Intervista a Bryan Talbot: da “La storia del Topo Cattivo” a Luther Arkwright

Intervista a Bryan Talbot: da “La storia del Topo Cattivo” a Luther Arkwright

Nel corso di Lucca Comics abbiamo avuto il piacere di intervistare Bryan Talbot in occasione della ristampa de "La storia del topo cattivo" a opera di Tunuè.

Con il suo lavoro ha costruito la storia del fumetto occidentale, assieme a Raymond Briggs è considerato il padre della graphic novel britannica. I suoi libri continuano a essere ristampati e amati a distanza di anni dalla loro pubblicazione. In un mondo che cambia (non sempre in meglio) Bryan Talbot ha ancora voglia di usare la sua creatività e il suo talento per parlare del presente attraverso la lente della fantascienza. 

Benvenuto su Lo Spazio Bianco, Bryan.
La storia del Topo Cattivo, nella tua carriera, arrivò subito dopo la conclusione della saga di Luther Arkwright: un cambio di paradigma narrativo e di genere totale tra le due opere, quasi una sorta di dichiarazione d’intenti di quell’eclettismo che ha poi contraddistinto il tuo intero percorso professionale. Da dove nacque l’esigenza, dopo una saga fantascientifica multiversale, di un racconto intimo e complesso come quello de La storia del Topo Cattivo?
Il mio desiderio era esattamente quello di cambiare, venivo da una storia di fantascienza e volevo fare qualcosa che non appartenesse a un genere preciso. Volevo che il fumetto arrivasse a tutti, che fosse accessibile a tutti e non soltanto a persone appassionate di fumetto, o di fantascienza e di fantasy in generale. Volevo raccontare una storia, quindi ho cambiato genere per renderlo accessibile. Per me era molto importante che fosse leggibile, soprattutto per le persone che non erano abituate alla lettura dei fumetti, che non ne conoscevano la grammatica. Ho quindi ho cercato uno storytelling molto diretto e ho voluto abbinarlo a un disegno molto chiaro, guardando a Tin Tin e alla linea chiara. Volevo qualcosa di schietto, che fosse comprensibile al primo sguardo.

La drammatica vicenda della giovane Helen rientra, purtroppo, ancora oggi all’interno di un argomento di scottante attualità come quello dei maltrattamenti, delle molestie e degli abusi sessuali. Oggi però è forse più semplice parlarne apertamente anche in opere di finzione come un fumetto di quanto non lo fosse trent’anni fa. Che tipo di difficoltà trovasti quando iniziasti a presentare agli editori il tuo progetto su La storia del Topo Cattivo?
Ho avuto molta difficoltà per la verità. Dal momento che avevo scritto un fumetto mainstream, volevo che fosse pubblicato da un editore che non fosse un editore di fumetti. Volevo che il mio libro si potesse trovare nelle librerie: oggi è normale trovare delle graphic novel in libreria ma all’epoca non era così. Quindi feci alcune ricerche e preparai un elenco di editori a cui inviai la mia storia. In tutto inviai ventiquattro proposte e solo un terzo degli editori contattati mi rispose, e furono tutti rifiuti. In alcuni casi era evidente che non avessero nemmeno visionato il materiale: le pagine erano ancora tutte attaccate, non si erano nemmeno presi il tempo di sfogliarle. Per Il solo fatto che si trattava di un fumetto avevano deciso che non era interessante. Qualche tempo dopo fui invitato a un evento da Dark Horse, con cui avevo pubblicato Luther Arkwright. In quella occasione ebbi modo di conoscere la Tundra Publishing, fondata da Kevin Eastman, autore delle Teenage Mutant Ninja Turtles. Nel loro catalogo c’erano centinaia di graphic novel e si dissero interessati a pubblicare La storia del topo cattivo. Ma quando mi sono accorto che pubblicavano qualsiasi cosa, e che molto dei loro titoli erano vera e propria spazzatura, decisi che non era la scelta giusta, perché il mio libro sarebbe finito sepolto sotto tonnellate di immondizia. Alla fine ho parlato con Mike Richardson di Dark Horse che ha pubblicato la mia storia.

Per la sua chiarezza espositiva e l’efficacia grafica e narrativa questa tua opera, negli anni, oltre a essere rimasta assolutamente contemporanea, è diventata anche strumento terapeutico adottato da molti centri antiviolenza. Che cosa ha significato per te come autore questo ulteriore livello di valore che il tuo fumetto ha acquisito?
Ne vado molto fiero, è il libro di cui vado più fiero. E ovviamente sono molto contento di ricevere tuttora email di persone che mi dicono che è il loro libro preferito, che le ha aiutate tantissimo, che mi ringraziano per averlo scritto. Mi rende orgoglioso anche il fatto che il libro abbia vinto molti premi, questo significa che il mio lavoro sullo storytelling e il disegno era buono. La scelta di cambiare stile non era scontata e il fatto che sia risultata giusta è una cosa di cui sono estremamente fiero.

Talbot

Al di là degli ovvi aggiornamenti temporali, ci sono cose che racconteresti diversamente o ci sono altri percorsi che seguiresti se scrivessi oggi questa storia?
No, credo che nella sostanza sarebbe identica.

Le Avventure di Luther Arkwright è stato un fumetto seminale e precorritore dei tempi per tematiche (magia, new age, esoterismo) e ambientazione (il concetto di multiverso, oggi estremamente attuale), eppure al contempo assolutamente figlio del suo tempo (il periodo era quello della decostruzione dell’eroe e il tuo protagonista era un personaggio fallace e pieno di dubbi). Quali sono oggi, i “nemici” di Luther?
In effetti giusto l’anno scorso abbiamo pubblicato il nuovo libro di Luther Arkwright, ambientato cinquant’anni nel futuro, che arriva a quarantacinque di distanza dall’inizio della saga. Con Luther Arkwright volevo criticare le politiche di Margaret Thatcher, il National Front che marciava per le strade inglesi. Sicuramente c’era un forte messaggio antifascista, lo stesso che qualche anno dopo si ritrova in V for Vendetta di Alan Moore. Posso dire che tutte le mie storie di fantascienza sono una risposta al presente. Sicuramente sono state anti-nazionalistiche, come ora sono anti Brexit. Per l’ultimo lavoro ho immaginato una Gran Bretagna del tutto in mano alle grandi corporazioni americane. È un libro molto politico, nel quale mostro una società divisa tra ricchi e poveri, con le strade popolate da mendicanti. Ogni storia di fantascienza è in qualche modo una reazione al presente, altrimenti è solo escapismo.

Grazie per il tuo tempo, Bryan.

Intervista realizzata dal vivo durante Lucca Comics & Games 2023
Traduzione di Martina Fortunato

Bryan Talbot

Bryan Talbot Eastercon

Bryan Talbot, nato il 24 febbraio 1952 a Wigan in Inghilterra, è considerato uno dei grandi maestri del fumetto occidentale. Sin dagli anni 60 ha preso parte a numerosi progetti come autore unico o disegnatore, nel 1996 ha vinto un Eisner Award per Miglior Ristampa per La storia del topo cattivo e il Costa biography award nel 2012 per Dotter of her father’s eyes, su sceneggiatura della moglie Mary M. Talbot. Lungo l’elenco degli altri premi e delle candidature ricevute nel corso della sua carriera. Tra le tante citiamo la sua partecipazione a serie storiche come 2000 AD, Sláine, Judge Dredd, Hellblazer, Fables, Batman, The Sandman, Shade, the Changing Man. Come autore unico ha prodotto Alice in Sunderland, Grandville, Luther Arkwright e ovviamente La storia del topo cattivo. Dal 2018 è membro della Royal Society of Literature.

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