprende poi un percorso di opere biografiche che lo porterà, come autore completo o in collaborazione con altri scrittori, a narrare la vita di Galileo (in Galileo! Un dialogo impossibile su testi di Nadia Ioli Pierazzini, Francesca Riccioni e Vittoria Balandi), di Garibaldi (nell’apprezzato volume per Rizzoli Lizard di cui è autore completo) e di Alan Turing (in Enigma. La strana vita di Alan Turing, per i testi di Francesca Riccioni), percorso che continuerà quest’anno con la pubblicazione di Nevermind incentrata su Kurt Cobain. Pubblica poi Il magnifico lavativo in cui parla della propria giovinezza e Corpicino (GRRRzetic, 2013), in cui narra della tragica fine del piccolo Marcellino Diotisalvi. Con quest’ultima opera, l’autore si allontana un po’ dal suo stile dissacrante e sarcastico per affrontare con acume il mondo dei media e il rapporto morboso dell’uomo contemporaneo con gli eventi della cronaca nera.
Come nasce l’esigenza di narrare questa storia?
Da tempo ero incuriosito dal fenomeno del turismo dell’orrore, da quelle orde di persone comuni che si recano sui luoghi del delitto, spinte dalla noia o dalla speranza di finire in televisione. Così mi sono messo a cercare saggi e testi critici sull’argomento, non trovando sostanzialmente nulla: un sacco di libri incentrati sulla figura del killer, pochissimo invece sugli spettatori degli eventi delittuosi. A sorpresa, ho trovato nei testi di René Girard, l’antropologo francese che ha incentrato sul tema del capro espiatorio tutto il suo lavoro, una chiave di lettura utile a comprendere il fenomeno del circo mediatico e dei turisti dell’orrore.
Alcune delle mie storie a fumetti nascono da questo bisogno: affrontare un fenomeno che di solito vivo passivamente tramite bombardamento mediatico (e che spesso mi è causa di un mix di ossessione e repulsione), e provare a smontarlo per capirne il significato, e scoprire come mai abbia tanta presa su di me. È un tipo di fumetto che per me ha un ruolo di difesa mentale dal ciarpame culturale che ci piove addosso quotidianamente, e trovo che sia la forma di fumetto più stimolante da fare, quella che più di altre dà senso al mio fare i disegnetti. Al momento i talent show di cucina stanno catturando la mia attenzione.
Una scelta precisa è stata quella di narrare in poche pagine iniziali il fatto di cronaca e per il resto del volume le reazioni dell’ambiente circostante all’evento: a cosa è dovuto ciò?
Da un lato volevo che l’enfasi di una storia criminale fosse per una volta spostata sulle reazioni degli spettatori innocenti, per mostrare che in questo rito collettivo non sono poi così innocenti. Il ruolo dell’ambiente sicuramente si prestava più a forzature grottesche e umoristiche, mentre volevo che il delitto in sé fosse raccontato con più pudore. Una volta ucciso, il piccolo Marcellino esce subito di scena, quello che resta di lui è la versione idealizzata e finta che viene sbandierata dai cronisti e dai commentatori.
Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nel rappresentare il convulso mondo dei mass media su carta?
La difficoltà maggiore era scegliere quali modelli di riferimento adottare per interpretare il mondo giornalistico. Corpicino deve moltissimo a “Sbatti il mostro in prima pagina” di Bellocchio (Martinelli è modellato sul personaggio di Roveda), e l’ordine piramidale che sorregge la redazione de “Lo Sparviero del Settentrione” è un po’ un mix tra le spietate gerarchie fantozziane e i poteri occulti e ancestrali alla Lovecraft. Il megadirettore / grande antico, Ubaldo Maria Barracuda, aggrappato con gli artigli al suo trono del potere, mi ricorda quei misteriosi e inquietanti personaggi lynchiani che non sembrano neanche appartenere al genere umano. Per quanto riguarda i vari improbabili programmi tv che compaiono qua e là nel fumetto, non è difficile trovare dei riferimenti a figure e situazioni note al normale consumatore medio di trasmissioni televisive.
Credi di aver accentuato in alcuni punti della storia gli atteggiamenti della stampa o ritieni che in molti casi si comportino proprio come tu li hai descritti?
Probabilmente ho ingigantito alcuni aspetti e ne ho sottostimati altri. Il mio proposito inizialmente era quello di mettere nella storia tutto il peggio che la realtà avesse da offrire su questo fenomeno, ma in breve tempo mi sono accorto che ciò era impossibile, e che la realtà ne sa sempre una più del diavolo. Così ho deciso di calcare sull’assurdo e il grottesco, rimanendo però profondamente legato alla realtà di questo fenomeno. I titoli che scorrono a piè di pagina su un nastro fucsia da flash d’agenzia, per surreali che siano, potrebbero credo inserirsi facilmente in una vera carrellata di notizie in stile Sky24 o Verissimo.
C’è a tuo parere qualcosa di “salvabile” nel mondo odierno dell’informazione? Ci sono oasi in cui rifugiarsi per evitare di essere inghiottiti nel vortice della morbosità giornalistica?
Dei delitti qualcuno deve pur parlare. Se pensiamo a come ci vengono raccontati dall’informazione, si spazia da chi affronta il tema con serietà, sensibilità e responsabilità, e chi ne fa spettacolo d’intrattenimento. Segnare il confine tra ricerca della verità e sfruttamento emotivo non è sempre facile. Credo che tentare di affrontare un fatto da un punto di vista radicalmente diverso dal solito sia un buon punto di partenza per fare un buon lavoro di analisi di ciò che ci circonda. In quanto alle oasi, se di fortezze di purezza si tratta, ci andrei molto cauto: chiedetelo a Renato Giraldi e a Robert Flaherty com’è essere dei modelli assoluti di virtù.
Come mai hai avvertito l’esigenza di inserire nella storia il reporter Gianni Martinelli, forse l’unico interessato a scoprire la verità, definito nell’introduzione al volume «una barchetta di legno in un tifone tropicale» ?
Mi serviva un personaggio idealista e piuttosto ingenuo che ci guidasse all’interno della storia, mosso dalle migliori intenzioni e costantemente alle prese con le situazioni più mostruose e orrende. Martinelli è il punto di vista dal quale il lettore osserva la storia: l’unico individuo sano in un mondo di pazzi e allo stesso tempo, forse, anche l’ultimo a capire l’orrore nel quale si sta cacciando.
Ti sei ispirato a qualcuno nel redigere le lezioni di Antropologia del prof. Renato Giraldi? Si tratta di nozioni sociologiche accreditate?
Renato Giraldi è la versione italianizzata di René Girard, del quale espone le teorie principali in tre distinti momenti della storia. René Girard interpreta il desiderio mimetico e il capro espiatorio come motori della civiltà sin dall’alba dei tempi: all’interno della comunità, tutti gli individui sono in continua tensione tra loro, perché tutti cresciamo imitando gli altri e, di conseguenza, ambiamo agli stessi obiettivi e desideriamo le stesse cose. Ma di questi oggetti del desiderio non ce n’è abbastanza per tutti, per cui gli individui entrano in competizione tra loro, generando una tensione che è necessario disinnescare prima che la collettività perda la sua coesione. Trovare un capro espiatorio attorno al quale coalizzarsi e a cui addossare le colpe di tutti, trovarlo e ucciderlo, è la maniera migliore per rinsaldare i legami sociali, almeno fino alla prossima crisi.
Parliamo dei Superamici: cosa ha rappresentato per te la fine di Hobby Comics? E cosa dobbiamo aspettarci dai Fratelli nel cielo? In cosa differiranno dai Superamici?
Hobby Comics è stato tante cose: una batcaverna dell’amicizia dove far confluire le idee di tutti e poterci esprimere liberamente senza vincoli di alcun tipo; un banco di prova per imparare a fare storie man mano più lunghe e complesse; una vetrina di cinque stili radicalmente diversi l’uno dall’altro, ma tutti alimentati da un sentire comune sul fare fumetti; un contenitore dalla forma adattabile a occasioni speciali, come nel caso del libro-game su BilBolBul o del tributo coloratissimo ai Ronfi di Adriano Carnevali (superamico ad honorem). Con gli anni, ciascuno di noi ha continuato a cimentarsi su progetti sempre più complessi e di ampio respiro, rendendo più difficile la collaborazione di tutti all’unisono su un solo progetto come in passato. Parallelamente, durante la nostra crescita, abbiamo conosciuto spiriti affini coi quali ci piaceva spartire idee e creare progetti assieme. E in più, ovviamente, c’era il bisogno sempre più pressante di portare il fumetto su altri pianeti della nostra galassia. Fratelli del Cielo nasce per portare avanti queste nostre semplici esigenze.
A cosa stai lavorando in questo momento?
Uscirà a breve il mio nuovo fumetto per Rizzoli Lizard, incentrato sull’infanzia di Kurt Cobain. Prometto un sacco di malinconia, struggimento, scene di boschi, chitarre spezzate, maglie di flanella e camicie a quadri.
Intervista rilasciata via mail nel mese di Marzo 2014
Tuono Pettinato su Lo Spazio Bianco:
- RECENSIONE: Corpicino: una fiaba oscura
- RECENSIONE: Enigma: la vita a fumetti di Alan Turing
- APPROFONDIMENTO Enigma, ovvero guardar crescere le margherite
- INTERVISTA: Estathé, fumetti, bombe, robot , televisione e altre cose che ci piacciono tanto
- INTERVISTA: Tuono Pettinato al servizio di Garibaldi
- APPROFONDIMENTI: Perché Tuono Pettinato
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- RECENSIONE: Apocalypso!: gli anni dozzinali
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