Prendendo spunto da un’opera incompiuta di Franz Kafka, Martoz racconta la storia del più formidabile cacciatore della Foresta Nera, Gracco, che si vede negato l’aldilà ma incontra un’inaspettata occasione di riscatto. Il risultato è un fumetto carico di riferimenti allegorici e mitologici, e dal forte impatto grafico grazie al tratto inconfondibile del suo autore.
Alessandro Martorelli (in arte Martoz) è nato ad Assisi nel 1990. Fumettista, illustratore e street artist, attivissimo nell’ambito dell’autoproduzione, ha realizzato murales per film e festival, collaborando con diverse riviste ed esposto le sue opere in tutto il mondo. Nel 2015 ha pubblicato con MalEdizioni il suo primo libro a fumetti, Remi Tot in Stunt, e l’anno successivo è uscito il suo Amore di lontano per Canicola, editore con cui ha pubblicato anche La mela mascherata rivolto a un pubblico infantile.
Nel 2015 si è aggiudicato il Premio Boscarato come autore rivelazione al Treviso Comic Book Festival, e sempre a Treviso nel 2016 La mela mascherata è stato premiato come miglior libro per bambini. Nel 2017 gli sono stati conferiti il Premio Nuove Strade al Napoli Comicon e il Premio Andrea Pazienza come miglior autore unico al Festival Le strade del Paesaggio di Cosenza.
Intervista a Martoz
Remi Tot in Stunt era un action in salsa fisico-matematica. Amore di lontano un libero omaggio a I fiori blu di Raymond Queneau. Cacciatore Gracco una storia dall’impianto teatrale divisa in tre atti e ispirata al racconto incompiuto di Kafka, ma che richiama un po’ tutta la letteratura del secolo scorso. Atti d’amore nei confronti dell’immaginazione, è così?
Direi di sì, le mie ultime opere sono un atto d’amore nei confronti dell’immaginazione. Da quando ho lavorato al finale alternativo di Remi Tot in Stunt ho deciso di dare più importanza al ruolo della creatività.
In passato mi sono sentito costretto dal meccanismo della storia, una sorta di reverenza cerebrale verso un qualche super io. Credo che l’immaginazione non debba chiedere il permesso di esistere e non debba avere vincoli troppo soffocanti. Tuttavia, le trovate a cui ho dato libero accesso non si sono rivelate gratuite, bensì facenti parte di una rete sotterranea di connessioni. Penso che l’immaginazione disveli mondi in qualche maniera reali, non credo che le storie siano solo favolette.
Durante il suo travagliato ritorno sulla terra, Gracco (che è un famoso cacciatore del suo tempo) viene scambiato per altri cacciatori, altri personaggi che nella memoria collettiva sono stati cacciatori (come quello di Biancaneve, per intenderci). Ci sono una serie di equivoci, degli scambi di ruolo, fino ad arrivare a figure come quella di Sisifo, con la cui vicenda ho trovato una serie di interessanti analogie. Certi incroci, nascosti in un secondo piano di lettura, hanno trovato spazio a partire da intuizioni involontarie, che poi si sono rivelate sensate. Un interessante effetto indiretto di quella scelta iniziale.
Da quanto tempo era in cantiere questo nuovo progetto, e perché portarlo a compimento?
Avevo questa idea in mente da qualche anno. Ho ricevuto segnali inequivocabili che il momento fosse arrivato quando la mia ragazza è andata a vivere in Germania (dove la storia è ambientata) e quando si è presentato il centenario in cui il racconto di Kafka è stato scritto: allora ho risposto alla chiamata. Perciò, quando Coconino mi ha chiesto di proporre delle storie ci siamo resi conto che quella era la più forte. Probabilmente si trattava anche del momento giusto da parte mia, dal punto di vista stilistico, per affrontare una storia con un atteggiamento differente. L’ironia che attraversa il racconto, ad esempio, era necessaria per trattare questo tipo di storia. Un qualcosa che magari ieri non padroneggiavo al 100%.
Per la vis comica a quale registro sei ricorso, riguarda un autore in particolare?
Non ci sono autori specifici presi a riferimento. Diciamo che in questo fumetto c’è più Jacovitti che McKean. Si tratta di un fumetto diverso dai precedenti, l’evoluzione è graduale. Sono passato anche per il fumetto per l’infanzia, subito prima, e credo che anche questo passaggio abbia avuto un ruolo dentro di me. Ho sentito il bisogno di tirare fuori bizzarria e brutalità, per liberarmi dal bisogno di un bel disegno. Ho deciso di liberarmi un poco dalle necessità estetiche. Mi diverte molto l’idea che una mano fatta male, o un po’ a casaccio, possa starsene tranquilla in quello che ritengo il fumetto più importante a cui ho lavorato. È stata necessaria una dose di coraggio.
Nel volume sono presenti numerosissimi easter eggs di alcune tue precedenti opere, ma quali altre ancora in generale?
Questo è un segreto che non posso svelarvi. Ci sono tanti riferimenti ma non è importante, non li ricordo neanche. Non serve avere alcun tipo di cultura specifica per leggere questo fumetto, il primo piano di lettura è una semplice storia di avventura nella quale si avvicendano eventi abbastanza chiari. Se poi qualcuno, il giorno prima, si è letto un libro di storia e quindi sa a chi si ispira il personaggio del Pantera, o è stato nella Venezia di Las Vegas… beh potrà farsi una risata o apprezzare qualche significato in più. Mi piace pensare che per ognuno sia diverso. Riguardo gli easter eggs, ci sono svariati dadi sugli spigoli e mele magiche che potrebbero accendere una spia nella mente di chi ha letto i fumetti precedenti. Nulla di gratuito però, questo è importante, i dadi sullo spigolo sono dentro a un mini golf realmente esistente che ho preso a modello per disegnare un mini golf magico presente nella storia.
Qual è il processo creativo che ti ha portato all’epilogo del racconto incompiuto?
Sull’idea in generale, appena ho letto il racconto originale (incompiuto) di Kafka ho sentito il bisogno di completarlo a fumetti. L’idea era quella. Ho pensato subito che, se Gracco era morto miseramente inseguendo questo misterioso camoscio bianco, una volta tornato sulla Terra, avrebbe voluto vendicarsi e riconquistare quell’orgoglio trafitto. Poi mi sono chiesto perché mai fare una cosa così stupida, dopo un evento tanto importante come il ritorno sulla Terra di una persona morta. Ho capito che a Gracco era successo qualcosa, durante il viaggio verso l’Aldilà, che aveva compromesso la sua consapevolezza, rendendolo cieco e avido di vendetta.
Se invece ti riferisci al finale, l’epilogo del fumetto, diciamo che ho capito subito come andava chiuso questo cerchio. Credo che i lettori più perspicaci sappiano perfettamente come vada a finire, anche solo leggendo la quarta di copertina del fumetto. Però, il mio problema era capire il come e il perché. Come sarebbe arrivato Gracco a misurarsi con questo finale già presente ad aspettarlo? Ci ho riflettuto parecchio, più che altro sapevo che qualcosa mi sfuggiva, mi sentivo come se Gracco avesse giù fatto le sue scelte future e io dovessi comprenderle. Mi sono sentito come se la storia fosse avvenuta nel passato e io dovessi tirarla fuori dalla polvere. È stata un’indagine che ho svolto soprattutto nelle lunghe notti passate in pullman, andando proprio in Germania, nelle quali trovavo una strana calma e mi trovavo a viaggiare al fianco di Gracco. Io nel nero delle strade, lui nel nero della foresta.
Gran parte della tua produzione è incentrata sulla letteratura. Hai già delle dee sul prossimo lavoro?
Quest’estate, mentre ero appeso a una liana nella foresta pluviale malese, l’idea del prossimo libro mi ha “scintillato” nel cervelletto. Ci ho messo un po’ a soffermarmici perché immediatamente dopo mi sono ricordato che fare una cosa del genere è pericolosissimo, se agiti i rami cascano i serpenti che ci sono appesi… Comunque! Non so quando potrò lavorarci, ma sto scrivendo la storia di una molecola di drospirenone. Ovviamente la storia è ambientata nel corpo di una donna. Questo agente speciale si troverà ad affrontare incredibili problemi che vanno al di là del suo ruolo… Per adesso ho molte idee al riguardo e non so bene dove andrò a parare, ma mi emoziona parecchio e ho tempo per pensarci. Forse dovrò riprendere qualche bus per ritrovarmi nel nero.
Intervista svolta via mail il 28 novembre 2017.