La Scuola Internazionale di Comics di Torino, all’interno di una serie di incontri con vari importanti autori della scena nazionale e internazionale, ha ospitato anche l’illustratore spagnolo Roger Olmos. L’incontro si è tenuto l’11 maggio: si tratta di un workshop di 6 ore dove l’autore ha svolto anche un laboratorio, facendo disegnare gli allievi e gli iscritti al corso, per far capire dal vivo come si lavora. Abbiamo colto l’occasione di questo incontro per intervistare l’illustratore spagnolo, noto qui in Italia soprattutto per la realizzazione di un libro illustrato su Calvino.
Come nasce la sua formazione da illustratore? A quali autori si è ispirato?
Iniziai durante i vari pomeriggi che passavo all’ospedale dove lavorava mia madre. Avevano bisogno di qualcuno capace di disegnare che aiutasse i dottori a creare illustrazioni anatomiche per spiegare le operazioni ai pazienti o da mostrare alle conferenze. Così mia madre mi presentò loro (“Hey, credo che possa farlo mio figlio”; avevo 18 anni, se non sbaglio). Dopo quattro anni andai a studiare alla Llotja di Barcellona, la scuola di Belle Arti, dove passai cinque anni a scoprire questa splendida professione. Lì mi resi conto che c’era un mondo al di là della carne, delle ossa rotte e delle vene. E così, eccomi qui.
Le sue illustrazioni hanno per certi versi un aspetto molto pittorico, anche se il modo di rappresentare i personaggi rimanda a uno stile fumettistico. Come si è sviluppato questo stile? Fa ricorso a tecniche particolari?
Il modo di disegnare i personaggi è sempre in constante evoluzione: più vai avanti e migliori la tecnica, più ti rendi conto di essere capace di trovare aspetti diversi per rappresentare ogni tipo di espressione e comportamento psicologico. Sperimentando diverse tecniche, poi, se ne possono trovare alcune che permettono di creare facilmente texture per differenziare atmosfere e giochi di luci e ombre. Come maturare è importante nella propria vita personale, così è ugualmente importante nei confronti del proprio linguaggio e quando si crea un’illustrazione. Una situazione insignificante può diventare una bellissima poesia visiva in base al modo in cui la rappresenti. Parlando di forme e dell’estetica del mio lavoro, è qualcosa che nasce da dentro, penso. I personaggi parlano attraverso i loro corpi, con posture particolari e modi differenti di metterli in scena. La storia che illustri ti guida molto. La dose di humor, malinconia, tristezza o mistero proviene dall’autore (se è qualcun altro), ma muove anche la mia mano.
Lei opera principalmente come illustratore. Che rapporto ha col fumetto, spagnolo e non solo?
A dire il vero non c’entro molto con il fumetto, lavoro più che altro sull’illustrazione per bambini e per giovani adulti. Ma ci sono alcuni fumetti che mi piacciono molto e che sono un’importante fonte di ispirazione, specialmente per quel che riguarda la composizione e il colore.
Quanto possono essere importanti, nella sua esperienza, le scuole e le accademie specifiche per il fumetto e l’illustrazione, per un giovane che voglia intraprendere questa professione?
È importante avere una solida base da cui partire. Non ho mai frequentato scuole di fumetto, almeno da studente. Ma quando studiavo illustrazione, ci mostravano diversi modi di lavorare e ho imparato parecchio riguardo a tecniche, composizione, come far parlare un’immagine, semiotica, colori, luce. Tutte cose, queste, che se le avessi dovute imparare per conto mio, non mi avrebbero portato dove sono ora. La scuola ti fornisce gli strumenti, ti fa conoscere gli autori e ti mostra come affrontare il terrore che si prova di fronte a un foglio bianco. È importante frequentare l’accademia.
Che impressione avete, in Spagna, della scena del fumetto e dell’illustrazione italiana?
Sul fumetto non ho un’opinione. Per quanto riguarda l’illustrazione, ho visto gente fantastica fare cose fantastiche. Inizio a vedere, in molti libri prodotti interamente da autori italiani, una certa differenza che mi piace. Si stanno allontanando da quello stile classico che è così influente … il che è anche normale visto che, in Italia, siete circondati dal Cinquecento. Con la pubblicazione di libri stranieri, e l’organizzazione di varie fiere, autori da ogni parte del mondo portano luci, colori e forme differenti, e sono una vera fonte di ispirazione per tutti. Non solo in Italia, ma in tutti i paesi.
Uno dei tuoi lavori più importanti, Senzaparole, affronta i temi del veganismo e dei diritti degli animali, in cui sei attivamente coinvolto. Da dove nasce questo volume e perché?
Da entrambi, poiché il veganismo è la diretta conseguenza del mio impegno a favore dei diritti degli animali. Per me, difendere e proteggere gli animali significa non mangiarli, non usarli come vestiti, non usare prodotti testati su di loro, non pagare altri che vogliono farli vedere nelle gabbie, ecc.. È come uno che lavora in una ONG che protegge i diritti dei bambini nei paesi poveri: non comprerebbe mai prodotti fatti da bambini in condizioni di schiavitù, no? È questione di essere coerenti con se stessi, le due cose non si possono separare. “Senzaparole” nasce dalla consapevolezza che tutte le immagini informative riguardanti prodotti o divertimenti in cui sono coinvolti gli animali sono molto crude. Ma la gente che normalmente non ha troppa empatia per gli animali si rifiuta di vederle. Sono immagini estremamente scioccanti anche per i bambini, così ho deciso di usare il linguaggio muto dell’illustrazione per mostrare, in modo “poetico”, una realtà meno scioccante ma altrettanto dura. Una realtà che si nasconde dietro alle cose e su cui le persone non si sono mai soffermate, perché chi di dovere non ha mai spiegato loro la realtà e, anzi, ha continuato a mentire, mentire, mentire. È per questo motivo che Senzaparole è venuto alla luce.
In Italia, ovviamente, ha suscitato molto interesse Cosimo, il suo volume dedicato al Barone Rampante di Italo Calvino. Da dove viene la scelta di adattare quest’opera?
A Cosimo giunsi attraverso l’editrice di Logos Lina Vergara. Il Barone Rampante, infatti, è uno dei suoi libri preferiti, e desiderava vedere il mio punto di vista su questo personaggio. Avevo sentito parlare del libro, ma non l’avevo mai letto. Lo lessi una, due, tre, quattro volte. Lina mi aveva dato carta bianca riguardo all’interpretazione, e avevo 250 pagine per trasformare il romanzo in immagini. Decisi di scegliere, all’interno dei 33 capitoli che lo compongono, i passaggi più significativi, quelli che rimangono fissi nella mente di tutti gli italiani che hanno letto il libro di Calvino. Ovviamente ce ne sarebbero voluti di più, ma in quel caso avrei avuto bisogno di almeno due anni per finirlo. Inoltre, avevo due opzioni interpretative: potevo rappresentare la storia dal punto di vista delle persone a terra, o scegliere il modo particolare in cui Cosimo comprende le cose. Optai per il secondo, che per me è più interessante da illustrare.
Ringraziamo di cuore Roger Olmos per la sua disponibilità e la Scuola Internazionale di Comics di Torino per aver resto quest’intervista possibile.
Intervista realizzata via mail nel Marzo 2018.