Oggi, nel momento in cui siamo sommersi in ogni dove da spot commerciali, da messaggi più o meno nascosti tesi a farci consumare, da televendite, da volantini porta a porta, da sconti continui, che nascondono in realtà rincari nei supermercati, appare incredibile che ci sia stato un momento in cui la televisione, quella di stato senza alcuna parentela con quella cosiddetta commerciale a cui ci ha abituato Sua Emittenza, non contasse sui soldi provenienti dall’incetta pubblicitaria, ma solo sul canone che gli italiani pagavano e sui soldi che passava lo stato, perché l’operazione era intesa di servizio pubblico; quando c’era un solo canale in bianco e nero, quando si trasmetteva per poche ore al giorno, quando non esistevano i telefilm, ma solo i film o gli spettacoli di prosa ripresi spesso in teatro, senza l’uso degli studi televisivi, allora la pubblicità non ci rompeva le scatole come invece avviene oggi.
La pubblicità in tv arrivo’ in 3 febbraio del 1957 all’interno di un contenitore apposito che permettesse subito al fruitore di capire che si trovava di fronte non ad esempi di tv verità, a spazi di spettacolo, ma a messaggi promozionali; questo contenitore fu capace di divenire proverbiale, perché riusciva ad essere spettacolo (per di più forse maggiormente atteso… degli altri spettacoli serali!) ben prima di essere spot.
Era chiamato Carosello e era annunciato da una sorta di marcetta che faceva proprio un allegro squillare di trombe, mentre tutta una serie di siparietti disegnati da Artioli si aprivano mettendo il telespettatore a contatto con questi messaggi; erano ognuno della durata di un paio di minuti e erano costituiti da due parti: nella prima c’era unraccontino vero e proprio o una scenetta comica o un cartone animato o qualsiasi cosa potesse fare spettacolo e il prodotto da reclamizzare appariva solo nella parte finale, il cosiddetto codino.
La prima parte si rivelo’ una vera palestra di invenzioni che ancora oggi meritano di essere viste ed ascoltate; tornavano alla ribalta i grandi comici con le loro scenette tratte dalla rivista e dall’avanspettacolo a ribadire il loro successo: Chiari e Campanini con le imitazioni dei fratelli De Rege, Rascel che faceva il corazziere, Fabrizi, Toto’, Taranto con le sue macchiette, Gilberto Govi che beveva il te, Franchi ed Ingrassia, Peppino De Filippo con il suo Olio Dante e poi via via i volti più nuovi da Pisu a Bramieri, da Marisa Del Frate a Delia Scala.
Nascevano nuovi personaggi come il commissario che aveva commesso un solo errore nella vita, quello di non aver usato una certa brillantina, portato sul piccolo schermo da Cesare Polacco, come l’innamorato del caffé napoletano interpretato da Eduardo De Filippo, come gli improbabili eroi un po’ demodé di Enrico Viarisio, come Corrado Mantoni, come Tino Scotti per il quale “bastava la parola!”, come Virna Lisi che con quella bocca poteva dire quello che voleva, come Kramer e Luttazzi ed il loro mondo musicale, come Dario Fo e Franca Rame, ben diversi da quelli odierni e si potrebbe continuare con un elenco ricco di ricordi e di grandi nomi; nascevano nuovi modi dire o nuova cadenze che si inserivano nella nostra lingua parlata senza che quasi ce se ne accorgesse, per cui sentire uno che diceva in Sicilia “Dura minga! Dura no!” facendo il verso in una sorta di maccheronico piemontese ad un giochetto di parole tipico di uno spot con Ernesto Calindri e Franco Volpi sarebbe stato tranquillamente accettabile.
Ma Carosello fu anche una grande palestra per l’animazione italiana; qui si scontrarono le doti fantastiche di diversi tra gli studi italiani che inventarono personaggi su personaggi; la Paul Film che aveva nel suo carniere Toto e Tata, Angelino, Geronio…, la Pagot Film con Calimero, il draghetto Grisù, Billo e Tappo…, la Gamma Film dei fratelli Gavioli con Caio Gregorio, Mammut, Babbut e Figliut, Tacabanda, Capitan Trinchetto…, la Bruno Bozzetto con Unca Dunca, il gruppo guidato da De Maria con Salomone il pirata pacioccone…
E questo solo per limitarsi alle sigle maggiori, ma non dimentichiamo che c’erano anche Olivella, Annibale e la Mucca Carolina, la Linea di Cavandoli, gli Ottentotti di Laganà e decine di altri a testimoniare una vitalità incredibile, che venne del tutto, o quasi, azzerata dall’idea di eliminare il contenitore, che era divenuto così proverbiale da essere una sorta di linea di demarcazione tra l’essere bambini ed essere adulti, perché i piccoli dopo Carosello andavano a letto.
Inizialmente l’industria pubblicitaria, di fronte al nascere di una serie di minicontenitori paralleli, penso’ ad un espandersi delle proprie possibilità economiche; Gong, Tic Tac, Intermezzo, Girotondo, Doremi e Break in realtà non furono un allargarsi delle possibilità, ma anzi significarono il restringersi dell’esperienza creativa e, di fatto, un progressivo allontanamento del pubblico, perché questi messaggini corti, privi di storia, veri e propri spot come li intendiamo oggi, non avevano certo il sapore dei miniracconti del progenitore e non creavano un legame con il fruitore.
Così, mentre sempre meno fondi venivano investiti nei prodotti per Carosello (e la qualità calante degli ultimi anni lo dimostra ampliamente) visto che una campagna pubblicitaria diretta alla tv doveva prevedere non solo un impegno per la ditta nei confronti del fratello maggiore, ma fondi dovevano essere investiti con i cosiddetti contratti capestro anche nei contenitori minori; e quindi fondi essenziali per mantenere alto il livello della proposta vennero spostati da Carosello alle altre parentesi pubblicitarie. Per cui alla fine, con l’arrivo di una idea di pubblicità “selvaggia” da infilare in ogni dove ed in ogni spazio del teleschermo per il povero Carosello che aveva creato tanto indotto (volumi, dischi, quaderni, figurine, giochi, pupazzetti…) con il 1 gennaio 1977, dopo quasi venti anni di onorato servizio, venne il tempo della chiusura (e della nostalgia!).
Questo articolo si trova pubblicato sul numero 58 di FUMETTO, la rivista trimestrale dell’ANAFI (Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell’Illustrazione), distribuita solo ai soci della medesima. Punto di riferimento degli appassionati di fumetti fin dal lontano 1971, FUMETTO è uno dei benefici di chi si associa all’ANAFI; infatti, ogni anno, oltre ai quattro numeri della rivista, vengono poi destinati ai soci almeno due volumi omaggio appositamente editi. Nel 2005, i due omaggi sono il volume in formato comic book intitolato LE REGINE DELLA GIUNGLA, dedicato alle “tarzanelle” a stelle e strisce, con storie inedite in Italia firmate da grandi autori come Lubbers, Powell, Fletcher, Kamen, Webb e altri ancora, e l’albo dedicato a SERGIO TARQUINIO – Un disegnatore per l’avventura, uno studio di oltre 200 pagine su uno dei disegnatori italiani che maggiormente ha improntato col suo stile un lungo periodo del fumetto italiano.
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