La sequenza di improbabili coincidenze che porta Tintin sulle tracce del segreto del Liocorno è all’altezza di quelle incontrate nelle precedenti avventure. Questa volta l’innesco dell’avventura è l’acquisto del modellino di un antico veliero che risulta essere opera nientemeno che di un avo del Capitano Haddock e per il cui possesso qualcuno è disposto a uccidere1.
Il segreto del Liocorno, serializzato su Le Soir fra il giugno 1942 e il gennaio 1943, inaugura l’età aurea de Le avventure di Tintin, caratterizzata da una serie di vicende di ampio respiro, ciascuna delle quali verrà raccolta in due volumi. Questa nuova dimensione nasce probabilmente tanto da una rinnovata ambizione di Hergé nella costruzione e definizione dell’intreccio e delle scene, quanto dalla lezione raccolta con La stella misteriosa nella quale la compressione della vicenda aveva visibilmente sacrificato alcune potenzialità.
Quello che Hergé sperimenta ne Il segreto del Liocorno è innanzitutto un ritmo nuovo e dei tempi più lunghi rispetto al passato, poiché la lunghezza delle scene supporta una loro maggior ricchezza di elementi e non è semplicemente frutto (non sempre, allmeno) di una mera diluizione. Se nel passato avevamo spesso inserti comici in una scena che ne allungavano la durata e ne offrivano solo una modulazione di tono, ora Hergé prova una maggiore omogeneità e, dove la raggiunge, trasmette innanzitutto un’impressione di solidità, almeno locale.
Un solo Haddock non basta
Al Capitano Haddock dobbiamo una delle scene più memorabili dell’intera saga: l’interpretazione del racconto del diario del suo avo, François Hadoque, Cavaliere del Re Luigi XIV, capitano del Liocorno, la cui efficacia merita una speciale attenzione2. Il Capitano non si limita a raccontare ma recita gli eventi, armato di una sciabola e ispirato da abbondanti libagioni alcoliche.
Alle immagini di questa recita nel suo appartamento si alternano quelle dal passato: sotto i nostri occhi il Capitano si trasforma letteralmente in Hadoque e combatte con furia contro il pirata Rackam il Rosso. Lo seguiamo affascinati, una vignetta dopo l’altra, in quello che tecnicamente è un racconto a cornice. Il punto fondamentale è che Hergé ci mette nella posizione di Tintin non tanto come “punto di vista” quanto, se leggiamo le scene in costume non come flashback ma come immagini suscitate in Tintin dal racconto, proprio nella testa del protagonista. Siamo quindi “dentro” Tintin, siamo nella storia, nella tavola. Quella compresenza di realtà e follia che finora era stata giustapposizione fonte di inquietudine qui è stabilizzata in un racconto nel racconto, che non aggiunge ambiguità e oscurità ma suggestione e coinvolgimento diretto.
Su e giù per Moulinsart
Se il racconto recitato di Haddock è una scena omogenea e solida, lo scontro fra Tintin e i suoi avversari nella seconda parte del racconto, che porta allo scioglimento di questo primo episodio è sostanzialmente un lungo detour di azione, con toni quasi da slapstick (ca. pagg 40-55). Sicuramente appassionante, ci trascina per sotterranei, interni e parco di un castello (attenzione: sia il castello di Moulinsart sia il maggiordomo Nestore, qui al servizio degli avversari di Tintin torneranno nelle successive avventure) in un susseguirsi di rovesciamenti di fronte che segue la cadenza della striscia giornaliera e offre un po’ di spazio anche a Milou, che fin qui era rimasto molto defilato. I personaggi corrono avanti e indietro ma la storia resta ferma e infatti Hergé è costretto a un densissimo spiegone per ricostruire gli eventi e passare al finale vero e proprio, che altro non è che un “à suivre” per la seconda parte di questa avventura.
Quello che notiamo è che questa scena segnala da una parte la sempre maggior padronanza tecnica della narrazione da parte di Hergé, dall’altra il fatto che l’autore belga abbia comunque deciso di rimanere sul terreno sicuro sull’azione piuttosto che confrontarsi con la sfida di dipanare l’intrigo attraverso il racconto. Su questo approccio, Hergé non dimostra quindi grandi progressi rispetto ai tempi de L’orecchio spezzato.
La prefazione curata da Jean-Marie Embs e Philippe Mellot, con la collaborazione di Philippe Goddin, è stavolta particolarmente ricca di documenti e curiosità sulle fonti di Hergé, in particolare quelle usate per il racconto di Haddock. Ampio spazio è dedicato alle schede dei personaggi, in particolare all’evoluzione di Tintin e alla comparsa di Nestore.
Abbiamo parlato di:
Il segreto del Liocorno
Hergé
Traduzione di Giovanni Zucca
In allegato a La Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, Marzo 2017
45+62 pagine, cartonato, colori – 7,99 €
ISBN: 977203975726270010
Merita notare che il film di Spielberg del 2011, Tintin e il segreto dell’Unicorno, sfrutta molti spunti di questa avventura ma non ne è un adattamento in senso stretto. L’ambiguità nasce dal titolo italiano, poiché quello originale è un più generico The Adventures of Tintin. ↩
Curiosità: nella traduzione inglese, Francois Hadoque Cavaliere del Re Luigi XIV diventa Sir Charles Haddock, al servizio di Carlo II, troncando alla base una delle discussioni più curiose e divertenti fra i fan di Tintin, quella sulla storia e le migrazioni della famiglia Haddock/Hadoque fra Francia e Gran Bretagna. ↩