Intervista a Chris Ware, the smartest cartoonist on earth

Intervista a Chris Ware, the smartest cartoonist on earth

Durante la scorsa edizione di Romics abbiamo incontrato Chris Ware, per discutere con lui di Jimmy Corrigan e della sua arte ricca di sfaccettature.

 

Chris Ware è forse il fumettista più influente e innovativo delle ultime due decadi, ma anche un artista assai riservato e umile.

Per iniziare vorrei parlare dell’edizione italiana di Jimmy Corrigan, che ha subito molti ritardi. Molti dicono dovuti anche alla tua necessità di imporre la realizzazione di un libro il più possibile simile all’edizione originale. Del resto ogni tuo libro è caratterizzato da un’imprescindibile impronta personale.
Credo che prima di tutto le ragioni vadano cercate nella complessità del lavoro richiesto, in ogni aspetto della lavorazione del libro, sia per quanto riguarda la traduzione che il lettering. Io stesso rimango impressionato quando penso al lavoro che deve affrontare un editore straniero quando si occupa di un mio libro. E in questo caso non ho dovuto fare lavori di lettering aggiuntivi come a volte mi capita.

Uno degli aspetti più discussi dai critici quando si parla del tuo lavoro sono le influenze, e come tu rielabori ciò che hai imparato dal fumetto del passato. Non è in un certo senso frustrante per te parlare così tanto di questo piuttosto che del messaggio? Jimmy Corrigan è un grande romanzo con molte tematiche, come il rapporto col padre, l’abbandono e la crescita.
Comprendo la tua idea e devo ammettere che nel complesso rispondo sempre a molte più domande sul linguaggio del fumetto che sulle mie storie. Forse questo è dovuto al fatto che il libro può essere percepito come fin troppo sperimentale, e ciò finisce per apparire come l’aspetto principale per chi che lo legge. Allo stesso tempo, bisogna anche dire che quello del fumetto è un mondo piccolo. Tutto sommato il numero delle persone che si occupano di fumetto e che realizzano fumetti non è poi così ampio. Quindi è anche interessante parlare dei comics come di un’entità e un continuum unico in tutta la loro storia. Io stesso non credo di aver mai fatto niente di completamente nuovo; ogni fumetto che io ho letto mi ha influenzato, ho preso ogni innovazione di qualsiasi fumettista che mi ha preceduto e ho cercato di metterle tutte insieme in un’opera con una storia mia. Credo che il mio debito sia eguale sia verso Charles Schulz, che Art Spiegelman, Robert Crumb, George Herriman o Frank King.

Entrando direttamente nel merito del contenuto di Jimmy Corrigan e della sua ricchezza di figure assai evocative, una delle metafore che ritengo più rilevanti è quella dell’uomo che cade. Si comincia all’inizio con la caduta di Superman, poi a metà del libro cade un uomo da un edificio e sul finire del libro cade anche il piccolo Jimmy del passato. Qual è significato che hai voluto infondere in questa immagine?
Non sono in grado di dargli un significato ben specifico. Ma effettivamente, per aver notato questa cosa, ammetto che hai letto attentamente il libro e te ne ringrazio. La storia in realtà ruota intorno agli eventi delle cadute, per l’intenzione di rappresentare la crescita e il momento in cui si inizia a conoscere il mondo. Non do un significato specifico e diretto a queste immagini, preferisco pensare che ne abbiano uno poetico che può risiedere in qualsiasi persona che lo legge. Quando l’ho scritto ne avevo un’idea personale, ma è stato così tanto tempo fa che se lo dicessi ora credo che mentirei, perché non ne ho un ricordo chiaro.

Dettaglio di una copertina del New Yorker realizzata da Ware.

Sempre riguardo a Superman è impossibile notare come questa figura sia presente un po’ ovunque nel tuo lavoro. Perché se in Jimmy Corrigan c’era lui, nel recente Rusty Brown c’è comun­que Super­girl. Per­ché appare così spesso?
Bé, in Jimmy Corrigan ha la funzione di rappresentare la figura paterna. Più o meno nello stesso periodo venne pubblicato anche Le Fantastiche Avventure di Kavalier e Clay di Michael Chabon, che affrontò la stessa tematica, ma in maniera ancora più ampia e raffinata. Il libro affronta anche la questione del valore paterno del supereroe: durante o anche dopo la Seconda guerra mondiale molti padri erano lontani o del tutto assenti e quindi l’immagine del supereroe cercava di compensare.

Certo, con queste idee aggiungi altre possibili interpretazioni del significato di caduta di cui parlavamo prima…
Ma possiamo pensare anche alle storie di quello stesso periodo (Seconda guerra mondiale – ndr) di bambini che si gettavano dai balconi cercando di volare; oppure ancora al suicidio dell’attore George Reeves (1914-1959, famoso per aver interpretato Superman al cinema e in una serie tv – ndr), avvenuto non gettandosi dall’alto, ma comunque emblematico. Credo che il compito dello scrittore sia proprio quello di far confluire insieme diversi tipi di riferimenti.

Sempre riguardo alla relazione col padre, leggendo ciò che scrivi in calce al volume sono rimasto veramente impressionato. Il tuo rapporto col padre e come esso si intreccia con la creazione del libro è impressionante. Il libro è davvero così autobiografico?
Tutto ciò che è nel libro lo è. Per me è stato una sorta di esperimento cercare di affrontare le mie paure e mio padre. Si trattava di un problema del tutto personale, una stupida difficoltà psicologica che avevo e che poi ha finito per scontrarsi con degli eventi reali della mia vita nel momento in cui stavo lavorando al libro.

Mentre invece ci sono degli elementi personali anche nel più recente Rusty Brown, in cui i protagonisti frequentano una scuola dove c’è un insegnante di nome Chris Ware. Cosa significa in questo caso per te far parte della storia?
Avevo bisogno di un personaggio che mi permettesse di avere un approccio trasparente, che non fosse del tutto irreprensibile. In realtà non ci sono significati particolari dietro questo personaggio. L’intero progetto ha a che fare con mie personali esperienze, però in maniera diversa a secondo del personaggio su cui vengono proiettate. Ma non voglio parlarne molto perché l’opera è ancora in corso. Colpa del mio imbarazzo! (ride)

Il personaggio di nome Chris Ware nella serie Rusty Brown

Osservando le tue pagine si riconosce come sono un’alternanza di sequenzialità e prosa, a volte piuttosto separate. Quali sono state le tue intenzioni e i metodi usati per mantenere questo equilibrio sia in Jimmy Corrigan che in Rusty Brown?
Ho cercato di differenziare i due titoli. In generale cerco sempre di rappresentare il flusso psicologico del personaggio protagonista di turno al di là delle immagini, a seconda di quanta enfasi pongo sui suoi pensieri. Le immagini coinvolgono quindi sia la mente e la memoria che la realtà. Il fumetto offre questi due livelli di racconto, quindi possiamo scegliere come e quanto bilanciarli a nostro favore. Per quanto mi riguarda, cerco di dare il senso della molteplice stratificazione della mente umana.

Uno degli aspetti che colpiscono della tua arte è la netta opposizione tra ciò che è umano e ciò non lo è, ciò che è forma geometrica rigida e ciò che è rotondo. Che significato poni in questa opposizione?
È frutto di come percepisco il mondo. Percepisco te come una entità organica, e così tutto il resto è opposizione tra vivente e non vivente. Ho sempre cercato di disegnare ogni cosa nel modo in cui la ricordo e percepisco, più che come le vedo. È per questo che ho sempre evitato di fare uso della prospettiva, cerco piuttosto di fare uso dell’idea di prospettiva, perché è in quel modo che ricordiamo le cose.

Grazie mille per il tuo tempo e la tua disponibilità.
Grazie a te, io non mi sento mai troppo a mio agio a parlare delle mie opere.

Riferimenti:
Un sito catalogo delle pubblicazioni di Chris Ware:  www.acmenoveltyarchive.org
Una biografia in inglese: www.fantagraphics.com

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