Cosa c’è di più umano del raccontare storie? Il mondo del fumetto è un ambiente professionale, regolato da leggi di mercato, concorrenze, gerarchie e persino tasse. Ma il suo solo aspetto fondamentale sono le storie: raccontate e disegnate da autori che si divertono, si impegnano, si arrabbiano, si imbarazzano, sono, insomma, umani.
Con un abbraccio e qualche domanda si prova a ricordarlo.
Sio, alias Simone Albrigi, è uno dei più noti autori italiani di webcomics. Ha esordito con il suo blog nel 2006; in seguito è passato a Shockdom e ha utilizzato i social network (Facebook e YouTube) per raggiungere un pubblico vasto, ottenendo una fama ancora oggi in crescita. Ha pubblicato le raccolte cartacee Tutto tutto Scottecs (Shockdom, 2013) e Questo è un libro con i fumetti di Sio (Shockdom, 2014), il libro di foto e fumetti unCOMMON:Stories (con Nicola Bernardi, Shockdom 2015) e ha collaborato al volume I Treccani (con Albo e Gaunt Noir, Shockdom, 2013). È autore della testata trimestrale da edicola Scottecs Megazine. Nel 2015 ha iniziato a collaborare con Topolino scrivendo alcune storie (alle prime delle quali è dedicato l’albo speciale Topolino incontra Sio di Panini Comics) e rubriche.
Il 23 gennaio 2016 Sio ha presentato presso la fumetteria Supergulp! di Milano il Tribro, autoproduzione di testi, foto e fumetti realizzata insieme a Nicola Bernardi: il libro, da leggere in tre modi diversi girando fisicamente il volume, racconta del viaggio in bicicletta intrapreso in Giappone dai due amici. Lo Spazio Bianco non poteva quindi farsi sfuggire un’intervista che racconta del viaggio di Sio nel mondo-fumetto.
Ciao Sio! Iniziamo dal principio: quando hai cominciato a disegnare fumetti e quando hai deciso di pubblicarli?
Io i fumetti li faccio da sempre: quando ho preso in mano un Topolino per la prima volta, dopo tipo cinque secondi mi sono detto: “Mmh… questa roba è una figata e la voglio fare anch’io”. E l’ho fatta per molti anni! Già da piccolo disegnavo sui diari di scuola: i diari erano gratis, così ne prendevo uno o due in più solo per disegnarci fumetti, dividendo ogni pagina in quattro vignette. Alle superiori ho cominciato a rendere pubbliche le mie storie: non solo su internet, ma anche in un mensile che facevo io e che è durato cinque mesi. Si chiamava Tutto Scottecs. Era composto da venti pagine che fotocopiavo a scuola: usavo dei fogli A3, li mettevo tutti insieme, pinzavo e piegavo! Facevo una tiratura di cinquanta copie.
Quindi nel tuo caso la scuola è stata fondamentale per fare fumetti.
Sì! Perché c’era una fotocopiatrice che costava poco. E poi vendevo Tutto Scottecs a un euro, lo stesso prezzo del giornalino della scuola… ma non gli facevo concorrenza, perché io pubblicavo solo fumetti. Nel 2006 poi ho aperto il blog, prima su Blogspot e poi su Shockdom, due anni dopo. In effetti quest’anno, ad aprile, ci sarà il decennale.
Pensi di fare delle celebrazioni?
Aehmm… probabilmente farò qualcosa sulla pagina Facebook, e basta.
Hai detto che hai cominciato da Topolino: hai qualche altro fumettista di riferimento?
Sì, però per i primi dieci anni della mia vita c’è stato solo Topolino. Quindi Ziche, Faraci, Cavazzano… poi ho scoperto Toriyama, con Dr.Slump e Arale, e ho detto “Uau, che figata!”, e nello stesso periodo sono entrato a contatto con le strisce. Calvin and Hobbes di Watterson: voglio dire, ciao proprio. È il mio fumetto preferito.
Lo conosci l’Omino Bufo…?
…di Castelli? Eh, ma certo! Ci sono delle somiglianze con Scottecs, cerca a volte di fare lo stesso discorso sul fumetto. L’ho letto più che altro in raccolte, appunto perché da piccolo leggevo soprattutto roba Disney. Andando avanti ho recuperato anche ciò che è venuto prima!
Hai mai provato a disegnare una storia drammatica, o che comunque non facesse ridere?
Eh… sì. Ne ho alcune. Tutte quelle storie lì però le ho “parcheggiate”, sto aspettando il momento giusto. Le ho scritte, più che disegnate: voglio dire, io non so disegnare!
Hai già in mente qualche disegnatore a cui ti piacerebbe affidarle?
Alcune mi piacerebbe farle io, però per una in particolare ho in mente esattamente chi vorrei. Ma è una cosa che succederà nei prossimi anni, con tranquillità. Molta tranquillità. Non si è deciso ancora niente, non so neanche se lui è d’accordo…
Sei stato tre anni in Giappone, durante i quali hai insegnato inglese e italiano. I tuoi studenti sapevano che disegnavi fumetti?
Io disegnavo sulla lavagna, un sacco: usavo i fumetti per insegnare, quindi sì, lo sapevano! Soprattutto le mie studentesse di italiano, che erano una trentina di vecchiette: a loro ho proprio portato i miei fumetti! Gli avevo spiegato che fare fumetti era uno dei miei lavori.
E i fumetti hanno funzionato bene per l’insegnamento? Voglio dire, il lessico è molto creativo…
Esatto. Gliel’ho spiegato, ho detto: eccoli qui, ve li regalo molto volentieri, però non prendeteli come esempio di italiano standard. In ogni caso, aiutavano a esercitarsi.
Ormai scrivi, oltre che per il blog e per la pagina Facebook, per Topolino e per Scottecs Megazine – e ora sei qui per presentare il Tribro, che è un’autoproduzione. Qual è la modalità di lavoro che ti piace di più?
Il Megazine è la cosa che preferisco, perché faccio tutto quello che voglio. Parlo con i miei editor di Shockdom e dico: “Ok, ecco sessantaquattro pagine. Stampiamole”. Ovviamente le sistemiamo e correggiamo i refusi, però a livello di controllo editoriale ho la libertà più completa. Mi posso divertire e fare quello che voglio! E non solo con i fumetti, ma anche con barzellette idiote!
Non ti senti altrettanto libero quando pubblichi le strisce su Facebook?
No, perché su Facebook sono limitato dalla quantità di tempo che mi concedono le persone. Pubblico delle strisce proprio perché so che la gente starà lì due minuti, non è che dica: “Ah, ora ho una bella giornata di lavoro, mi metto sul divano e guardo Facebook!” Cio
è, magari c’è qualcuno che lo fa. Però di solito l’attenzione su Facebook è di un minuto massimo. Anzi, qualche secondo. E allora devo essere rapido. Sul Megazine posso fare sia cose rapide, sia cose più lunghe, sia cose articolare e strane.
Riguardo il Tribro: come mai hai deciso di autoprodurlo? L’hai proposto a qualche editore o sei andato subito diretto sul crowdfunding?
Subito sul crowdfunding. Volevamo provare. È stata un po’ una sfida, per vedere quanto potevamo fare da soli io e Nik. Non volevamo cedere il controllo a un editore, perché si tratta di una cosa molto particolare. Se l’avessi chiesto a Lucio [Staiano], di Shockdom, di sicuro ce lo avrebbe pubblicato, però… non lo so, volevamo proprio provare, anche per vedere un po’ com’è fare, produrre, distribuire un libro.
Di chi è stata l’idea di strutturarlo in questa maniera, tripla?
Di entrambi. Facciamo molto brainstorming, di solito bevendo caffè.
Ormai è un po’ che lavori nel mondo del fumetto… come ti trovi in questo settore? Hai mai vissuto qualche momento imbarazzante?
No… è un mondo bellissimo quello del fumetto, sono tutti così simpatici!