Il ritorno del Re alla Casa delle Idee
Era la primavera del 1975 quando Stan Lee, durante una convention, annunciò al pubblico il ritorno di Jack Kirby alla Marvel, dopo gli ultimi cinque anni passati alla DC Comics.
In quel lustro precedente presso la Distinta Concorrenza, il Re aveva dato vita, tra le altre cose, alla saga cosmica dei Nuovi Dei – conosciuta anche come Quarto Mondo -, al post-apocalittico Kamandi e alla serie distopica O.M.A.C.: tutte storie accomunate da una fascinazione fantascientifica che permeava fortemente l’immaginario dell’autore all’epoca.
Tornando alla Casa delle idee, che gli aveva promessa assoluta libertà creativa, Kirby trasportò questa passione per il genere nella sua nuova run su Captain America (#193-214), creando la saga de Gli Eterni, trasponendo a fumetti e ampliando l’universo narrativo di 2001 Odissea nello spazio e scrivendo e disegnando la prima serie regolare dedicata a Black Panther.
Continuity, questa sconosciuta…
Lee & Kirby avevano fatto debuttare Black Panther, nome di battaglia di T’Challa – sovrano della tecnologica nazione africana del Wakanda, nonché primo supereroe di colore – sulle pagine di Fantastic Four #52 nel 1966.
Da allora il personaggio era comparso su varie altre testate fino a essere ospitato con storie a lui dedicate, scritte da Don McGregor, sull’antologico Jungle Action, nei numeri dal 6 al 24, fino al novembre 19761.
Fu allora che la Marvel decise di rilanciare il personaggio in un bimestrale a suo nome, affidandolo in esclusiva a Jack Kirby, che si sarebbe occupato di scriverlo, disegnarlo e supervisionarlo.
Black Panther #1 fa il suo esordio a gennaio 1977: Kirby catapulta i lettori nel mezzo di una nuova avventura, senza tenere minimamente conto degli sviluppi del personaggio e di quanto era successo nelle storie scritte da McGregor, e lasciando incompiuta la saga che si era sviluppata negli ultimi sei numeri di Jungle Action, Panther vs. the Klan.
Il Re impone da subito le proprie idee, senza perder tempo a legarle alle trame messe in piedi dal suo predecessore negli anni precedenti. Di fatto l’autore newyorkese annulla completamente la continuity della Pantera e la fa debuttare in una storia lontana dall’impegno politico di McGregor e che inizia, inaspettatamente, in medias res. Fin dalla pagina iniziale, ci troviamo catapultati nel mezzo dell’avventura, senza spiegazioni sul come e il perché i personaggi si trovino in quella situazione: scelta assolutamente spiazzante per i lettori, in base alle convenzioni e abitudini editoriali dell’epoca.
Da sovrano a predatore
Kirby nella saga iniziale ci presenta dunque un T’Challa lontano dal Wakanda e dal suo ruolo di sovrano, nelle vesti di una sorta di Indiana Jones ante litteram, alla ricerca di straordinari manufatti perduti appartenuti a sovrani biblici che permettono viaggi nel tempo e nello spazio.
La Pantera viene circondata da un cast di personaggi creati per l’occasione, a cominciare dal buffo Abner Little – alleato/spalla del supereroe – fino al Club dei Collezionisti in cui spicca la magnifica Principessa Zanda.
Le pagine sono un concentrato esplosivo di spunti narrativi e soluzioni grafiche. In una scansione strutturale costante delle storie – dove in ogni numero a una doppia splash page iniziale seguono pagine impostate su una griglia regolare di due vignette su tre strisce – Kirby inserisce una serie di trovate grafiche che stordisce il lettore, tante sono la loro ricchezza e quantità.
Negli ambienti, nei costumi dei personaggi, nei mezzi di locomozione, il Re mescola dettagli ipertecnologici a fascinazioni artistiche più arcaiche, che rimandano a fantasie floreali e a elementi dell’arte e dell’architettura delle civiltà precolombiane. In queste pagine, Kirby sembra volere spingere al massimo sull’acceleratore e portare alle estreme conseguenze le idee già presentate sulle pagine dei Fantastici Quattro, dei Nuovi Dei e di Kamandi, in una sorta di prova generale di ciò che poi andrà a fare su Gli Eterni.
Le sequenze sono giocate sul contrasto tra il dinamismo delle inquadrature e delle pose dei personaggi e la loro massiccia possanza grafica, a cominciare da quella del corpo di T’Challa, squadrato e “pesante” ma allo stesso tempo capace di agilissimi scatti dinamici.
Non mancano i primi piani, da sempre presenti nell’estetica kirbyana, utilizzati per trasmettere le emozioni e il carattere dei protagonisti. A tale necessità si lega anche la scelta di “semplificazione” legata al costume della Pantera, alla sua maschera in particolare, quasi un semplice pezzo di stoffa nera con ritagliati i buchi per gli occhi. Occhi sempre visibili, insieme a parte della carnagione nera del re wakandiano, che servono a trasmetterne al lettore gli stati d’animo.
Tutta questa esuberanza grafica e narrativa si scontra nelle storie con la presenza di alcuni buchi di sceneggiatura od omissioni che, se da un lato non inficiano la comprensione della vicenda e il divertimento della lettura, dall’altro sono palesemente evidenti. Kirby, come già accaduto nelle storie scritte per la DC Comics, se lasciato libero di agire senza nessuna supervisione esterna, dimostra di non essere in grado di trasferire in modo completamente coerente nelle storie la vitalità delle sue idee e gli spunti geniali che comunque traspaiono, ma paiono non essere sviluppati nel loro pieno potenziale.
Un limite che era una conseguenza della forte personalità dell’autore, incapace di scendere a compromessi sulla sua arte e le sue creazioni.
Ritorno alla realtà
Il ciclo di Jack Kirby su Black Panther dura dodici numeri, dopo i quali l’autore abbandona la testata con una storia lasciata a metà, a causa di nuovi contrasti con la dirigenza Marvel che in quel periodo aveva visto l’arrivo nelle vesti di Editor in chief di Jim Shooter, altro personaggio dall’ego e dalla personalità mastodontiche che non potevano che far scintille venendo a contatto con quelle di Kirby.
Shooter decide di non lasciare i lettori nuovamente con una storia senza finale e affida a Ed Hannigan il compito di chiudere i conti narrativi lasciati in sospeso dal Re, facendo tornare alle matite Jerry Bingham, già autore di varie storie presenti su Jungle Action.
I due autori chiudono le trame di Kirby e riprendono in mano anche la saga del Ku Klux Klan lasciata in sospeso da McGregor, per darne una degna conclusione. Shooter da loro la possibilità di sviluppare con calma tutto il finale della vicenda ed Hannigan e Bingham lo fanno negli ultimi tre numeri della testata dedicata alla Pantera e nei numeri #51-53 della antologica Marvel Premiere.
La cifra di un omnibus
Il volume omnibus di Panini Comics, La rana di Re Salomone, racchiude i quindici numeri dell’intera serie di Black Panther e i tre numeri di Marvel Premiere che chiudono le vicende di T’Challa impostate prima da McGregor e poi da Kirby. La cifra di questo volume e, per estensione, una delle cifre del talento artistico kirbyano sta tutta proprio nel confronto tra gli ultimi sei albi racchiusi nell’omnibus e i primi dodici.
Paragonata alla storia scritta da Hannigan – completamente immersa nella realtà politica e sociale degli Stati Uniti dell’epoca – e illustrata solidamente da Bingham con uno stile realistico che risente dell’influenza di Neal Adams, la vicenda che Jack Kirby porta avanti per dodici numeri è più leggera, volutamente e completamente avulsa dalla realtà, ma con un impatto visivo e narrativo devastante, che la prima non ha.
I disegni di Kirby ipnotizzano lo sguardo, il suo stile così lontano dal reale affascina per inventiva e per la capacità di restituire comunque la realtà nei suoi elementi essenziali; la dinamicità e la potenza grafica delle pagine immergono nella lettura di una storia che, arrivati alla fine, ci si rende conto essere tutto sommato semplice e anche scontata, ma ci è stato impossibile interrompere a causa della fascinazione di tutti quei dettagli tecnologici disegnati, di quei costumi intarsiati, capaci quasi di rendere viva e pulsante la materia inanimata al pari dei personaggi della vicenda.
Resta un piccolo rammarico per il tipo di carta usata: di ottima qualità, ma troppo lucida, che porta in sé il difetto di rendere psichedelici e “sparati” i colori delle tavole. I disegni di Kirby, se confrontati con alcune immagini delle sole chine che si trovano in rete o con le foto delle pagine degli albi originali, ne escono leggermente depotenziati.
Ma è un dettaglio secondario, davanti alla possibilità di leggere un’altra epopea a fumetti – seppur minore – creata dal Re.
Abbiamo parlato di:
Pantera Nera Omnibus – La rana di Re Salomone
Jack Kirby, Ed Hannigan, Jerry Bingham
Traduzione di Fabio Gamberini
Panini Comics, 2016
336 pagine, cartonato, colore – 29,90 €
ISBN: 9788891220516
Escluso il numero 23, che conteneva una ristampa di Daredevil #69 ↩